Viaggi in moto: l'Iran
Quinto viaggio con i miei Amici: Antonio su BMW 1200 GS e la sua compagna Maryna (passeggera), io con la Triumph Tbird Storm.
Dopo aver visitato nei 4 viaggi precedenti quasi tutta l'Europa (Slovenia, Croazia, Serbia, Albania, Montenegro, Grecia, Turchia, Ungheria, Bulgaria, Romania, Polonia, Bielorussia, Macedonia, Moldavia, Russia, Lettonia, Lituania, Estonia, Finlandia, Norvegia, Svezia, Danimarca, Francia, Spagna, Andorra, Austria, Svizzera, Lichtenstein, Germania) in sella ad una Triumph America, con la morte nel cuore abbandonata per raggiunti limiti di chilometraggio, cambio mezzo e passo come previsto alla Tbird Storm con la quale nel maggio 2013 viaggio in Inghilterra, Galles, Scozia ed Irlanda facendo 8.800 km in 12 giorni ed altri 26.000 tra Francia, Spagna, Andorra e regioni Italiane con mia moglie.
Sono dunque alla data fatidica della partenza e penso: Turchia, Georgia, Azerbaijan, Armenia, Iran (fino al golfo Persico),14.000 km da fare in massimo 18 giorni in compagnia dei miei amici Antonio e Maryna. Come sempre i pensieri sono molti, penso a tutto quello che di brutto mi potrebbe accadere ma anche a quello che di bello vedrò, sono positivo e mi dico: tornerai sano e salvo, con gli occhi illuminati e più forte di prima. Tutto è pronto, il mio mostro Tbird Storm è ok, devo solo partire.
Perché l'Iran?
Il fascino dell'ignoto è un grande motore che spinge verso mete a prima vista irraggiungibili e poi... se volevamo vedere qualcosa di nuovo eravamo obbligati ad andare in medio oriente considerato che fino al Mar Caspio avevamo già visitato tutte le nazioni!
28 giugno 2014 ore 8,30 si parte
Saluto mia moglie Manuela, mia figlia Beatrice e mia sorella Dana e finalmente via verso le prime due tappe di questa nuova ed affascinante avventura.
Anche questa volta la disponibilità di tempo è limitata e decidiamo di attraversare velocemente i paesi già visitati in precedenza, così in due giorni siamo a Istanbul (2050 km), è la nostra seconda visita a Istanbul che ci accoglie in una mattinata piovosa, decidiamo di attraversarla velocemente non prima di aver visitato la parte vecchia. Rapido giro con foto di rito a Santa Sofia, la Moschea blu e sul ponte che collega l'Asia all'Europa, ed ecco il primo inconveniente, foratura al posteriore della moto di Antonio che risolviamo in un niente con il kit di riparazione.
30 giugno
Puntiamo direttamente verso Samsun, le strade sono buone e inizia a piovere, arriviamo di sera e bivacchiamo sotto una tettoia usata per piccole feste, la mattina ci avviamo verso il confine con la Georgia e nella città di Fatsa ci fermiamo per la colazione dove, con nostra grande meraviglia, due delfini gironzolano pigramente nel Mar Nero a meno di 30 metri dalla riva, ci facciamo un bel bagno tonificante e purificante con loro, per nulla infastiditi dalla nostra presenza e ci rimettiamo in sella.
Poco prima della città di Trebisonda notiamo le indicazioni per il Santuario di Sumela (molto famoso) e decidiamo di andarlo a visitare e come spesso accade ne è valsa la pena: dopo la gran quantità di scalini per accedere al santuario confesso di aver commentato che... l'ascensore è stata proprio una grande invenzione! Ritornando alle moto un gruppo di studenti, abbagliati dal fascino della mia Tbird e dalla targa italiana chiede una foto ricordo gentilmente concessa.
Siamo in ritardo sulla tabella di marcia, puntiamo decisamente verso il confine con la Georgia e sul far della sera lo attraversiamo senza particolari problemi. Mentre siamo intenti allo sbrigo delle pratiche doganali conosciamo Pedro un olandese di natali spagnoli, potrebbe essere nostro figlio, è in giro da due mesi con la sua Honda Transalp 600 un pochetto datata. Ci avviamo insieme verso la città di Batumi per pernottare, Pedro tenta di trovare una connessione wireless con cui cercare un ostello, lo vediamo in difficoltà e Antonio decide di regalargli un pernottamento in albergo.
Pedro ci racconta di essere stato in Iraq nella zona del Kurdistan attraversando senza visto la frontiera con la Turchia, è musica per le orecchie di Antonio che già prima della partenza aveva avuto notizia simile e continua a rimuginare sulla possibilità di fare una toccata e fuga in Iraq dove in Sulaymaniyya lavora un italiano suo amico.
