l'editoriale di nico

Nico Cereghini: "Non ci si abitua alla morte"

- Ogni passione ti regala momenti inebrianti, di assoluta felicità, e poi ti toglie tutto all’improvviso e ti lascia senza fiato. La nostra non fa eccezione | N. Cereghini
Nico Cereghini: Non ci si abitua alla morte


Ciao a tutti! Ci stringiamo tutti insieme per sopportare il dolore e l’angoscia della perdita di Marco Simoncelli, i vostri messaggi arrivano numerosi come i rivoli di una cascata di acqua fresca che consola chi ha sete di compagnia, chi non vuole soffrire da solo perché semplicemente non ce la fa. Ed è bello che sia così, l’affetto e la passione che Supersic ha suscitato in tutti noi è un vero prodigio, che ci unisce.

 

Ho passato tante giornate nella più nera disperazione e nel dubbio. Ne vale la pena?

 Una cosa mi ha colpito, tra le tante. Nelle 24 ore successive al dramma di Sepang ho ricevuto decine di sms di cordoglio, di partecipazione al dolore della perdita, come se io fossi un parente stretto di Marco, uno dei suoi; quando invece ero soltanto un suo buon conoscente e poco di più. E allora mi sono domandato: chissà se la stessa cosa succede ai giornalisti degli altri sport. E dopo averci pensato su ho concluso che probabilmente no, negli altri sport questo non accade. Forse mi illudo, ma il nostro sport ha davvero un carattere speciale, e penso di poter dire che ci sia alla base un fenomeno particolare: il motociclista sa di condividere con i suoi idoli le forti emozioni che la moto gli passa. Tutti noi sappiamo che tra la moto che usiamo sulla strada e quella dei piloti in pista c’è una bella differenza di prestazioni e di guida, però i gesti che facciamo sono quelli e crediamo di provare più o meno la stessa inebriante sensazione di leggerezza, di assenza di peso, quasi di volare. E in fondo al cuore molti di noi sono abbastanza sicuri che su quella moto, naturalmente dopo il necessario tirocinio, riusciremmo a cavarcela. E soprattutto sappiamo che Simoncelli e Dovizioso, Rossi e Capirossi, alla guida della nostra moto farebbero dei numeri pazzeschi. Noi e loro siamo molto simili, parliamo lo stesso linguaggio. E tutti amiamo la moto.

Però la passione è una brutta bestia. Ogni passione ti regala momenti inebrianti, di assoluta felicità, e poi ti toglie tutto all’improvviso e ti lascia senza fiato. La nostra non fa eccezione. Abbiamo pianto molti altri piloti, negli anni; io ho cominciato con il piangere Angelo Bergamonti nel ‘71, poi Pasolini, Saarinen, Chionio, Colombini, Galtrucco…  e la serie è quasi infinita, ho passato tante giornate nella più nera disperazione e nel dubbio. Ne vale la pena? Pur sapendo che il rischio fa parte del nostro sport, di fronte alla morte ogni volta restiamo senza parole, attoniti. Non ci si abitua alla morte. Oggi per fortuna si corre in maggiore sicurezza, gli incidenti funesti sono meno frequenti; ma per quanti sforzi si facciano la morte no, non la possiamo sconfiggere.

  • Nico8948
    Nico8948, Collegno (TO)

    dava il 120%

    Siamo molto dispiaciuti dell'accaduta ed ancor più molto toccati se pensiamo al dolore che la famiglia sta affrontando , morire a 24 anni è contronatura non si assore come la morte di un vecchio. Era un Pilota di moto faceva un mestiere molto pericoloso.
    Poi ci sono tutti i discorsi di circostanza , che in fin dei conti è morto facendo la cosa che piaceva di più cioè correre velocemente in moto.
    Ci si accontenta.
    Poi si cerca di attenuare il dolore ricordando e ricostruendo frasi e pensieri del SIC come meglio correre 5 minuti in moto che fare una vita qualunque o poco significativa. Anche qui ci si accontenta.
    Pongo una questione , quando un pilota "italiano" siede ed è sotto i riflettori ed ha 24 anni ,inoltre ha un indole generosa, cosa può accadere ? La moto quel giorno il SIC non la voleva mollare perchè era sotto i riflettori sentiva la pressione e troppe volte era caduto dando il 120%.
    Quel giorno ha deciso di non mollare la moto per nessun motivo anche se strisciava facendo da terza ruota, forse perchè la domenica prima aveva fatto secondo e non poteva ricadere. In sostanza penso che la pressione i nostri piloti la subisco sempre in particoalre in questo ,momento dove tutti i mass media stanno cercando un sostituto di Valentino. iL SIC essendo generoso si prestava molto al ruolo e penso che se ci fosse stata meno luce attorno la moto l'avrebbe mollata quel giorno. Mi rassegno alla sua morte perchè non posso fare diversamente , ma per me la responsabilità della scenografia c'è insieme ad un DNA predisposto che dava il 120% .Questo è quello che penso anche se non serve a nulla.
  • walter.sciutto
    walter.sciutto, Nizza Monferrato (AT)

    Un Angelo

    Ciao Nico, sento un enorme vuoto dopo quello che è successo a Marco e
    la consapevolezza che da qui in poi le gare in Moto GP non avranno più
    quel mordente e quella aspettativa di prima. Ho più di 50 anni e ti dico
    che ho pianto come un vitello per questa tragedia dello Sport e prima di
    oggi avevo sofferto così per incidenti come Villeneuve o Senna. Ma a
    differenza dei due piloti di F1 citati, oggi più del pilota piango l'uomo, il
    ragazzo splendido che era Marco, autentico metro di paragone per tutti
    noi. Piango la spontaneità, la disponibilità, la simpatia prorompente, la
    schiettezza, l'umiltà (merce rara oggi), il modo di comunicare con chi gli
    stava intorno. Ogni uomo è unico al mondo, si sa, ma il Sic aveva tante
    e tali qualità riunite che lo faceva un ragazzo "più unico" di tanti altri.
    Forse ha ragione Kate, la sua ragazza, quando ha detto che Marco
    era una persona perfetta, e non poteva stare con noi. Io mi sono fatto
    un'altra idea: Marco era un angelo del Cielo tra noi, un Angelo biondo
    e ricciolone e noi non ce ne siamo accorti. Pensa Nico, io non sono
    mai andato a vedere una gara in pista, solo motocross, ma appena
    potrò, pur abitando piuttosto lontano (Piemonte) andrò a dire una
    preghiera al camposanto di Coriano. Pregherò anche per i suoi
    familiari, affinchè l'Angelo biondo dia loro la forza per continuare e
    riempire quel tremendo vuoto che la sua partenza ha lasciato.
    Ciao Marco, ci mancherai.
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