Rally dei Faraoni 2012. Jordi Viladoms vince la 2ª tappa e sale al 2° posto in classifica
Se esci dal bivacco e ti addormenti per pochi momenti, al risveglio ti pare di essere in Svizzera: mucche al pascolo, verde e coltivazioni, specchi d’acqua. Non solo deserto arido, l’oasi di Baharija è anche questo tipo di suggestione. Oltre l’oasi le dune e le micidiali distese bombardate perennemente dal sole, teatro della seconda tappa con partenza ed arrivo al bivacco di Tybnija. Ed è proprio questo verde “di troppo” che scombussola in minima parte la terza speciale del Faraoni. L’arrivo, infatti, era stato originariamente posizionato proprio in mezzo ai campi coltivati, in tempi non sospetti durante le ricognizioni. Poco male, la prova speciale viene accorciata degli ultima 40 chilometri ed il giuoco è fatto.
Come la tappa precedente, la seconda è un misto equilibrato di percorsi sabbiosi e lunghe distese veloci, con una piccola variante di navigazione impegnativa nel settore centrale, e cordoni di alte dune da attraversare ad inizio e fine tappa. Il tema delle differenze basilari tra i pretendenti al titolo del trentennale è interpretato ancora una volta magistralmente. Jordi Viladoms, che apre la pista, non ha soverchie difficoltà a ritmare le note del road book con un’esecuzione pressoché perfetta. Il catalano del Team Bordone-Ferrari sbaglia una sola volta, commettendo un peccato veniale. Ad un cambio di rotta allarga un poco l’angolo d’attacco della sua traiettoria, divergendo lievemente dalla rotta ideale. Ma Viladoms si accorge presto dell’errore, e lo corregge stringendo in fuoripista sino a rientrare “nelle note”. Nei tratti veloci, ecco l’altro tema, Barreda si fa sotto rapidamente, poiché la sua moto italo-tedesca è inesorabilmente più potente e veloce dell’austriaca di Viladoms. Il giovane ed irruente Barreda, però, sbaglia ancora molto, ed è logico, così non appena c’è da navigare o da scegliere una direzione diversa, ecco che per l’astro nascente arriva il momento critico.
Al rifornimento di metà tappa Viladoms è nettamente in testa, poi per il Pilota Bordone-Ferrari arrivano insieme le piste più veloci e la frustrazione. Jordi spinge al massimo, rispondendo ad ogni attacco con una condotta di gara impeccabile. Il duello tra i rappresentanti di due generazioni di specialisti è entusiasmante, ed alla fine l’intelligence di gara ha il sopravvento, distribuendo gli onori in parti uguali. Jordi Viladoms vince la tappa, e Juan Barreda, quarto alle spalle di Przygonski e Gonçalves, resta al comando della classifica generale, tre minuti di vantaggio sul connazionale e “maestro”. Bella gara.
Come spesso accade, la sfida ha alzato il ritmo, ed i protagonisti hanno fatto presto la differenza. Tutti gli avversari nominali del duo spagnolo sono relegati alle posizioni di rincalzo, e si salvano solo il portoghese Gonçalves ed il polacco Przygonski. Ullevalseter, per esempio, quinto, è già a dodici minuti di distacco.
Altre indicazioni utili per “leggere” questo Faraoni. Rafal Sonik, con il primo dei quad, è11°, ovviamente meglio della formidabile collega italiana Camelia Liparoti, che è 22ma ma con il terzo Titolo iridato già in tasca. Jacek Czachor e Marek Dabrowski, polacchi e compagni di squadra, conducono la classifica riservata alle moto “open”, ovvero le oltre 450cc ostracizzate dalla Dakar. Un Boliviano, Juan Carlos Salvatierra, in corsa con una Honda (a poposito, visto che la nuova Honda da Rally è stata finalente presentata?) frutto di una joint venture Boano-Jolly Racing, è sesto ed è da considerare il miglior privato in senso stretto. Diocleziano Toia, per suo conto, è il miglior privato italiano, e corre con una Beta di Paolo Machetti, questa volta assistita da un vecchio ed esperto amico, Valter Piani.