2 luglio
Costeggiando per un buon tratto il Mar Nero puntiamo verso l'interno in direzione di Tbilisi, facciamo sosta a Gori, città natale di Iosif Dzugashvili, meglio noto come Stalin. Visitiamo la sua casa natale che è collocata in un ampio parco pubblico dove una moltitudine di ragazzi e ragazze si esibiscono in una danza locale, è giorno di festa, inevitabile una foto ricordo con una ragazzina in abito tutto a puntino. Continuiamo a viaggiare verso est fino a raggiungere Tbilisi, visitiamo subito la cattedrale di Sameba la cui posizione strategica fa notare i suoi tetti dorati da molto lontano e da quasi ogni punto della città. Pernottiamo in un albergo molto frequentato da italiani in loco per ragioni di lavoro.
Il giorno dopo decidiamo di visitare la città in lungo e in largo rimanendone meravigliati per il felice connubio tra modernità e città vecchia, saliamo sulla collina di Mtatsminda, (raggiungibile attraverso una navetta a cremagliera) dove ha sede il vecchio castello che domina la città, la vista spazia a 360° fino all'orizzonte lontano e si riescono a cogliere le stratificazioni storiche, culturali e politiche succedutesi nel corso della storia millenaria di questa città.
Durante la visita Antonio perde una parte dei suoi documenti: patente, carta di credito, bancomat, ma non si scompone, blocca le carte di credito e decide di continuare confidando nei ridotti controlli sulla patente finora ricevuti (confida male!).
Ci muoviamo nel tardo pomeriggio verso l'Azerbaijan ma dobbiamo aspettare la mezzanotte per la validità del visto, pernottiamo nelle nostre tende in prossimità della frontiera. E' notte e una pioggia continua e intensa rende viscida la pista che avevamo utilizzato per allontanarci dalla strada asfaltata per piazzare le tende, è impossibile tenere in piedi le moto, la mia poi che pesa 350 kg... e lungo quel breve tratto Antonio cade senza riportare ferite e danni; sotto la pioggia battente e con il fango viscido sotto gli stivali non riusciamo a rialzare la sua moto carica come un mulo, unica soluzione quella di armarsi di santa pazienza smontare tutti i bagagli e trasferire moto e bagagli a mano verso la strada asfaltata.
Mattina del 3 luglio (ore 0,45)
In dogana sono abbastanza veloci e dopo nemmeno un'ora siamo già diretti verso Baku, la pioggia continua ad aumentare e per 150 km viaggiamo sotto un diluvio tambureggiante, decidiamo di fermarci per pranzare presso un distributore di benzina dove ci accolgono con un calore di altri tempi e nel modestissimo locale ci fanno sentire come dei re. I motociclisti sono così rari da queste parti che ci chiedono di fare una foto ricordo, accettiamo ben volentieri ma con nostra sorpresa vediamo tirar fuori dal bagagliaio di una autovettura un piccolo studio fotografico portatile e dopo averci scattato una foto la stampano su carta fotografica e ce ne fanno dono.
Ripartiamo verso Baku e come per incanto le nuvole sono sparite, dinanzi a noi orizzonti lontani e luminosi ci invitano a raggiungerli, il bel tempo tiene ma dopo circa 200 km un vento al traverso ci accompagna per il resto della giornata, è molto forte da costringerci a viaggiare appoggiati a sinistra. La strada principale da noi percorsa è in buono stato di manutenzione e invita a correre, Antonio trova una "lepre" (così lui chiama le macchine che vanno molto veloci) e decide di agganciarla per farsi un po' di strada allegramente, i successivi 80 km scorrono molto, molto velocemente! La lepre, più volte sopraggiunta e lasciata poi libera di andare, riconosce la caparbia ostinazione di Antonio e in segno di ammirazione, durante un sorpasso eseguito da Antonio, apre il finestrino allungandogli una bottiglia di Red Bull che Maryna fa sua, avremo in seguito altri passaggi in corsa tra moto e auto ma questo è sicuramente quello più veloce in assoluto!
Nel pomeriggio raggiungiamo il Mar Caspio appena a sud di Baku, il colore delle acque non è per niente invitante, la strada costiera ci porta verso la capitale. Rimaniamo sorpresi dall’architettura celebrativa che negli ultimi anni è stata messa in scena, tutte le strade principali che conducono alla capitale sono delimitate sui due lati da muri. Ogni strada ha i suoi due muri che replicano lo stesso modulo architettonico per decine di kilometri, ogni strada ha il suo differente modulo architettonico. Ci avviamo verso il centro della città il cui panorama è sovrastato dall'inconfondibile profilo dei tre grattacieli in vetro a guisa di una fiamma.
