Brembo. Quando i freni fanno la differenza
Gli appassionati della pista si beano ogni qual volta riescono ad agghindare la propria due ruote da pista con qualche pezzo speciale per incrementarne le prestazioni. Solitamente si comincia con le carene, perché rovinare le originali in caso di caduta equivale a un bagno di sangue per il portafogli, poi viene lo scarico, anche se ultimamente l'obbligo del db killer ha limitato l'entusiasmo, per continuare con le sospensioni, sì perché la centralina non la vorrai mica lasciare originale!
E già che ci siamo modifichiamo anche l'impianto frenante... ed ecco che con questo componente siamo arrivati al nocciolo della questione. Questo dovrebbe essere al primo posto nella classifica delle modifiche pro-pista. É innegabile che la cavalleria sia importante, ma lo è altrettanto tenerla a bada (anche per riportare a casa lo stesso numero di ossa e soprattutto nella stessa sequenza di montaggio con la quale ci si è svegliati la mattina prima di arrivare in pista).
Le sportive moderne - abbiamo consumato i tasti delle nostre tastiere a furia di scriverlo - sono delle moto da pista camuffate da stradali. Motori sempre più potenti, costretti in attillatissime ciclistiche regolabili in tutto e per tutto, vestite con lo stretto necessario.
Già, ma pur sempre di moto stradali si tratta, quindi il compromesso è insito nel loro progetto e nella loro realizzazione (se poi aprissimo il capitolo dei costi …), per cui l’impianto frenante deve andare bene sia su strada che in pista. A volte l'ago della bilancia pende più da una parte che dall'altra, ma nella stragrande maggioranza dei casi privilegia l'utilizzo “normale”, quello quotidiano, con qualche divagazione tra i cordoli nel fine settimana. Certo che pompe radiali e pinze freno ad attacco anch'esso radiale, ultimamente sono patrimonio anche delle due ruote meno nobili, per non dire degli scooter, ma il complesso “impianto frenante” anche nelle moto migliori, da qualche parte fa acqua.
Una bella strigliata in pista ed ecco che seppur in maniera velata (nella migliore delle ipotesi) emerge qualche nota dolente sotto forma di allungamenti della corsa della leva, o decadimento delle prestazioni frenanti, solo per fare alcuni esempi. E il decadimento delle prestazioni, soprattutto sulle piste veloci è un particolare alquanto spiacevole.
Allora come fare per ovviare a questi problemi, o per prevenirli, nel caso in cui non si siano ancora presentati?
La risposta ce la danno Bruno Lonati e Alessandro Borella della Motorquality che ci accompagneranno nel nostro test, che prevede una serie di upgrade dell’impianto frenante, partendo da una modifica “base” per arrivare poi ad una sostituzione “radicale” dei componenti della nostra Yamaha R6.
1° stint - Il minimo indispensabile
Iniziamo con l’upgrade dell'impianto frenante della nostra Yamaha, che è da considerarsi il primo passo per poter girare in sicurezza e con prestazioni degne di nota tra i cordoli di un autodromo. Pompa freno radiale, nel nostro caso montiamo una Brembo 19 RCS, tubi in treccia, olio LCF 600 Plus e pastiglie RC.
La pompa
Il primo elemento, la pompa, è un componente di stretta derivazione racing, con discendenza diretta dalla MotoGP. Corpo in alluminio forgiato, con fresature di alleggerimento CNC e finitura superficiale ottenuta tramite ossidazione dura. La leva è snodata, mentre per l'utilizzo stradale è previsto l'alloggiamento dell'interruttore di accensione della luce di stop. Il sistema RCS, consente di poter variare l'interasse della pompa da 18 a 20 mm con un semplice cacciavite a taglio agendo tramite un registro. Nel primo caso la frenata sarà maggiormente modulabile, mentre nella seconda ipotesi, più pronta e reattiva.
I tubi
I tubi in treccia sono un altro elemento importante, sembrano tutti uguali, ma nella realtà si differenziamo di quel poco che basta a fare la differenza. Spieghiamo che il loro compito è quello di collegare la pompa alle pinze freno, mantenendo una discreta flessibilità ma al tempo stesso impedendo l'espansione volumetrica durante le fasi di frenata. I tubi in gomma che spesso vengono montati di serie infatti, tendono a gonfiarsi, creando il cosiddetto “effetto polmone”, sotto la spinta dell'olio mandato in pressione dalla leva durante le fasi di frenata. Badate che la guaina interna ai tubi in treccia è preferibile che sia in Teflon (come nei tubi Allegri che abbiamo usato per il test) piuttosto che in Nylon (materiale sensibile al calore) questo è il particolare che fa la differenza.
