Il grande Carlo Ubbiali ha festeggiato ieri il suo ottantesimo compleanno
Carlo Ubbiali, detto "la volpe" ai tempi in cui correva, e vinceva, mettendosi dietro moltissimi grandi campioni degli anni cinquanta, ha compiuto ottant'anni proprio ieri. Nato il 22 settembre del 1929 a Bergamo, dove tutt'oggi risiede, "Carletto" esordì in gara nel 1947 sul circuito delle Mura di Bergamo, ma venne poi squalificato quando si scoprì che non aveva ancora compiuto i diciott'anni che il regolamento esigeva. L'anno seguente venne ingaggiato dalla MV Agusta, e vinse la Sei Giorni di regolarità nel Galles, in Gran Bretagna, in sella ad una MV Agusta. Nel 1949 esordì il Campionato Mondiale di Motociclismo, e Ubbiali vi partecipò con la MV 125 monocilindrica monoalbero, conquistando il 4° posto finale, alle spalle del grande Nello Pagani (Mondial) e delle due Morini di Magi e Umberto Masetti (che l'anno dopo vinse il titolo nella classe 500 con la Gilera). Nel '50 fu secondo con la Mondial, a pari merito con il compagno di squadra Leoni, e nel '51 arrivò il suo primo titolo iridato, sempre con la Casa milanese, con cui corse anche l'anno seguente terminando secondo assoluto, prima di tornare, definitivamente, in seno alla MV Agusta. Con la quale fu iridato nel biennio ‘55/'56 e dal '57 al '60, suo ultimo anno di gare. Ma il fortissimo quanto astuto Campione bergamasco dal '55 iniziò a correre anche nella classe 250, in sella alla fida MV Agusta bicilindrica, con la quale vinse altri tre titoli nel '56, '59 e '60. Dopodiché decise di ritirarsi in bellezza dalle competizioni, soprattutto in seguito alla morte dell'adorato fratello Maurizio, che da sempre lo seguiva nella sua avventura. Tra l'altro, nel '59 Ubbiali aveva provato più volte, per ben tre mesi, anche la Ferrari Formula 1, sulla velocissima pista di Monza, che allora naturalmente era priva delle varianti, arrivando ad eguagliare i tempi sul giro del fortissimo Conte Wolfgang Von Trips. Se Maurizio Ubbiali non fosse venuto a mancare, probabilmente Carlo avrebbe prima o poi scelto di correre su quattro ruote.
Dopo il suo ritiro, il campione rientrò ufficialmente nel suo ambiente solo nel 1997, come consigliere del forte team Givi LCR che partecipava al Mondiale della 125 con l'allora pilota Lucio Cecchinello, su una Honda 125.
Carlo Ubbiali vanta dunque ben nove titoli mondiali al suo attivo (con 26 vittorie nella 125 e 13 nella 250 - 5 delle quali al mitico Tourist Trophy - e 68 podi su 74 gare disputate; inoltre è stato anche otto volte campione Italiano), il che - escludendo il plurititolato sidecarista Steve Webster - lo colloca a pari merito con Mike Hailwood, ovviamente dietro a Giacomo Agostini e Angel Nieto, rispettivamente con 15 e 13 (inarrivabili?) titoli in carniere.
Di seguito, riportiamo un interessante racconto di Carlo Ubbiali pubblicato sul quotidiano Il Giornale di Bergamo nell'agosto del 1989, ed un video della Federazione Motociclistica Italiana con un'intervista al Campione bergamasco risalente allo scorso marzo.
CARLO UBBIALI RACCONTA CARLO UBBIALI
"La mia fortuna è dipesa soprattutto dalla disponibilità del comandante la Squadra Mobile di Bergamo nel 1947. Ero garzone in una piccola officina di riparatori di motociclette (rare a quei tempi) quando ho saputo che il capitano De Luca, allora comandante la Squadra Mobile di Bergamo, aveva in un magazzino una vecchia motocicletta Dkw 125 cc.; il mio grosso problema fu subito quello di recarmi in Questura per vedere se il capo della Polizia era disposto a prestarmela per disputare il circuito delle Mura di Bergamo. Con la tuta da lavoro e tutto sporco mi feci coraggio e raggiunsi gli uffici di Via Mario Bianco per fare la mia richiesta. Un poliziotto mi accompagnò nell'ufficio di De Luca e ricordo che ero tanto piccolo che dovevo stare in piedi, perché diversamente non avrei visto il funzionario dietro la scrivania.
Alla mia richiesta di prestarmi la moto, con la promessa che l'avrei verniciata a nuovo dopo la corsa, il capitano balzò in piedi e mi chiese quanti anni avessi.
Io, prontissimo, sparai una grande bugia: "Diciotto appena compiuti, signore!". In effetti ne avevo solo diciassette, ma essendo nato a settembre avevo corretto il "nove" del mese di nascita con un "tre" così sulla carta d'identità risultava che ero nato sei mesi prima. De Luca tergiversò qualche minuto e dopo aver avuto di nuovo l'assicurazione da parte mia che avrei messo a nuovo il piccolo "rottame", mi fece accompagnare da un poliziotto a prendere la moto in una cantina. Quel giorno ero l'uomo più felice del mondo, presi la motocicletta e corsi in officina a smontarla tutta, pezzo per pezzo.Per metterla in sesto lavorai tre mesi di lima e di carta vetrata, sinchè arrivò il giorno del grande debutto.
