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Storie di Concessionari: Ceriani, dalle moto da regolarità alla mitica Saltafoss

- Paolo Ceriani ricorda, a 42 anni di distanza, la nascita della "bici che sembrava la moto" pensata, realizzata e sviluppata dal padre Giulio. Un'icona anni 70 che gode ancora di tantissimi estimatori
Storie di Concessionari: Ceriani, dalle moto da regolarità alla mitica Saltafoss

 Erano gli anni 50 quando Giulio Ceriani fondò l'azienda che (ancora oggi) porta il suo nome. Una piccola azienda per la vendita e riparazione di biciclette, che negli anni 60 inizia a trattare anche ciclomotori e motocicli - Garelli e Moto Morini - per poi allungare la lista negli anni 70 con Aprilia e Honda. Anche se la Ceriani è ancora viva oggi (la trovate a Castellanza, provincia di Varese, dove vende Suzuki, Husqvarna ed MV Agusta) pur se spostatasi dall'originaria Busto Arsizio, non è per parlare di moto che oggi la trovate menzionata qui sul nostro sito.

 

Chi ha vissuto gli anni 70 da bambino o adolescente, infatti, non può aver dimenticato la Saltafoss. La prima bici da cross, da cui nacquero decine di imitazioni. Quella che fece si che nessun ragazzino potesse fare a meno di una bicicletta con cui fare (o sognare di fare) fuoristrada, ben prima che qui da noi arrivassero BMX o Mountain Bikes.

 

Paolo Ceriani sulla Saltafoss
Paolo Ceriani sulla Saltafoss

Ma è lo stesso Paolo a raccontarci bene come nacque la Saltafoss. "Anni 70 - per noi ragazzi appassionati di moto era l'inizio dell'epoca delle famose, mitiche Regolarità, ovvero le Enduro di oggi. KTM, Zundapp, Puch, Morini, Gilera, Hercules... attendevamo con ansia i 14 o 16 anni sognando di possederne una. Mio padre Giulio, allora titolare di una concessionaria a Busto Arsizio che vendeva Garelli, Morini, Muller, Beta e Ancillotti, aveva anche una gran passionaccia per le biciclette. Un bel giorno decise di trasformare una Carnielli Roma Sport montandole una forcella e tanti altri dettagli di estrazione motociclistica"

 

Detto, fatto: Giulio prese il figlio, allora dodicenne, e lo portò al Ciglione della Malpensa dove gli fece provare per la prima volta "una nuova bicicletta". Una bici che voleva regalare le emozioni del fuoristrada a chi non aveva l'età o la disponibilità economica per comprare una moto. "Il nome Saltafoss? Nacque nel vedere me, suo figlio, e i suoi amici saltare da una montagnetta all'altra per vedere chi riusciva ad arrivare più in alto su una pista tutta saliscendi realizzata in un campo di periferia" continua a raccontare Paolo. "Senza volerlo eravamo diventati collaudatori di prototipi che, uno dopo l'altro, venivano modificati e migliorati. Forcelle, piastre, sospensioni posteriori, manubri, rinforzi.. sembrava di vedere una vera e propria moto da Regolarità prendere forma, mentre mio padre cercava di mantenere una struttura adeguata alla bici da cross che la Saltafoss voleva essere."

 

Il nome Saltafoss? Nacque nel vedere me e i miei amici saltare da una montagnetta all'altra su una pista tutta saliscendi realizzata in un campo di periferia

Sulla bici cominciarono a vedersi sempre più componenti prelevate dalle moto dell'officina, fino a quando Giulio ebbe la grande intuizione: bisognava farle vedere in giro. Costruì trenta esemplari della "Saltafoss" e li regalò agli amici del figlio Paolo, che diventarono promoter ante litteram di quello che sarebbe diventato un vero e proprio mito degli anni 70, facendo brillare gli occhi a tutti i ragazzini.

 

Il marchio originale Saltafoss
Il marchio originale Saltafoss

"I primi esemplari ebbero subito un grande successo, e dal 1970 iniziò la commercializzazione". Giulio la presentò al Salone del Ciclo e Motociclo di Milano, investendo subito in pubblicità sulla rivista che gli sembrò più naturale scegliere all'epoca: Motociclismo. "Il successo cresceva, e con lui anche la gamma. Arrivò la Bicicross, modello meno accessoriato e più economico, la Sempion classica e da corsa, e tante altre varianti che completavano l'offerta". La gamma arrivò a comprendere anche la Gambalunga, con forcella inclinatissima da chopper, ma anche un tandem a misura di bimbo, con cerchi da 16".

 

"Negli anni 80 arrivò in Europa la MTB" conclude la storia Paolo Ceriani. "Tutte le case passarono a costruire quel tipo di bici, e mio padre Giulio decise di vendere il marchio ad appassionati del settore per tornare a lavorare in Concessionaria con noi, i figli". C'è orgoglio nelle parole di Paolo, che sa bene come il padre Giulio abbia di fatto anticipato i tempi con le sue bicicross. "Mi piace ricordare quel grand'uomo di mio padre in questa sua avventura con orgoglio ed affetto, ripensando ai tanti anni trascorsi insieme a dividere passione e fatiche. Un abbraccio, papà"

 

Ci uniamo all'abbraccio di Paolo. Perché chi è nato fra gli anni 60 e i primi 70 non può non ricordare infiniti pomeriggi passati a sbucciarsi gomiti e ginocchia saltando e derapando fra giardini, parchetti e campi che nella nostra fantasia erano le piste del Mondiale. Se lo abbiamo potuto fare lo dobbiamo a Giulio Ceriani e alla sua Saltafoss.

 

  • Lalberto
    Lalberto, Pavia (PV)

    magica!!!!!!!!

    Ciao a tutti io ne conservo religiosamente un paio con il cambio a comando tondo in alluminio e un'altra forse piu' recente con cerchi lega.Pedalare ancora oggi con queste bici(sono alto 1,63)mi regala sensazioni uniche,a 50anni ci faccio monoruota e anche solo a guardare il leveraggio del forcellone e' ..stupefacente!Grazie al grande genio l'inebriante aria che prendo in faccia guidando una saltafoss mi fa sognare come a 10 anni!
  • AlessandroER
    AlessandroER, Novi Ligure (AL)

    In salita era come giudare un cancello con le ruot

    In primavera avevo sfondato la Chiorda verde. Nell'atterrare sulla ruota davanti la bici si era aperta in due vicino allo snodo del telaio dove c'era la manovella che serviva per chiuderla in due e metterla nel portabagagli. A luglio del '75 dopo tre interminabili mesi mi fu regalata per i dieci anni.
    Il telaio era rosso metallizzato, parafanghi bianchi, la sella aveva delle borchie cromate, mi parevano stranissimi i freni a tamburo e le leve dei freni che terminavano con la palla cromata, e la maniglia dietro la sella per il passeggero! Da urlo il faro con la griglia che proiettava la luce con le righe nere e gli ammortizzatori. In campagna sull'appenino ligure eravamo in cinque o sei tutte saltafoss con ruote larghe e bicolore tranne la mia che era definita dagli altri da speedway perchè il manubrio era V senza chiusura superiore e le ruote monocolore e più sottili delle altre, anche i parafanghi erano più stretti e quello dietro con un baffo finale in plastica.
    Ancora oggi alla tenera età di 48 anni mi si chiude la gola quando ne vedo una.
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