caschi jet

Shark risponde ai lettori di Moto.it

- Guillaume Origoni (product manager Shark) risponde ai nostri lettori che dubitano della credibilità del test a cui abbiamo presto parte, e ribadisce la trasparenza dell'operato dell'azienda francese


Torniamo sulla spinosa vicenda dell'indagine sui caschi jet, condotta da Altroconsumo, a cui è seguita la pronta risposta del produttore francese Shark.
Shark si è infatti messa in gioco in prima persona, invitando la stampa e i rappresentanti di Altroconsumo a verificare presso un laboratorio qualificato la corrispondenza dei propri caschi a quanto previsto dalle normative comunitarie. Ma nemmeno questo è bastato ad alcuni lettori, che credono in chissà quale complotto ordito dalle aziende e dai giornalisti a danno del consumatore (senza considerare che siamo tutti consumatori).
Non è nostra intenzione schierarci con gli uni o con gli altri, ma passateci una considerazione: Shark (ma presto potrebbero seguirla le altre Case "incriminate") ha condotto i test a porte aperte, accettando sin dal principio un contradditorio con le altre parti. Lo stesso non si può dire dell'Associazione di consumatori.
Di seguito riportiamo integralmente la lettera inviataci da Guillaume Origoni (product manager di Shark) in risposta ai commenti postati dai lettori nell'articolo Crash test: il jet della Shark è ok .


La trasparenza di SHARK messa in dubbio?

(di Guillaume Origoni product manager Shark)
Buongiorno a tutti,
sono Guillaume Origoni, product manager presso la Shark. Prima di tutto vorrei scusarmi per i numerosi errori sulla lingua italiana che parlo abbastanza bene, ma scriverla é un'altra storia, la mia lingua materna è il francese.
Se mi permetto di rispondere, é per i motivi seguenti:
Sono anch'io un cliente che desidera essere avvertito se un prodotto é di scarsa qualità, o peggio, se é pericoloso, perciò le associazioni di consumatori sono una cosa indispensabile nella nostra società di consumo.

Guillaume Origoni, product manager Shark
Guillaume Origoni, product manager Shark

Nel caso in questione, mi sembra che abbiamo "perso" communque, visto che malgrado il fatto che abbiamo testato di nuovo il nostro modello SHARK RSJ in fibra (che Altroconsumo classifica come jet in termoplastica!), che lo abbiamo fatto davanti alla stampa, nei tempi più brevi possibili, che abbiamo pubblicato i risultati del test... c'é sempre qualcuno pronto a fare il "giustiziere"... e questa é una cosa che proprio ci offende.
Altroconsumo non dice né dove, né come ha effetuato questi test. Troppo facile.
Ma purtroppo quando una cosa é scritta, diventa una verità.
Adesso fate le vostre scelte: o Altroconsumo ha ragione e siamo tutti schierati contro l'interesse dei motociclisti (aziende, laboratori, stampa, giornalisti, università con le quali lavoriamo, governi come quello inglese  http://sharp.direct.gov.uk/ ) oppure siamo un'azienda seria che prova quello che dice con i mezzi che ha a disposizione.
E poi ricordiamoci di una cosa sola: da un lato le informazioni non ci sono. Dall'altro c'é il dove, come e quando.
Cordiali saluti a tutti e grazie per il tempo di lettura.



 

  • maurizio6507
    maurizio6507, Milano (MI)