L'olio giusto
Esistono varie tipologie di fluido freni, identificati con la sigla DOT (Department Of Trasportation – L'ente americano di certificazione e supervisione in materia di trasporti).
Il DOT 4 è il più utilizzato nei primi equipaggiamenti. Il DOT 5.0 (base siliconica) solitamente viene utilizzato negli impianti Harley Davidson, mentre il 5.1 (base estere borato) è quello che noi appassionati chiamiamo “racing”. Quest'ultimo ha indubbi vantaggi prestazionali, grazie al punto di ebollizione elevato, ma va trattato in maniera più accorta. Igroscopicità (tendenza ad assorbire l'umidità) elevata e punto di cristallizzazione a freddo minore (perde fluidità con l'abbassarsi delle temperature in maniera più rapida rispetto ai DOT 4) ne consigliano la sostituzione in tempi più ristretti, diciamo almeno una volta l'anno, e controlli più frequenti.
Nel nostro caso utilizzeremo un olio Brembo, l'LCF 600 Plus, già utilizzato in MotoGp e Superbike, è quanto di meglio si possa utilizzare per la pista.
Le pastiglie
Il primo stint prevede l'utilizzo di pastiglie Brembo RC (carbon-tech) studiate appositamente per l'uso in pista, garantiscono un elevato coefficiente di attrito a caldo e soprattutto un rendimento costante anche sotto sforzo.
Prime impressioni
La pista prescelta per il test è l'Autodromo “Daniel Bonara” meglio conosciuto come Franciacorta, non velocissimo, ma decisamente adatto a stressare l'impianto frenante, a causa della brevità dei rettilinei presenti e del continuo susseguirsi di frenate e accelerazioni. Questo particolare lo rende abbastanza stressante per l'impianto frenante, che raffredda poco e quindi tende a entrare in crisi con facilità.
Prima di iniziare il test in pista con la moto in configurazione standard, quindi come mamma Yamaha l'ha fatta, vengono applicate delle Thermotapes sulle pinze (strisce adesive con l'indicatore di temperatura massima raggiunta), mentre vernici termoviranti (smalti che variano di colorazione in base alle temperature raggiunte) vengono stese sul bordo esterno dei dischi.
La temperatura dell'aria pari a 37°C e quella dell'asfalto a 55°C rendono il test ancora più impegnativo, arroventando il lavoro ai box, ma anche quello in pista per tester e fotografo!
Proviamo la moto di serie. Una decina di giri tirati, ed esco dal tracciato, con l'impressione che la R6 sia davvero messa a punto a dovere sotto l’aspetto frenante. Il doppio disco anteriore da 310mm con pinze ad attacco radiale si dimostra all’altezza, anche se il fatto che la moto abbia percorso pochi chilometri da quando è uscita dalla catena di montaggio, gioca un ruolo fondamentale sull’usura e sulla risposta dei comandi. La corsa della leva è rimasta costante, anche se la risposta si è fatta via via più spugnosa, mentre la capacità frenante è al top della categoria. Un’occhiata ai rilevatori di temperatura ci dice che la pinza ha toccato i 93°C, mentre i dischi sono arrivati a 370°C.
Pit stop rapido e indolore, e via che entro in pista con il 1° Stint montato. Pompa, tubi, pastiglie e olio.
Altra musica, ragazzi! Sarà che ho preso le misure alla R6, e che abbiamo messo mano all’assetto (come da tabella in calce) ma i tempi scendono così come gli spazi di frenata. I riferimenti vengono spostati qualche metro in avanti, mentre la costanza di rendimento non viene mai meno. Le pinzate sono uguali all’inizio così come a fine prova, è il tester che inizia a dare segni di cedimento… meglio uscire! Questa volta i Thermotapes dicono 99°C, mentre gli smalti stesi sui dischi hanno registrato una temperatura compresa tra i 370 e i 430°C.
2° Stint
Qui entriamo in un campo che fa gola agli appassionati: pompa 19 RCS, tubi in treccia, fluido freni LCF 600 Plus, dischi T-Drive e Pinze GP-4 RX con pastiglie Z04.
Iniziamo dalle pinze, che solo a guardarle sono dei piccoli gioielli, progettate e realizzate sfruttando l’esperienza della Brembo nelle competizioni, le GP-4 RX sono ricavate dal pieno e presentano un rapporto rigidezza-massa ai massimi livelli. Particolare la mancanza dei perni di scorrimento delle pastiglie, sostituiti da guide ricavate direttamente sul corpo della pinza, mentre la brillantezza superficiale è dovuta ad un riporto in Nickel. Questo genere di pinza si può montare sulle più diffuse sportive moderne, e si adatta senza particolari problemi ai dischi di primo equipaggiamento, oltre naturalmente ai dischi Brembo della serie SS e T-Drive. I secondi sono appunto quelli che monterà la nostra R6 per il 2°Stint.
