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In moto da Torino alla Normandia

- Il diario di viaggio di due motociclisti partiti alla volta della Francia con l’obiettivo di visitare una parte della Normandia, con dettaglio dei luoghi visitati, strade, alberghi e ristoranti
In moto da Torino alla Normandia


Da Torino alle spiagge del DDay, le tappe giorno per giorno


Primo giorno: Torino – Moncenisio - Modane- Lione – Clermont – Bourges
Secondo giorno: Bourges – Le Mans – Alencon – Caen – Bayeux – St.Lo - Cherbourg
Terzo giorno: Cherbourg –Cap de la Hague – Saint Mere Eglise - Utah Beach – Cherbourg
Quarto giorno: Cherbourg– Batteria di Maisy – Point du Hoc – Port en Bessin
Quinto giorno: Port en Bessin - Longues sur Mer -Arromanches – Colleville – Port en Bessin
Sesto giorno: Port en Bessin – Chatres -Digione
Settimo giorno: Digione- Moncenisio – Torino


Il diario di viaggio


Di seguito il diario di viaggio di due motociclisti partiti alla volta della Francia con l’obiettivo di visitare una parte della Normandia, con dettaglio dei luoghi visitati, strade, alberghi e ristoranti.

Abbiamo attraversato completamente la Francia partendo dalle Alpi, passando dal massiccio centrale dove ad un certo punto si incontra la parte meno bella (a livello paesaggistico) del territorio Francese dovuta all'industrializzazione (tra Lione e Clermont). Proseguendo si arriva nel centro caratterizzato da molte foreste e colline per proseguire verso il nord con pianure sconfinate tutte coltivate (mais, girasoli, avena) in autostrade quasi deserte. L'ultimo tratto conduce in una campagna lussureggiante dove si alternano piante da frutto (da cui si ricava il vino di Sidro e il liquore Calvados) con estesi pascoli in cui il bestiame (bovino ed equino) sosta senza bisogno di essere ricondotto nelle stalle. Siamo entrati in Normandia e più precisamente nella regione del Bocage, il territorio dove i campi e i prati sono racchiusi da barriere naturali o file di alberi che dal Cotentin si estende fino nel Calvados. I Bocage sono filari di siepi che rappresentano uno dei tratti distintivi della regione; divennero molto noti per il loro utilizzo fatto dalle truppe tedesche di occupazione nel secondo conflitto mondiale. Siamo arrivati, ecco cosi avvicinarsi la costa atlantica nota per le sue dune profonde dove era uso venire per rilassarsi fuori dal "clamore" turistico, cosa che dopo il DDay è cambiata. Insomma un alternarsi di colori, profumi, paesaggi nel volgere di oltre 1200 km.


Il primo giorno di soggiorno sulla costa prevede la visita alla punta della penisola del Cotentin: Cap de la Hague la parte estrema della penisola dove sorge un bel faro su un isolotto a qualche centinaio di metri dalla costa. L’itinerario prosegue per la strada panoramica dei fari composta da strade strette, in realtà viottoli, su e giù per scogliere e panorami molto belli. Il nostro itinerario ci porta a Cherbourg. Il suo porto, fatto costruire da Napoleone nel 1831, è uno dei porti artificiali più grandi al mondo. L’importanza della sua posizione ha fatto sì che si sviluppasse divenendo un importante e grande approdo particolarmente rilevante all'inizio del secolo scorso, quando fu base di partenza dei piroscafi per gli emigranti europei alla volta degli Stati Uniti. Anche il Titanic, nel suo viaggio inaugurale, fece tappa in questa città. Lo scalo di Cherbourg divenne molto importante anche nella seconda guerra mondiale e più precisamente nella pianificazione dell’attacco alleato in Europa. Fu infatti individuato come porto ideale per far affluire i rifornimenti una volta realizzato lo sbarco delle truppe sulle spiagge della Normandia. Ma i piani vennero sovvertiti, l'intelligence americana stimava la guarnigione e le difese tedesche in numero e potenza molto inferiore alla realtà (inoltre gli alleati ignoravano che vi soggiornassero battaglioni per riposo proprio nel periodo scelto per sbarcare). A causa di ciò il porto non venne mai conquistato come pianificato e per evitare contrattacchi da quel settore verso la testa di ponte delle truppe venne fatto un "cordone" della penisola del Cotentin che di fatto mise in una sacca le truppe tedesche. Gli alleati dovettero allora costruire totalmente dal nulla un porto: venne realizzato ad Arromanche.