Mi presentai sulle "mura" con un abbigliamento da clown: avevo un casco da carrista nel quale la mia testa ci stava due volte, un paio di calzoni in pelle che mi arrivavano al collo ed un giubbino che mi arrivava agli stivali. Ero piccolo e mingherlino e tutto il pubblico mi guardava con curiosità: avevo una paura terribile. Schierate con me c'erano le Mv ufficiali, le Guzzi, le Gilera; e tutti i piloti, tra i quali Priamo e Nencioni, mi guardavano con sufficienza, dall'alto in basso.
Era il 30 marzo del 1947. Come si abbassò la bandiera dello starter mi misi a correre come un dannato con la paura che gli altri mi prendessero, al primo giro avevo già un centinaio di metri sul gruppo degli inseguitori, ma non mi voltavo mai indietro perché ero terrorizzato. Alla fine della gara avevo doppiato tutti i miei avversari, avevo fatto tutta la corso in testa. Partito sconosciuto, all'arrivo ero già un idolo. La fortuna aiuta sempre gli audaci ed io senza dubbio sono certamente un audace, ma in quell'occasione la dea bendata mi girò le spalle, e dopo un paio di mesi mi piombò tra capo e collo la squalifica per aver falsificato la carta d'identità.
Riportai con un certo senso di nostalgia la piccola Dkw al commissario De Luca, non senza il timore di essere rimbrottato, ma anche il funzionario inaspettatamente si complimentò per la mia prestazione sulle mura cittadine. Senza moto mi dedicai allora alla regolarità e vinsi nel 1949 la Sei Giorni Internazionale.
La velocità restava il mio pallino principale e finalmente alla Fiera del Ciclo e Motociclo di Milano fui avvicinato dal Conte Domenico Agusta, proprietario della Mv, che mi propose di correre con una delle sue motociclette. Quel giorno cominciai ad entrare nella storia del motociclismo sportivo.
Quando ho iniziato a correre nel campionato del mondo avevo avversari di tutto rispetto e già affermati, tra i quali Gianni Leoni e Bruno Ruffo. Io ero stato ingaggiato da poco dalla Mondial, che aveva sede a Milano in corso Vercelli. Alla Mondial sono stato tre anni, dal 1950 al 1952 compreso, e con la casa milanese ho vinto il campionato italiano di velocità nel 1950 e nello stesso anno ho perso per poco il mondiale, perché avevo in dotazione una moto non carenata che sviluppava una velocità di quindici-venti chilometri orari in meno rispetto alle moto ufficiali con carenatura completa a "campana".
A quei tempi la lotta tra Mondial, Mv, Morini e Guzzi era tremenda perché i piloti erano fortissimi e le moto avevano delle potenze che si equiparavano: a quel punto vinceva più la testa che il motore. Nel 1951 ho vinto sia il campionato italiano che quello mondiale della 125cc sempre in sella alla Mondial. Allora le prove del mondiale erano sette e io ne avevo vinte tre piazzandomi due volte secondo e ritirandomi due volte.I miei avversari erano Emilio Mendogni e Dario Ambrosini, in sella alle velocissime Morini, e Bill Lomas e Cecil Sandford sulle Mv. Il 1952 e il 1953 sono stati gli anni più oscuri della mia carriera, perché una caduta con sette fratture ha fermato per diverso tempo la mia attività agonistica.
Nel 1954 sono passato alla Mv dove ho vinto otto dei miei titoli mondiali. Ero in uno squadrone tra i più forti della storia del motociclismo, con Cecil Sandford, Remo Venturi, Umberto Masetti e lo svizzero Luigi Taveri. Nostra avversaria era la tedesca occidentale Nsu che vantava pure uno squadrone di validi piloti tra i quali Mueller, Wattisberger e un certo John Surtees (l'unico pilota al mondo che vinse un campionato iridato sia in moto, con la Mv 500, sia in auto con la Ferrari).
A Monza era in palio il titolo mondiale riservato alle case costruttrici: chi fosse arrivato primo tra una Mv ed una Nsu sarebbe stato campione del mondo. Purtroppo le nostre Mv giravano con tre secondi di ritardo al giro nei confronti dei tempi registrati dalle moto tedesche. Nella notte ci fu una riunione alla quale parteciparono tutti i fratelli Agusta e lo sfaff tecnico della Mv Agusta. Seppi solo più tardi che il capo dei tecnici Cella segnalò ai conti Agusta che in squadra c'era un solo pilota che poteva ostacolare la marcia trionfale delle Nsu e aveva suggerito il mio nome. La mattina mi fecero correre con la 125 e vinsi alla grande il Gran Premio di Monza, poi, nel pomeriggio, i dirigenti tolsero la moto a Venturi e la diedero a me. Non fu certo una corsa, ma una vera battaglia, perché al primo giro nello spazio di trenta metri erano in nove. Cominciai a tirare come un dannato e finalmente verso il ventesimo giro il gruppo si era sfoltito sino ad arrivare all'ultimo giro io secondo e Wattisberger primo. Ci presentammo sulla retta d'arrivo ruota a ruota e nel volatone sul rettilineo dei box vinsi, per pochi centimetri, la prima gara che correvo sulla 250cc. Da quel giorno la mia carriera non ebbe più incertezze, perché in sei anni ho vinto otto campionati del mondo e una decina di campionati italiani. In chiusura vorrei anche ricordare che, a tempo perso, sono stato uno dei primi italiani a vincere una medaglia d'oro alla Sei Giorni di regolarità, alla quale ho partecipato nel 1949".
La video intervista:
Moto.it