MotoGP, Dottor Costa: "Márquez salterà anche l'Austria"
Il Dottor Claudio Costa l’aveva detto subito: “per accelerare i tempi di recupero, bisognava intervenire con un chiodo, non con una placca”. I fatti, adesso, gli danno ragione.
“Prima di tutto auguro a Marc Márquez che vada tutto bene, che possa riprendere a correre, perché quando lui corre fa sognare gli appassionati, regala grandi emozioni. E’ chiaro che il primo intervento è stato fatto con placche e viti per evitare di creare un danno alla spalla già ferita da tanti traumi precedenti. Ma una volta che la placca non ha funzionato e che si è danneggiata alla prima sollecitazione, alla prima “verifica” sul campo, avrei consigliato di rischiare un po’ e di mettere un chiodo, per fare un impianto molto più affidabile dal punto di vista della traumatologia motociclistica. Probabilmente hanno pensato che con una placca più grande e più viti, l’impianto potesse tenere: me lo auguro. Il chiodo, probabilmente, viene tenuto come emergenza in caso di malaugurata sfortuna”.
Quanto ha inciso la prova fatta da Márquez il sabato a Jerez, a tre giorni dall’intervento, quanto ha inciso l’allenamento fatto in questi giorni? Abbiamo visto dei video mentre lui solleva dei pesi con il braccio destro…
“Nella biblioteca della traumatologia dello sport, non esiste la conoscenza di un omero trattato con una placca e poi sollecitato a pochi giorni dall’intervento: se la placca si è danneggiata e spostata è chiaramente dovuto a una ripresa anticipata. Il chiodo non gli avrebbe permesso di correre e ben figurare, ma, perlomeno, avrebbe lasciato le cose così come stavano. Al massimo, Marc non sarebbe riuscito a guidare, ma non avrebbe peggiorato la situazione, perché tutto quello che sta attorno al chiodo rimane integro. Se il pilota dice che vuole correre, chi gli sta vicino deve scegliere tutto quello che c’è di meglio e di utile per metterlo in condizione di riuscire a fare questa impresa. Giusto prendere delle precauzioni, ma se Marc è un cavallo che scalpita e che dice 'esco dalla sala operatoria e salgo in moto', a quel punto sei costretto a essere un pochino più audace”.
Dottor Costa, dopo il tentativo fallito di sabato, mi aveva colpito una tua frase: “Non ce la farà nemmeno per Brno”.
“Sì, perché se non era riuscito a fare le prove, significava che l’impianto non gli permetteva di guidare la moto: era un impianto che aveva mostrato i suoi limiti, confermati a distanza di pochi giorni”.
Adesso, secondo te, quali sono i tempi di recupero?
“La placca più grossa, più viti, la stabilità della frattura, le sollecitazioni che lui darà all’omero, potranno permettergli di avere la fortuna che si possa riparare in breve tempo, ma non con quei tempi fantastici ai quali eravamo abituati con il chiodo…”.
Quindi, verosimilmente, lui salterà la gara di Brno e anche le due in Austria?
“Sicuramente non correrà a Brno, ma credo che farà grande fatica anche per le due successive. Non ho mai parlato in questo modo nella mia vita: questo intervento è stato fatto per dargli una stabilità maggiore e permettergli di guidare la moto. Diciamo che, vista l’esperienza precedente, è quasi impossibile per Brno e vediamo se riesce a fare un’impresa miracolosa per le due gare in Austria”.
Ma Márquez potrà tornare come prima?
“Diciamo che le due operazioni nello stesso punto possono creare le condizioni per ritardare la riparazione di questa frattura”.
E’ vero che anche a Mick Doohan, nel 1993, si era spostata una placca?
“Ad Assen, nel 1992, gli fu inserita una placca nella gamba destra contro la mia volontà. Questa placca, minata anche dall’infezione dell’osso e da tutte le altre complicazioni, si era poi spostata e si erano rotte le viti. Tutti dicevano che la carriera di Doohan era finita, ma io scrissi alla HRC dicendo che nonostante la situazione delicata e critica, sarebbe tornato a guidare bene la moto. Al Mugello vinse una gara favolosa davanti a Kevin Schwantz, nonostante avesse nella gamba questa placca spostata e con le viti rotte. Lui era eccezionale e continuò a correre così, ma a Laguna Seca cadde e si ruppe una scapola; invece di curarsi la scapola, io e lui siamo andati a San Francisco, abbiamo tolto la placca, abbiamo pulito tutto e messo dei fissatori esterni. Nella prima gara del 1994 utilizzò ancora una protezione, per poi vincere il titolo in Repubblica Ceca”.
poesia? io parlo di cronaca: nel 2015 non sono io ad aver perso l'onore, ma il cocco di Dorna...remember?
rassegnati. Joker è figlio della sua Storia: arrogancia y depredaciòn!
abbiamo dovuto mandare un Capitano italiano che ci capisse di oceani affinché gli spagnoletti scoprissero l'America!
e loro che fanno? fanno quello che san far meglio: rubano tutto l'oro che trovano, ammazzano qualche milione di indios e tornano a casa ubriachi scialacquando ogni bene e facendo figure barbine in tutta Europa.
invece di mandare i propri figli a studiare medicina a Padova per migliorarsi, vanno pazzi per la corrida, dove un damerino in ghingheri infila un povero toro drogato e moribondo.
amano il loro re cialtrone, che si fa fotografare sulle carcasse di leoni ed elefanti uccisi a fucilate...
vuoi che parliamo, ora, di "pelotas"?
anche nel 2003 c'erano i tuoi fratelli leoni da cazzeggio sportivo e che dicevano?
vorrei proprio vedere se Rossifumi vince anche senza la Honda ahahaha!
detto fatto, l'anno dopo Vale sale sulla Yamaha moribonda e vince subito il titolo mondiale...BUUMMM
remember Angelo da Verdello?
L’esercizio muscolare serve non solo o non tanto a mantenere la performance muscolare in sé, quanto come stimolante per la guarigione ossea (se il carico viene mantenuto entro limiti noti) o come protezione da ulteriori lesioni (principalmente quando la lesione originaria è articolare, perché un muscolo reattivo e condizionato stabilizza l’articolazione). Se poi il pilota esageri o abbia esegerato, e se sia stato questo o altro a provocare il problema alla placca, non lo sapremo mai: ma, anche in questo caso, i carichi di lavoro li stabilisce il pilota secondo le proprie sensazioni, approccio che spesso porta a sorpassare le indicazioni ricevute dai medici. Il problema di cui abbiamo letto, infatti, non è un fallimento della medicina o dei medici ma il frutto di una scelta personale del paziente, nel caso specifico un tentativo finito male.