Lasciata Cherbourg abbiamo raggiunto Saint Mere Eglise piccolo villaggio divenuto famoso durante la 2^ Guerra Mondiale, visto che fu il primo comune francese ad essere liberato dall’occupazione tedesca prima dello sbarco. Sul campanile della chiesa si trova il manichino di un paracadutista in ricordo di un soldato americano della 82° divisione aviotrasportata che rimase impigliato sul tetto del campanile, rimanendo per molte ore appeso lungo la parete del campanile stesso, ma comunque salvandosi dalla battaglia che in quelle ore si svolgeva nel piccolo centro. Da vedere e visitare il Museo Airborne (secondo noi forse il più bello di quelli presenti nella zona degli sbarchi), dedicato alle truppe aviotrasportate, che ospita al suo interno una grande collezione di documenti e cimeli oltre ad alcuni mezzi utilizzati nell’operazione Overlord trai quali un aliante Waco. Da segnalare, praticamente a fianco del museo si trova un classico bar francese, si distingue chiaramente da tutti gli altri punti ristoro dedicati ai turisti, dove la proprietaria prepara dei fantastici panini dalle dimensioni molto generose che possono essere accompagnati anche da un bicchiere di sidro. Da provare!

Prima di lasciare S. M. Eglise una tappa, secondo noi, va fatta al negozio di souvenir e reperti dove si possono trovare riedizioni di abbigliamento militare del secondo conflitto (per tutte le taglie) e alcuni reperti originali appartenuti alla varie armi operanti nel settore.

La nostra tappa successiva è stata Sainte Marie Du Mont dove si trova la spiaggia di Utah Beach (nome in codice di uno dei cinque punti in cui avvenne lo sbarco), il settore più occidentale della costa interessata dalle operazioni militari. A Sainte Marie du Mont si trova il Museo Utah Beach creato nel 1962 e realizzato per conservare la memoria di coloro che sbarcarono sulla spiaggia. L’entrata del museo è posta all’interno di un ex bunker tedesco, facente parte del vallo atlantico, conosciuto col nome in codice WN5. All’interno sono presenti molti cimeli tra cui un bombardiere bimotore Marauder, un mezzo da sbarco LCD e molti documenti. All’esterno del Museo fanno bella mostra alcuni mezzi quali un carro armato , un obice e alcuni cavalli di frisia. Al termine della visita non poteva mancare una passeggiata sulle dune della spiaggia dove sono presenti molti bunker, alcuni dei quali ormai invasi dalla sabbia, per giungere al grande cippo che indica il km 0 della route della libertè (cippi più piccoli costeggiano la “strada” aperta dagli alleati per tutta la Francia fino alla Germania). Questa spiaggia, come le altre interessate dal DDay, oggi è un luogo normalissimo, tranquillo e affascinante sotto il profilo paesaggistico, certo si trovano ancora delle postazioni di difesa a testimonianza del periodo bellico e cippi commemorativi. Mentre si passeggia e difficile non tentare di immaginare quanto è accaduto in queste stesse dune 68 anni fa senza rimanere coinvolti.
Siamo cosi arrivati a fine giornata, stanchi ma felici ci prepariamo a rientrare al nostro albergo a Cherbourg a circa 50 km da dove ci troviamo. La ricerca dell’albergo è stata la fase più difficile ( e lo sarà per tutto il periodo della nostra permanenza), infatti complice il periodo (siamo nella settimana antecedente il ferragosto) trovare stanze libere è impresa ardua. A Cherbourg abbiamo trovato alloggio presso l’hotel Ibis nella nuova zona commerciale denominata La Glacerie. L’albergo sorge su un piccolo promontorio in una zona verde, dispone di un parcheggio recintato, ottimo per le moto, la cucina non è male (provata la sera dell’arrivo) anche se dispone di una scelta di piatti limitata. La responsabile dell’hotel è stata gentile, si è adoperata per trovarci una sistemazione per la nostra prossima tappa , ovviamente con successo.
Fino ad oggi il tempo è stato bello: sole pieno e temperatura intorno ai 25° / 26°, la benzina costa meno che in Italia (€ /l 1,51), le strade percorse sono belle e panoramiche e fanno si che i nostri consumi siano particolarmente bassi, circa 19 km/l con un andatura nei limiti ( anche perché sono molto frequenti i controlli radar mobili), le nostre Bmw 1200 Gs si confermano comode e ottime “macinakilometri”.