    per motobolle

    La discussione tra noi motociclisti può diventare interessante e dare utili risultati se però non si basa du dati inventati venduti invece per sicuri.
    Che Altroconsumo si finanzi con gli abbonamenti e non con i finanziamenti statali è un fatto incontrovertibile (in caso contrario dovresti spiegare come mai i pochi finanziamenti statali vengano spartiti tra decine di associazioni e alla fine sono una misera cosa...)
    ma vi rendete conto di quanto può costare fare decine e decine di test comparativi all'anno dagli alimentari alle auto, dalle moto agli scooter ? e secondo voi con le quattro lire date dallo stato (che poi servirebbero a denigrare i produttori ? perchè mai ?) si finanzia tutto questo ?
    in tutta eruopa (il mondo anzi) esistono associazioni di consumatori che fanno test comparativi (in Germania ne esiste una che pubblica una rivista da un milione di copie, ion Inghilterra e Olanda, vendono poco menoaltro che Motociclismo...) ma solo da noi si fa una dietrologia assurda su motivazioni di Altroconsumo per dare credito ai produttori (che invece sono i soli a fare naturalmente i loro interessi economici)
    Infine citatemi un solo articolo in cui si consigliano di acquistare prodotti cinesi di bassa qualità
    se la discussione si fa su queste basi serve a ben poco...
    per l'obiezione che non danno il nome del laboratorio...sarà la ventesima volta che la sento...basta leggere l'articolo, i laboratori che usano loro a volte sono gli estessi dei produttori: se dessero nome e cognome dei laboratori questi non riceverebbero più lavoro dai produttori e diventerebbero facilmente ricattabili !
    è così complicato da spiegare ?
    Può fare (e deve farlo) chiarezza è il Ministero.
  • Motoghiro
    Motoghiro, Villa di Serio (BG)

    Mi spiace ma Shark non ha ragione perchè...

    be' per vari motivi... anzitutto perchè non può pretendere che una prova su caschi "propri", prelevati dal proprio magazzino possa essere considerata totalmente neutra per le prove.
    E poi, diciamocelo, altre case si sono lamentate per le prove di scalzamento, che possono essere (a detta delle case) influenzate dal tecnico che esegue la prova, ma il casco Shark -come altri del resto- è stato banalmente bocciato perchè non ha superato le comuni prove d'urto di omologazione. Cioè quelle che sono esattamente replicabili (urto a tot m/s di una massa nota, ecc. ecc.) in laboratorio.
    Ora, ad Altroconsumo non saranno dei santi però intanto hanno fatto un esposto al Ministero dei Trasporti il che comporterà che la loro stessa indagine passi al vaglio delle autorità. Un comportamento che non manca certo di trasparenza.
    Non mi risulta invece che le case abbiano fatto causa ad Altroconsumo ed al laboratorio che ha eseguito le prove.
    Cosa pensare dunque? Che le prove di omologazione sono farlocche? Al solito complotto all'italiana?
    Ma per favore, più probabilmente e più semplicemente è la solita questione di soldi: i compromessi produttivi a cui i costruttori sono costretti per lucro o per sopravvivenza sul mercato fanno sì che i caschi non siano fenomenali, ma probabilmente progettati per superare appena o poco più le omologazioni e gli scostamenti qualitativi sulla produzione rendono labile il confine tra il casco che passa tranquillamente le prove e quello che non ce la fa.

    Ribadisco quello che si sostiene da più parti: andrebbe rivisto in toto il sistema delle omologazioni; ogni modello di casco, in più misure, dovrebbe essere sottoposto a più prove presso diversi laboratori anonimi, e i risultati (espressi anche con il noto indice HIC che misura il grado di lesioni alla testa per i vari tipi di urto) dovrebbero essere resi pubblici e allegati in etichetta al casco o sulla confezione.
    Altro che etichettina di omologazione.
    Io se scelgo un'automobile ho a disposizione i risultati completi dei crash-test dell'EuroNCAP (che pure non sono certo perfetti). Per i caschi con cui rischio la pelle per strada, no.
    Cari fabbricanti, siete l'anello forte della catena, mentre i consumatori sono quello debole. Ma qui non si parla di un paio di scarpe che si scollano, qui ci si rischia la pelle... quindi non lamentatevi.
    Anzi, dovreste essere voi a promuovere maggiore trasparenza per far fuori la concorrenza scadente. Si parla tanto di qualità, ma quando si va sul concreto chissà perchè si tirano tutti indietro.
    Il legislatore latita? Benissimo: fatelo su base volontaria, vedremo se i consumatori non vi seguono.
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