Nati anch’essi dall’esperienza in MotoGp e soprattutto in superbike, questi dischi sono intercambiabili agli originali e si adattano anche all’uso con pinze di serie. Pista in acciaio martensitico (che ha caratteristiche meccaniche molto elevate ed è ben lavorabile alle macchine, è l'unico acciaio inox che può prendere la tempra e pertanto aumentare le sue proprietà meccaniche mediante trattamento termico) e campana centrale in lega d’alluminio ricavata dal pieno, questi dischi sono totalmente flottanti. L’accoppiamento tra pista frenante e campana avviene attraverso l’utilizzo di 8 perni dalla caratteristica forma a”T”, direttamente ricavati sul disco e “impegnati” nelle sedi sulla campana. Questo sistema di fissaggio permette la flottanza sia radiale che assiale, oltre a migliorare la resistenza agli stress termo meccanici.
Pastiglie
Ultime ma non per questo meno importanti le pastiglie Z04 sono le stesse che vengono utilizzate nei campionati Superbike, Supersport e Superstock. Insomma una garanzia di qualità e performance!
La loro mescola permette un elevato coefficiente di attrito a caldo, mantenendo una costanza di rendimento anche in condizioni estreme.
In questa configurazione la Yamaha R6 diventa un vero giocattolo da pista, con l’unico difetto che le aumentate performance mettono in crisi i pneumatici di primo equipaggiamento, le pur apprezzabili, ma pur sempre stradali, Dunlop Sportmax Qualifier RR. Anche l’assetto meriterebbe un ulteriore affinamento, ma se le scarpe rimangono queste, meglio evitare pasticci.
La differenza con il 1° stint è notevole, la potenza frenante è davvero elevata, ma la cosa che impressiona è la totale padronanza della stessa. La modulabilità è infatti ai massimi livelli, è così possibile arrivare alla corda della curva con l’anteriore ancora che morde l’asfalto (se avessi due gomme in mescola…) con una sensazione di padronanza sconosciuta sia all’impianto di serie che a quello del 1°stint.
Il fading (decadimento delle prestazioni dell’impianto a causa dell’aumento delle temperature) è manco a dirlo, nullo, mentre è sconcertante lo spostamento in avanti dei punti di riferimento delle frenate. Le moto che prima erano difficili da raggiungere ora vengono letteralmente “bevute” in staccata (il fotografo presente lo può ben confermare! Ndr). Una volta rientrato ai box, si parte con la rilevazione delle temperature: 116°C la pinza, mentre i dischi hanno raggiunto una temperatura compresa tra i 370°C e i 430°C (purtroppo le temperature intermedie non vengono indicate).
Tutto questo sta a significare che ho frenato più forte, la temperatura maggiore raggiunta dalle pinze rispetto a quella rilevata in precedenza sta a indicare un maggiore impegno dei componenti.
Alla fine della giornata, tirando le somme, è naturale che la moto del 2° stint sia quella che ci ha maggiormente esaltato; va anche detto che l’impegno economico è importante, parliamo di 2.500 euro (montaggio escluso).
Ma per togliersi delle soddisfazioni, e soprattutto rimanendo in sicurezza, il 1° stint è decisamente consigliabile: 500 euro non sono pochi, ma il gioco vale la candela.
Settaggi sospensioni (le regolazioni si intendono da tutto chiuso):
Forcella
Precarico Molla= 5 giri
Estensione= 10 click
Compressione= 5 click
Ammortizatore
Precarico Molla= come originale
Estensione= 7 click
Compressione= 15 click
I prezzi dei vari componenti:
Tubazioni in treccia da euro 90,00 + iva per tubazione anteriore e posteriore
Pompa Freno Radiale 19RCS euro 295,00 + iva
Fluido freni LCF 600 euro 33,53 + iva
Pastiglie Mescola RC euro 48,80 + iva a set
Dischi T-Drive euro 299,00 + iva a disco
Pinze GP-4 RX euro 643,00 + iva a pinza
Pastiglie Mescola Z04 euro 96,00 + iva a set
Special thanks to:
- Motorquality, per l'insuperabile assistenza tecnica fornita da Bruno Lonati e Alessandro Borella
- L'Autodromo Daniel Bonara di Franciacorta (Brescia), da sempre un punto di riferimento per le prove di Moto.it
Francesco Paolillo
Foto di Andrea Perfetti
a quanto hai girato???????'
regolazioni sospensioni strada/pista per suzuki gs