Il sogno di Newcombe
Come nelle più belle favole, anche questa può iniziare con “C'era una volta, in un Paese lontano...”.
C'era un ragazzo neozelandese, Keith “Kim” Newcombe, con tre amori: la sua ragazza, la meccanica, e le moto da fuoristrada. Nulla di più naturale, per lui, che sposare la prima e trasferirsi in Australia, dove fu più facile trovare opportunità lavorative e soddisfare la sua seconda passione, la meccanica.
Arrivato tra i “canguri”, Kim è fortunato: riesce a trovare presto un impiego come tecnico presso un preparatore di motori marini König, e prende parte a gare di motocross con una Maico. Due nomi tedeschi, quasi un presagio per il suo futuro.
Dopo alcuni anni il grande balzo in Europa, con destinazione Berlino e la sua familiare Maico, che però al momento non necessitava di personale. Fu indirizzato alla König, costruttore blasonato, cinque volte campione europeo di velocità con i fuoriborbo classi 350 e 500. Là viene inserito nel reparto sperimentale, dove si fa apprezzare grazie alle precedenti esperienze con questi motori.
Qui il primo colpo di fortuna: in officina Kim notò un prototipo di moto con un motore marino König 4 cilindri boxer a 2 tempi raffreddato a liquido: era lì abbandonato in un angolo, progetto di uno sfortunato pilota tedesco costretto ad abbandonare le gare per un incidente e per la mancanza di denaro.
Kim rimase folgorato da quella scoperta e subito nella sua mente prese forma quanto aveva sognato: adattò al motore il telaio di una BSA Goldstar, e dopo la necessaria messa a punto si presentò alla prima gara sull'impegnativo circuito dell'Avus.
Incredibilmente vinse e, sulle ali dell’entusiasmo, subito fondò con un collaboratore il team König sognando che ormai nulla potesse fermarlo.
L’evoluzione della moto fu realizzata con l’adozione dei migliori componenti disponibili sul mercato, e con i motori forniti direttamente da König come unico supporto tecnico all’impresa.
Furono costruite due moto, e con quelle Kim decise di entrare nel circuito dei GP mondiali. Ritenendo necessario un pilota di esperienza alla guida, presentò il navigato John Dodds al via del GP di Germania, ad Hockenheim.
La moto subito dimostrò la sua incredibile velocità in rettilineo, ma era inguidabile e pericolosa in curva; e così chiuse al decimo posto a quattro giri da Ago e dalla sua MV.
Il valore della moto tuttavia non passò inosservato, il telaio venne migliorato, e l'anno successivo al GP di Germania con Newcombe alla guida fu terza e sul podio, sbalordendo tutti, Agostini compreso: proprio Ago, alla fine della gara, espresse il suo stupore per la velocità di punta di quella nuova e strana moto.
Ormai la K"nig era una splendida realtà nel panorama motociclistico internazionale, e le gare successive la videro tra i comprimari: al Sachsenring, addirittura, per quattro giri fu in testa davanti ad Agostini.
La fama di Newcombe e della sua König si espanse a macchia d'olio grazie al sesto posto nel mondiale costruttori e, dopo aver ulteriormente aggiornato il telaio grazie al vecchio amico Tingate, un ingegnere che aveva lavorato con Seeley, venne realizzato un limitato lotto di moto complete.
Aumentò anche la produzione e la vendita dei motori sciolti per moto e sidecar, dove questo motore boxer si fece apprezzare per la sua leggerezza e la potenza di 90-95 cv, soppiantando l'ormai superato BMW.
Analizzando da vicino la moto e il suo motore nato per un altro utilizzo, si comprende il congenito problema del raffreddamento: sugli scafi era assicurato dalla grande quantità d'acqua pescata ed espulsa, nella moto si dovette ricorrere a un sovradimensionamento del circuito di raffreddamento e all’adozione di un grande radiatore.
