La Ducati secondo Hayden
Il dream team Ducati
Il team ufficiale Ducati in MotoGP si è presentato alla prima di campionato in Qatar con uno squadrone d'assalto senza precedenti. Forte, da una parte, di una moto profondamente rivista nella parte ciclistica, capace oggi di adattarsi a stili di guida meno irruenti (a Borgo hanno compreso che di Stoner ce n'è uno solo); dall'altra, solo la casa di Borgo Panigale può vantare due campioni del mondo della MotoGP inseriti all'interno dello stesso team. Nicky Hayden ha scritto il suo nome nell'albo d'oro del 2006, mentre l'anno successivo ha sancito il trionfo di Casey Stoner, in grado di chiudere la pratica del mondiale con quattro gare di anticipo.
Soddisfatti a metà
Un simile schieramento non può che puntare alla vittoria, puntualmente arrivata in Qatar grazie alla corsa strepitosa del pilota australiano, che ha fatto il vuoto alle sue spalle.
Bilancio del tutto soddisfacente quindi?
Se leggiamo il risultato della seconda guida Ducati - che non è certo un novellino della MotoGP - diciamo sicuramente di no.
Il dodicesimo posto sulla linea del traguardo può andar bene a Mika Kallio, alla guida della Ducati GP9 del team Pramac Racing giunta invece ottava, ma non a Kentucky kid e alla sua GP9 ufficiale.
Persino Dani Pedrosa, convalescente per l'intervento chirurgico al ginocchio e in chiara difficoltà, ha saputo fare meglio in Qatar dell'ex compagno di squadra.
L'ottimismo è il sale della vita
Moto inguidabile? Problemi di chattering? Ingegneri che fanno orecchie da mercante?
Nossignori, niente di tutto questo. Nicky Hayden, al di là dei risultati, resta un campione e non cerca facili scuse dietro cui sincerarsi. In gara l'americano ha patito le conseguenze del tremendo botto che lo ha visto protagonista il sabato durante le prove libere.
Un high side a 200 km/h avrebbe rispedito a casa - o in ospedale - tanti piloti. Ma Nicky ha deciso di correre, pur partendo dall'ultima posizione disponibile in griglia (la sedicesima).
Hayden non ha temuto il confronto con gli avversari, è anzi sceso nell'arena e ha raccolto 4 importantissimi punti mondiali.
Il gap finale dal compagno di squadra è stato pesante (Nicky ha preso circa 2 secondi al giro da Casey, chiudendo le 22 tornate di gara a 48 secondi dal vincitore). Ma ha avuto l'eleganza di non addossare colpe alla Ducati. Il feeling con la moto è cresciuto giro dopo giro, tanto che Hayden ha fatto segnare il suo miglior crono a pochi chilometri dall'arrivo.
Da un lato la squadra italiana non ha nessuna intenzione di accontentarsi del risultato del solo Stoner; dall'altro Hayden crede nel potenziale enorme della sua GP9. E ambisce, come Casey, al podio della MotoGP.
Nicky Hayden: " E' stato un fine settimana molto impegnativo perché ci è capitato un po' di tutto. Sicuramente un high side a circa 200 chilometri orari non ha aiutato e nulla è andato in maniera davvero liscia. All'inizio della gara ero molto lento. Non sono partito bene, ma giro dopo giro il mio feeling è migliorato. Sono riuscito ad aumentare progressivamente il ritmo e gli ultimi giri sono stati i più veloci durante tutto il weekend. Sarebbe stato bello passare Pedrosa, ma credo che la squadra abbia dimostrato che non siamo tipi da arrenderci. Casey ha dimostrato il grande potenziale della moto e, per quanto strano possa suonare, vado a Motegi con la voglia di fare davvero bene".
Andrea Perfetti
un vero mustang americano
perplesso