Il giorno seguente, dopo una ricca colazione, ci siamo spostati dalla penisola del Cotentin verso le altre spiagge “toccate” dall’invasione. Abbiamo visitato la batteria tedesca di Maisy (recuperata nel 2006) un importante complesso militare realizzato dalle truppe tedesche che si trova a circa 8 km da Point du Hoc. Era composta da 4 cannoni da 100 mm di fabbricazione cecoslovacca e 6 da 150 mm francesi residuati della 1^ guerra mondiale. Si trattava di un poderoso nucleo di artiglieria che grazie al suo raggio di azione poteva raggiungere la spiaggia di Utah Beach. Queste batterie di cannoni non furono interessate, prima e durante lo sbarco, da alcun bombardamento aereo o navale. Fu così che le batterie di Maisy aprirono il fuoco sui settori americani dello sbarco per ben tre giorni. Solo il 9 maggio elementi del 2° battaglione Ranger americani, provenienti da Omaha riuscirono a conquistarla dopo accaniti combattimenti. Oggi per rendere chiara al visitatore la struttura della batteria sono presenti alcuni pezzi di artiglieria (americani) posizionati nelle aree. Le varie strutture del complesso sono andate distrutte. Mentre ci aggiravamo tra le rovine della batteria abbiamo conosciuto un bikers anche lui proveniente da Torino, un tipo simpatico e tosto: infatti da solo stava visitando la parte nord della costa francese da Pass de Calais a Le Mont Saint Michel con la sua fedele Suzuki stracarica.

Passo successivo la visita a Point du Hoc (la distanza tra i vari siti e minima circa una decina di Km) luogo simbolo del coraggio dei ranger americani. Qui le forze tedesche allestirono difese formidabili ed in particolare posizionarono l'artiglieria pesante da 155 mm con la quale avrebbero potuto attaccare Utah e Omaha Beach. Il 6 giugno ‘44, 225 elementi del 2 battaglione Ranger scalarono le scogliere e attaccarono. Dopo due giorni di battaglia solo 90 ranger erano sopravvissuti quando arrivarono i rinforzi. Nel film “Il giorno più lungo” la scena della battaglia è particolarmente fedele e quanto oggi rimane ne costituisce testimonianza indelebile. Il governo francese ha ceduto l'area all'American Battle Monuments nel 1979 per il suo usofrutto e gestione perpetua. Dai crateri ancora esistenti, lasciati dall'esplosione delle bombe, e dai ruderi dei bunker si può rivivere la terribile scena dell'assedio che causò la morte di tantissimi uomini di ambo gli schieramenti.
Sul finire della giornata puntiamo verso Port en Bessin, che è la cittadina dove si trova il nostro prossimo hotel, per prima cosa siamo andati al museo dei relitti recuperati in mare. Sono presenti alcuni carri armati anfibi che durante lo sbarco andarono a fondo a causa delle onde troppo alte. In uno di questi mezzi (abbandonati dai soldati prima dell'inabissamento) sono stati ritrovati i documenti del carrista. Rintracciato dall'esercito Usa (era sopravvissuto alla guerra) e venuto a raccontare l'esperienza di quella notte attraverso un video. Sono inoltre presenti molti altri manufatti recuperati come siluri, mine, pezzi di aerei, parti di navi ecc.
Port en Bessin è un paesino di pescatori con un bel porto dove stazionano una moltitudine di pescherecci, ovviamente non poteva mancare un mercatino del pesce posto sulla banchina che si attiva al rientro delle imbarcazioni. Scopriamo che il nostro albergo si trova sul canale del porto, per cui centralissimo, dispone anche di un piccolo parcheggio interno con uno spazio dedicato alle moto. La receptionist dell’hotel ci fornisce una piccola guida sulla cittadina (tra le tante lingue compare anche l’italiano) e su nostra specifica richiesta ci indica un ristorante dove gustare ottimi piatti di pesce. La scelta del ristorante risulta ottima, ci hanno servito un gigantesco piatto “le plateau royale” composto da ostriche, lumache di mare di varie dimensioni, gamberi grandi e piccoli, cozze e un bel granchio.