Privati. L’anima dei Rally
Non è proprio vero, non del tutto. Nel ventunesimo secolo sono i grandi Team e le grandi Marche che, con i loro investimenti e l’impegno di sviluppo tecnico, fanno girare la ruota. Ma è pur vero che senza i privati i “pro” potrebbero giocarsela anche a bridge, perché di gare ce ne sarebbero poche o punte.Ma qual è la figura del privato “tipo”? Presto detto: non c’è uno stereotipo, il privato è diverso in quanto tale, ma non esiste un tipo di diversità che lo caratterizzi a tal punto da farlo rientrare in una tipologia ben definita.
Uno lo abbiamo conosciuto, Diocleziano Toia. Un altro ve lo presento adesso.
È Luciano “Mario” Pegoraro. Classe 1952, padovano ma trapiantato e cresciuto “culturalmente” in Toscana, e due occhietti vispi da ragazzino soprattutto quando va in moto, che è la sua grande passione. L’altra sono… i Rally. Li ha fatti tutti, adesso lo dice con una punta di enfatizzato orgoglio. Ma due giorni fa gli mancava proprio il Faraoni. L’ultimo a cui aveva partecipato, vent’anni fa, era il Safari australiano. Nel 1991, in sella ad una Honda Dominator opportunamente “codificata” da tale Andrea Accordino per la regina delle maratone, Pegoraro partecipò alla sua unica Dakar, andando a segno al primo tentativo e riuscendo ad arrivare a Dakar “sano e salvo”, come dice lui.
Così ha deciso di disputare anche il Faraoni. Da quando ha smesso la tecnologia è andata avanti, e Luciano si stupisce delle prestazioni della sua moto, una Beta assistita Fast Team. “Va davvero forte, e spesso, mi pare, troppo. Una volta mi piaceva tirare il collo alla moto, sembrava che mancasse sempre un po’ di potenza. Adesso è diverso, chiedi cavalli e cavalli arrivano.
È diversa anche la tipologia della gara. “La mia Dakar è stata l’ultima con la sola bussola a disposizione per “navigare”. In questo Faraoni mi pare di avere un televisore sempre sotto gli occhi. GPS, IriTrack, ripetitori bussola e tutte le altre diavolerie elettroniche. Faccio fatica a tenermi concentrato, contemporaneamente, sulla pista e su tutte le informazioni che mi arrivano dai monitor dell’astronave. Ma una cosa resta invariata, il divertimento. Andare in moto in Africa è un’avventura meravigliosa, anche alla mia età.”
Nulla è cambiato? Beh, qualcosa sì. “Sono abbastanza in forma, e non esagerando con il gas cerco di affaticarmi il meno possibile. Certo non è una passeggiata. Poi, se ti capita la “disgrazia”, allora sei messo duramente alla prova. Oggi, per esempio, ero all’attacco di una duna. Quasi in cima un concorrente mi cade davanti. Per evitarlo, 180 gradi e torno giù, in una buca di sabbia, e “pianto la moto” fino alle “orecchie”. Per tirarla fuori da quel piccolo abisso di sabbia faccio una fatica infinita, e mi ci vuole mezz’ora per venirne a capo. Ti giuro, la fortuna è stata che ero in pieno nulla, nel deserto più tale che si possa immaginare. Ci fosse stata una palma, una sola, mi sarei sdraiato all’ombra e ciao Faraoni!”
Beh, essere privati è la soluzione d’immortalità. Per i Rally. Ma vuol dire anche farsi un mazzo così, rischiando ogni giorno di restare a bocca asciutta per colpa della moto, di un guasto magari banale, o a causa di una defaillance fisica. Prendiamo il giapponese Akihiro Saito. Ieri è stato ripescato sulla pista, disidratato. Oggi l’hanno trovato ancora imbambolato davanti ad una duna, ancora una volta a cortissimo di potassio. I medici gli hanno così imposto di saltare la terza tappa, per ripresentarsi più in forma per il gran finale. Medici, dispositivo logistico e di sicurezza importantissimo. Ma ne parliamo un’altra volta…
… resta infatti da dire che la terza tappa sarà la più lunga e, dice Daniele Cotto, anche la più difficile del Faraoni 2012. 530 KM, con bel 426 di Prova Speciale, da Tybnija e Abu Mingar.
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Piero Batini