Troy Bayliss: "Non sarò più collaudatore Ducati"
“Non voglio restare in giro come un cattivo odore” – così, con il suo stile tipicamente australiano, da pane al pane e vino al vino, Bayliss ha annunciato al World Ducati Week il suo secondo ritiro: dopo quello dalle competizioni, avvenuto dopo aver conquistato il suo terzo titolo mondiale SBK, abbiamo assistito anche a quello dall’attività di collaudatore, ruolo che rivestiva per la casa di Borgo Panigale dal 2009.
Bayliss è arrivato al mondiale nell’ormai lontano 2000, quando la casa di Borgo Panigale era alla disperata ricerca di un sostituto per un Carl Fogarty rimasto vittima dell’infortunio che gli chiuse la carriera. Di lui avevamo sentito parlare (poco) solo qualche anno prima, quando corse una gran gara come wild card nel GP d’Australia 250 1997, ma da allora il pilota di Taree non era più tornato sul palcoscenico mondiale, finendo a guadagnarsi la pagnotta in BSB. Avrebbe dovuto correre il campionato AMA, quell’anno, ma arrivò la telefonata da Borgo Panigale, e dopo uno sfortunato esordio a Sugo (venne steso due volte in partenza) arrivò la gara di Monza, quella della staccata con cui passò quattro piloti in prima variante, e il resto, come si suol dire, è storia.
Troy conquista il titolo mondiale l’anno successivo, nel 2001, per poi abdicare a Colin Edwards nell’ormai leggendaria gara di Imola. Nel 2003 Ducati ha grandi programmi per lui: salire sulla Desmosedici assieme a Loris Capirossi. E Troy non se la cava male: conquista tre podi e finisce sesto; l’anno dopo la Desmosedici è molto poco competitiva e i risultati non arrivano, tanto che Ducati gli offre di tornare in SBK. Lui rifiuta, salendo sulla Honda RC211V del team Pons, ma va ancora peggio. Ultimissimo dei piloti Honda, non sale nemmeno una volta sul podio, e si rompe persino un polso a fine estate.
Roba da smettere di correre, non fosse che a Borgo Panigale gli vogliono ancora bene, e hanno bisogno di un pilota che regali un altro titolo alla 999. Detto e fatto. Visto l’infortunio che tiene Sete Gibernau lontano dalle piste, a Bologna pensano bene di regalargli anche una gita premio: il GP di Valencia in sella alla Desmosedici GP06. Bayliss, che la quattro cilindri Ducati non la vede da due anni, e le Bridgestone non le ha proprio mai viste, si presenta e va a vincere, tanto per togliersi anche quella “piccola” soddisfazione che mancava in MotoGP.
L’anno successivo Bayliss corre con la manetta in una mano e il cuore nell’altra, ma non basta: la 999 è sempre più in affanno rispetto alle quattro cilindri, e nel tentativo di contrastare Toseland finisce per rischiare un dito della mano destra in un’orrenda caduta a Donington. Troy se lo vorrebbe fare amputare per correre gara-2, ma il team lo riconduce a più miti consigli. Alla fine si deve accontentare di sette vittorie, e per il titolo se ne parla l’anno successivo, quando regala il Mondiale all’esordio la Ducati 1098R. Giusto prima di ritirarsi, da campione del mondo.
Da allora, Bayliss ha continuato ad andare in moto, svolgendo appunto il ruolo di collaudatore tanto per la SBK quanto, più saltuariamente, per la MotoGP. Importante anche il suo contributo sui modelli di serie: praticamente tutte le sportive sono passate anche per le sue mani. Era abbastanza normale trovarselo alle presentazioni stampa, impegnato ad umiliare qualche tester e a far segnare tempi sul giro degni del mondiale Superstock in sella alle moto di serie. Troy è stato anche protagonista della proposta “top” del DRE, il corso di guida Ducati, dove ha lavorato come istruttore per i clienti più veloci e… facoltosi.
Perché andarsene, visto che si divertiva ancora tanto ad andare in moto? Difficile da dire. Troy non ha mai nascosto troppo i motivi del suo ritiro: pressioni da parte della famiglia, desiderosa di vivere un po’ in pace dopo anni di sacrifici e, anche una volta arrivati successo e stabilità economica, di vita da zingari. In forma smagliante a 43 anni – è anche un ciclista di ottimo livello – Bayliss avrebbe probabilmente voluto tornare alle gare, e c’è andato molto vicino ad inizio anno. I contorni della vicenda non sono mai stati chiarissimi, ma è ormai certo che avrebbe dovuto correre qualche gara da wild card quest’anno con la 1198 (a partire dalla “sua” Phillip Island) prima che qualcosa andasse storto, con qualche conseguente dissapore. Non sarà certo questa la causa del suo ritiro, ma certo è che l’attività di collaudo, per lui, dev’essere sempre stata poco più che un palliativo.
Non viene neanche da dire che ci mancherà, quindi, perché come pilota ci mancava già. E ha promesso che alle gare, e agli eventi più importanti lo rivedremo. Che dire? Arrivederci, Troy. Buone vacanze.
Stoner
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Non sono tifoso e nemmeno facilmente impressionabile.