Il tutto accompagnato da dell’ottimo sidro. La spesa per la cena è stata di 34€ a persona a fronte di una grande qualità e quantità , il ristorante si trova nel centro vicino al ponte girevole, ecco l’indirizzo (Fleur de Sel – quai Felix Faure,6 – Port en Bessin) . Per terminare la serata e smaltire l’abbondante cena saliamo sulle mura che delimitano il porto, ci sono molti pescatori locali che con le loro canne lunghe lanciano e recuperano la lenza di continuo stipati gli uni agli altri (come facciano a non intralciarsi resta un mistero) mostrando un modo di pescare mai visto prima che comunque da i suoi frutti, nel volgere di poco pesci dai guizzi argentei escono dall’acqua presi all’amo. Il tempo continua ad essere bello ma ora che il sole è calato fa freddino, per cui senza la felpa diventa dura.

Siamo arrivati al nostro quinto giorno, il tempo è volato, ma anche oggi ci aspetta un’intensa giornata che si prospetta ancora bella sotto il profilo del meteo. Terminata la colazione saliamo sulle nostre moto, che cominciano ad evidenziare i segni esteriori dei tanti chilometri percorsi (sono veramente “zozze”!), e procediamo alla volta di Longues sur Mer.
Le batterie di Longues sur mer sono posizionate tra la spiaggia di Gold Beach, dove approdarono le truppe inglesi, e Omaha beach. Contava quattro bunker in cui erano alloggiati cannoni da 150 mm, ancora oggi presenti. Durante il giorno dello sbarco la batteria impegnò alcune navi della flotta, in modo particolare la corazzata americana Arkansas e due incrociatori francesi. L’intenso fuoco navale e un poderoso bombardamento aereo misero in difficoltà le truppe tedesche che nel corso della giornata videro i propri cannoni venire messi fuori combattimento. L’impresa fu portata a compimento dalla precisione dei cannoni dell’incrociatore inglese Ajax e da quello francese Leygues. Il giorno seguente le truppe inglesi sbarcate a Gold Beach conquistarono definitivamente l’area. Visitando oggi il sito si possono ammirare i cannoni ancora al loro posto e si può vedere come nella casamatta n°4 ci siano inequivocabili segni di un esplosione interna. Non si tratta, come si potrebbe immaginare, del risultato della battaglia sostenuta ma bensi di un esplosione accidentale di alcune granate stivate nel bunker quando questi venne utilizzato a difesa di una pista di atterraggio alleata realizzata nelle immediate vicinanze. Oggi le postazioni si trovano circondate da campi ordinatamente coltivati che rendono un contrasto significativo tra la natura e strutture imponenti che ricordano un recente passato carico di difficoltà e patimenti.

Ripartiamo e questa volta la nostra meta è il porto artificiale di Arromanches che venne realizzato attraverso il progetto Mulberry: una sorta di moli galleggianti a modulo corredati da una carreggiata galleggiante. Gli elementi costitutivi il porto furono realizzati sulle rive del Tamigi. Ci vollero 132 rimorchiatori per trasferire i moduli in Normandia. Il porto ebbe grande importanza nel far affluire i rifornimenti alle truppe nei primi giorni dopo lo sbarco, subì successivamente una pesante tempesta che ne diminuì la capacità operativa. Nel novembre 44 venne dismesso in relazione alla liberazione dei porti olandesi e belgi. Oggi si possono ancora vedere alcuni resti di questa grande opera, a ridosso della spiaggia si trova uno di questi moduli perfettamente restaurato e conservato che fa bella mostra di sè. Nella cittadina balneare è presente un museo particolarmente importante per alcune testimonianze video relative al periodo bellico. All’esterno si può ammirare un mezzo da sbarco che fa da richiamo per i molti turisti che visitano giornalmente la località. Uscendo dal centro abitato la strada conduce ad un punto sopraelevato e panoramico che diviene perfetto per aver una visione di quel che rimane del porto artificiale e scattare, perché no, una foto ricordo.


