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E' Lorenzo Bortolozzo, ingegnere e MotoGP Customer Manager di Brembo, è l'uomo che ogni GP segue team e piloti nei circuiti. Lui ci svela i retroscena e i dettagli tecnici dei freni nella MotoGP. L'azienda italiana da anni è leader nelle competizioni e nella classe regina del Motomondiale detiene quasi il monopolio della fornitura degli impianti frenanti. Brembo lo scorso anno ha vinto 60 titoli in diverse classi e categorie competendo su due o quattro ruote; in pista, in strada e fuoristrada. Nella top class (prima 500 e ora MotoGP) Brembo ha equipaggiato con i suoi impianti freno le moto vincitrici di ben 23 campionati negli ultimi 24 anni. Uno strapotere conquistato grazie a eccellenza e continua innovazione. Dieci cose che non sapete sui freni della MotoGP 1 Tutto sotto controllo Ogni parametro dell'impianto frenante è sotto controllo durante ogni uscita in pista. Le moto montano diversi sensori: uno sulla leva del freno, uno che rileva la pressione del liquido all'interno del circuito e uno che misura la temperatura del disco. Il sistema di sensori non è però né montato né gestito da Brembo. Ogni team decide se e quali dati fornire al produttore bergamasco. Questi dati sono utili allo sviluppo di componenti sempre più performanti ma, nonostante questo, alcuni team li custodiscono in gran segreto. Va detto che i numeri dell'impianto frenante non hanno senso se non in correlazione a dati ben più sensibili come per esempio decelerazione e velocità massima. 2 Tre viti per 300km/h L'intero sistema di frenata si concentra in tre punti di contatto tra il disco e il cerchio. Nei prototipi MotoGP le gigantesche forze di decelerazione si aggrappano a tre bussole calibrate che, insieme a tre sole viti centrano e assicurano il disco al cerchio. Questa soluzione è l'ultimo sistema sviluppato e proposto da Brembo, alcuni team utilizzano ancora fissaggi a 5-6 punti. Immagine[senza didascalia] 3 Quanto mi costi?! Per essere uno sport nel quale si cerca di essere il più veloce possibile la MotoGP investe tempo e risorse per frenare sempre di più. I team con più disponibilità economiche arrivano a utilizzare 2, a volte anche 3, set di freni (pastiglie, dischi) per ogni weekend di gara. Spesso a determinare il cambio è un miglior feeling del pilota con una pacchetto pastiglie e disco piuttosto che una reale necessità dovuta all'usura. Al contrario capita che i team con un budget più modesto preferiscano cambiare meno frequentemente l'impianto frenante e si arriva a squadre che con 4-5 pacchetti riescono a disputare l'intera stagione. I tecnici Brembo consigliano di sostituire il disco quando lo spessore raggiunge i 6,5mm. Quanto indicato è una quota minima di sicurezza, anche in considerazione del fatto che più lo spessore diminuisce, più le performance del disco diminuiscono. 4 Dischi Carboceramici pro e contro Le prestazioni sarebbero migliori? “Non si sa” è la risposta. Quello che è certo invece è che a Dorna l'idea di avere tra 3-4 anni i dischi corboceramici sui prototipi piace tantissimo. Piace perché, in caso di pioggia, non ci sarebbe bisogno di cambio moto. Ne beneficerebbe lo spettacolo e, in determinate circostanze, anche la sicurezza. Oggi quando la pista è bagnata si usano i dischi di acciaio perché il carbonio non entra in temperatura e avrebbe un basso potere frenante. Al contrario l'acciaio anche se raffreddato dall'acqua fa il suo dovere. Quando però la pista non è del tutto bagnata - e visto che le Bridgestone da pioggia consentono staccate paragonabili a quelle sull'asciutto - il disco in acciaio è sottoposto a temperature estreme, si surriscalda e rischia di deformarsi. Con i dischi carboceramici questo non succederebbe. Le argomentazioni a sfavore sono altrettanto importanti. Prima tra tutte quella economica, ma non è da sottovalutare nemmeno la resistenza dei piloti all'introduzione di novità tecniche, specialmente se si parla dell'impianto frenante. ImmagineL'Ing. Lorenzo Bortolozzo 5 Dita