Ma questo problema del surriscaldamento rimase sino alla fine il più critico, e probabilmente fatale. Altro problema fu la grossolanità delle fusioni del carter e delle teste, che dava origine a trafilamenti del liquido all'interno del motore: l’inconveniente fu empiricamente risolto scaldando il motore al via senza liquido per poi riempire il radiatore sulla linea di partenza, mentre all'arrivo, come prima cosa, si procedeva allo svuotamento del circuito.
Convivendo con questi problemi, Kim iniziò la stagione nel 1973, l'anno orribile.
La presenza in forze della MV con Agostini e Read, e della Yamaha con Saarinen e Kanaya, avrebbero potuto scoraggiarlo in partenza, ma con decisione e ostinazione Newcombe si presenterà sempre al via, in tutte le gare, dando sempre il meglio di sé e della moto.
Il tragico episodio di Monza, con la scomparsa di Saarinen e Pasolini, e il successivo ritiro Yamaha dalle gare per il resto della stagione, unito al rifiuto della MV di correre sul pericolosissimo circuito di Abbazia, dove Kim invece corse e vinse la gara, gli permisero di andare temporaneamente in testa al mondiale. Il suo sogno si era avverato: caparbietà, circostanze fortunate, passione e capacità avevano permesso a un uomo solo di realizzare il suo sogno da visionario a lungo accarezzato. Era riuscito a sedere al tavolo con i grandi piloti e i grandi marchi carichi di tradizione, gloria e possibilità.
Si era avverato un sogno che, solo a pensarci, avrebbe fatto tremare i polsi a molti, ma non al nostro "kiwi", l’uccello che orgogliosamente esibiva come marchio assieme ai suoi colori giallo neri.
Ma come spesso accade nella vita, la sua stella cominciò a divenire meno luminosa, la fortuna parve voltargli le spalle, non riuscì più a vincere, perse il suo primo posto nel mondiale e dovette accontentarsi del secondo.
Un piazzamento davanti a tanti campioni esperti e consacrati, che comunque resta sempre una incredibile, fulgida, insperata e formidabile impresa, mentre tutti lo esaltavano anche come pilota, oltre che visionario e geniale costruttore con pieno merito.
Non pago, ad agosto, approfittando di una pausa del mondiale, Newcombe decise di scendere in pista con la sua moto maggiorata a 700 cc - con un motore di potenza superiore ai 100 cv, che avrebbe forse messo in crisi la ciclistica - per partecipare al Trofeo 750 FIM (formula Daytona), speranzoso di ripetere il successo in GP con i relativi risvolti commerciali.
Si presentò alla gara di Silverstone, e provando il circuito si accorse che nella curva Stowe il muretto non era minimamente protetto; insistette che almeno fossero piazzate delle balle di paglia, ma fu inascoltato e, anzi, minacciato di allontanamento in caso di ulteriori proteste. Prese comunque il via, e andò subito in testa tenendo la posizione per alcuni giri, sino a che la sua moto fu vista sussultare come se la ruota posteriore si fosse bloccata improvvisamente per un grippaggio, e lui andò a sbattere proprio contro il muretto non protetto della Stowe…
Finiva così un bellissimo sogno insieme ad un grande personaggio, quasi un cavaliere di altri tempi senza macchia e senza paura: un uomo che realizzò e guidò una delle più incredibili, improbabili e fantastiche moto mai comparse sulle piste di tutto il mondo.
L'autore
Augusto Borsari è un ex giramondo per lavoro e un grande appassionato della storia della moto, soprattutto quella dagli anni Quaranta ai Settanta. Una febbre che lo ha preso fin da piccolo: il padre era concessionario Moto Guzzi a Finale Emilia, provincia di Modena.
La pagina facebook di Augusto è un pozzo di storie, ricordi e considerazioni sul mondo delle corse.
Grazie innanzitutto!
Se la memoria non mi inganna,questo centauro neozelandese,in sella alla Konig,lo vidi correre sul "santomonica"di Misano presumibilmente verso l'anno 1976/77.Non ricordo ma era forse una gara di campionato italiano,all'epoca a Misano non si correva il mondiale.
Puo'essere realistico o frutto della mia immaginazione? Grazie,Cordiali saluti!