Lasciamo Arromanches e dirigiamo alla volta di Colleville dove si trova il Normandy American Military Cemetery and Memorial. Arrivati nell’enorme parcheggio ci sorprende positivamente il fatto che le moto dispongono di un area dedicata molto grande in prossimità dell’ingresso. Lasciamo i mezzi tra moto provenienti da svariati paesi europei (addirittura due provengono dalla Finlandia) ed entriamo in questo grandissimo cimitero militare che domina la spiaggia di Omaha Beach. La nostra visita inizia al centro visitatori che ospita una serie di teche contenenti reperti dei soldati e propone un filmato particolarmente triste sulle lettere spedite dai soldati e alcune interviste ai parenti più stretti. Quello che stride in questa situazione è il controllo dei metal detector all’ingresso (stile aeroporto) causato dalla situazione critica nei confronti degli Stati Uniti. Il governo francese ha concesso l’uso perpetuo di questo sito come luogo di sepoltura permanente, al suo interno su un prato curatissimo si trovano le croci bianche che indicano i caduti ( la guida fornisce i numeri dei soldati che riposano qui : 9.386 ). Camminando all’interno del cimitero quello che maggiormente colpisce è il silenzio nonostante i visitatori siano molti, e la distesa di croci ricorda l’enorme numero dei caduti per liberare la Francia e l’Europa dall’oppressione nazista.
La visita ci ha ovviamente intristiti, raggiungiamo le moto e ci rendiamo conto che si sta facendo tardi per cui rientriamo a Port en Bessin (la nostra “base” operativa è molto vicina circa 10 km) con un preciso obiettivo: andare a provare un nuovo ristorante e nuove specialità a base di pesce! La nostra cena questa volta si svolge al ristorante Le Bistrot d’à Côté (rue Michel Lefournier, 12 – Port en Bessin) situato in una viuzza sempre nelle vicinanze del ponte girevole dove proviamo un piatto tipico “filet de lieu noir a la normande” (a base di merluzzo), molto particolare ma delicato. Da segnalare anche le moul (cozze) preparate con il curry. Il prezzo a persona per la cena è stato poco al di sotto dei 25€ compreso l’immancabile sidro.
Usciti dal ristorante troviamo un nutrito gruppo di moto parcheggiate e la cosa che più salta all’occhio guardando le sigle delle targhe è la diversa provenienza: Germania, Olanda; Gran Bretagna, Finlandia. Siamo in buona compagnia!

La mini vacanza è finita, è venuto il momento di rientrare per cui lasciato l’albergo ci dirigiamo verso Chartres per visitare la famosa cattedrale. Percorriamo i 250 km su statale, bella e poco trafficata, e per l’ora di pranzo siamo nel centro della città Chartres, a soli 95 km da Parigi.
La cattedrale Notre-Dame de Chartres, chiesa cattedrale consacrata alla Vergine (Notre-Dame), è il più celebre monumento della cittadina ed è considerata uno degli edifici religiosi più importanti del mondo ed uno dei più perfetti edifici gotici. L'edificio costruito dal vescovo Fulberto nell’xi secolo fu distrutto nel 1194 a causa di un incendio ed immediatamente si cominciarono i lavori di ricostruzione, che durarono circa 60 anni. L'aggiunta più importante è la torre a nordest, la Clocher Neuf, conclusa nel 1513. Grande luogo di pellegrinaggi, questa cattedrale e le sue torri dominano la città di Chartres e la piana della Beauce circostante. Si possono vedere da molte decine di chilometri di distanza.


Terminata la visita si fa rotta verso casa che raggiungiamo l’indomani.
In totale abbiamo percorso 3654 Km nei sette giorni, il viaggio è stato gratificante unendo due mondi praticamente antitetici: paesaggi naturali molto belli contrapposti a costruzioni militari relative alla seconda guerra mondiale. Come si evince dal nostro racconto abbiamo pianificato l’itinerario nel corso di “riunioni” invernali nelle quali abbiamo raccolto le informazioni sui siti visitati e anche questa è stata una fase divertente. In conclusione... un viaggio che merita di essere fatto!

Guido Baj Macario

  • Doppia&
    Doppia&

    Bellissimo, vorrei farlo quest'anno, c'è qualcuno che si vuole unire a noi? siamo io la mia compagna è la nostra "Erina" Ducati multistrada 1200.
  • saltafossi3239
    saltafossi3239, Grosseto (GR)

    Ci voglio provare!!

    Avevo intenzione di effettuare un viaggio così.
    Ora ne sono convinto, sto preparando la mia Xt660R, per affrontare quei chilometri.
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