d'acciaio... I piloti stringono la leva del freno con una forza pari anche a 9kg. Questa, a seconda delle scelte di configurazione (diametro del pistoncino e distanza dal fulcro della leva), si moltiplica fino a sviluppare una pressione sul disco di circa 13 bar, con valori massimi che raggiungono anche i 18 bar. Semplificando: è come se un uomo adulto concentrasse tutto il suo peso su una moneta da 50 cent. 6 ...e piedini di fata Al freno posteriore è rimasto ben poco della sua funzione principale. Non serve più per rallentare la moto. Contrariamente a quello che si pensa però è usato tantissimo. Serve per fare piccole correzioni nella traiettoria durante la curva e per controllare la gestione elettronica in uscita di curva e in accelerazione. Immagine[senza didascalia] 7 ABS in MotoGP? Brembo sarebbe molto interessata e esplorerebbe una nuova frontiera (con applicazioni anche al prodotto stradale), ma il mantra di Dorna è “ridurre i costi”. Sviluppare l'elettronica che l'introduzione dell'ABS richiederebbe, sarebbe tutt'altro che economico per i team. Tanto per far capire che aria tira: già da quest'anno è vietato introdurre novità, anche per i freni, durante l'anno. Si potrà sviluppare e provare nuove soluzioni, ma non potranno essere introdotte prima del 2016. 8 Tempo tiranno per i freni Produrre i dischi in carbonio che equipaggiano una MotoGP richiede tempi lunghissimi. Dall’inizio della produzione del rotore in carbonio ai componenti pronti per uscire dal box servono 150 giorni. La lavorazione passa attraverso differenti fasi di “cottura” in atmosfera modificata e varie levigature e fresature. Immagine[senza didascalia] 9 Cosa piace e cosa chiedono i “clienti” della MotoGP? La fisica della moto deve fare i conti con due parametri: l'attrito sviluppato in decelerazione dal pneumatico sull'asfalto fino alla perdita d'aderenza e il sollevamento del posteriore fino a un potenziale ribaltamento. Fatto tesoro di questi confini, ormai la capacità d'arresto degli impianti frenanti è più che sufficiente. Si potrebbe dire che in fatto di potenza ha raggiunto il suo limite massimo. Su questo tutti i piloti sono concordi e nessuno si lamenta della potenza in frenata. Entrano però in gioco altri fattori e altre “qualità” nel modo di frenare. Ad esempio un 'aspetto che i piloti apprezzano maggiormente dei sistemi Brembo è la modulabilità e la progressività nella fase di rilascio. Cosa non piace? Quello che i top rider desiderano di più è un sistema frenante che non cambi nei diversi tratti di pista al variare della temperatura dell'impianto stesso. Ad oggi per ovviare alla differente risposta della leva la regolano in remoto tramite una rotella posta vicino alla mano sinistra. Questa operazione, a seconda dei circuiti, può essere necessaria anche più volte ad ogni giro. Immagine[senza didascalia] 10 Cosa ci si aspetta dal futuro? Brembo investe ogni anno il 5% del fatturato in ricerca e sviluppo. Su un totale di 1.803 milioni di utile nel 2014, il 5% significa puntare più di 90 milioni di euro sul futuro. Del totale di 7.690 dipendenti, il 10% è impegnato nell'R&D in uno 4 centri di ricerca al mondo. Il principale si trova ovviamente in Italia, nel polo dell'innovazione per eccellenza: il Kilometro Rosso, parco scientifico e tecnologico alle porte di Milano; gli altri laboratori sono in Cina, Polonia e USA. Qui ingegneri e scienziati stanno cercando soluzioni in ogni ambito, dalle competizioni ai prodotti destinati al pubblico. Tra le tante ricerche per la MotoGP si sta studiando, come ridurre la variabilità termica dei dischi in carbonio per rispondere alle richieste dei piloti di una maggior uniformità di resa. In termini pratici per ora si stanno sperimentando diversi compound di carbon-carbon. Almeno ufficialmente quindi dovremo aspettare ancora un bel po' prima di vedere dischi moto carbon-ceramics.

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Dieci cose che non sapete sui freni della MotoGP

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