Come nostro solito non ci fermiamo ad osservare le apparenze e decidiamo di lasciare le strade principali e di inoltrarci in quelle secondarie dove il passo celebrativo muta facendo emergere la reale situazione socio-economica del paese, c'è ancora molto da fare!
Nel mezzo del perimetro cittadino lambiamo dei campi di pozzi petroliferi che ci narrano della naturale ricchezza di questa terra. Ci dirigiamo verso nord dove avevamo prenotato un albergo nella cittadina di Novxani, vi giungiamo a notte fonda, ci servono da mangiare, ormai sono le due di notte e abbiamo bisogno di dormire.
L'albergo è in riva al mare e decidiamo di fare un bagno. Il mare è molto mosso e i locali lo sconsigliano ma noi tiriamo dritto e iniziamo ad addentrarci in mare aperto rimanendo sorpresi dal vedere galleggiare tanta posidonia, almeno così ci sembra a prima vista, le persone sulla spiaggia si preoccupano, ci siamo allontanati troppo, le onde ci fanno scomparire e riapparire tra i flutti ma tutto è sotto controllo (siamonuotatori esperti), Antonio nell'accingersi a lasciare l'acqua prende in mano una posidonia, e qui la sorpresa... orrore non è posidonia ma grumi di petrolio, il mare è pieno di grumi di petrolio galleggianti!
4 luglio
E' ora di ritornare verso la Georgia, facciamo un percorso diverso rispetto a quello fatto ieri, utilizziamo una strada secondaria che si inerpica rapidamente sui monti, la strada segue quasi sempre i crinali delle montagne ed è esposta al vento che qui soffia impetuoso e che fa sembrare poca cosa il vento che già ieri ci aveva messo in difficoltà, il paesaggio intorno è molto bello ma se lo gode bene solo Maryna perché noi, impegnati a guidare non possiamo distrarci, ogni secondo è una battaglia contro il vento. Dopo circa 200 km di vento forte e costante decidiamo di prendere una stradina che punta verso le montagne innevate che riusciamo a scorgere verso il confine russo, la scelta è felice ci inoltriamo in infinite distese di boschi, il vento è sparito e la temperatura è mite, riusciamo a goderci finalmente il paesaggio con una velocità di crociera rilassata. Ci fermiamo in uno dei caratteristici punti di ristoro a base di spiedini di carne, Antonio come al solito deve accontentarsi di mangiar pane e verdura poiché lui è un vegetariano.
Dobbiamo riprender la strada principale che ci porta verso la Georgia, strada che da noi dista circa 70 km, scopriamo a nostre spese che le forti piogge del giorno prima hanno causato grandi danni alla viabilità, su una strada non asfaltata schiviamo di un pelo un grande pozzetto il cui chiusino era stato portato via dalla corrente di piena.
Facciamo la conoscenza con la polizia locale che pretende una somma smisurata per aver superato la striscia continua di mezzeria su una zona videosorveglaita, il nostro potere contrattuale non è molto alto poiché Antonio è senza patente (aveva solo quella Internazionale) ma in ogni caso riusciamo a chiudere ad una cifra abbondantemente più bassa rispetto alle iniziali richieste.
Siamo ormai a meno di 10 km dal confine con la Georgia, è notte fonda, procediamo cautamente perché sappiamo della presenza di animali in libertà (mucche, cavalli, asini, pecore, capre), Antonio intravede sul ciglio sinistro della strada una sagoma con una macchia bianca, istintivamente comincia a frenare, la sagoma è sempre più vicina, ha già raggiunto il centro della carreggiata, l'ABS entra in funzione e lo scontro sembra inevitabile ma all'ultimo istante l'asino, di questo si trattava, si ferma, volta la testa verso di noi e Antonio riesce a passargli davanti sfiorandolo.
Si continua a viaggiare nella notte meditando quanto breve possa essere una vita, passiamo in brevissimo tempo la frontiera, siamo di nuovo in Georgia dove pernottiamo nello stesso albergo di qualche giorno prima nella capitale Tbilisi.
5 luglio
Partiamo verso il confine con l'Armenia, sapendo dello stato di guerra esistente tra l'Armenia e l'Azerbaijan e delle possibili difficoltà di accedere in Armenia per chi ha già visitato l'Azerbaijan (passaggio contrario cioè visitare prima l'Armenia poi l'Azerbaijan è sostanzialmente impossibile), confidando nella generale simpatia che i motociclisti riscuotono in queste terre.
Alla frontiera ci fermano per una modestissima indagine sulla natura del viaggio in Azerbaijan e subito dopo ci lasciano andare, siamo in Armenia.
Premetto che prima di partire avevo chiesto ampie rassicurazioni ad Antonio su fatto di tenerci lontani dai fronti di guerra ricevendo come sempre la classica risposta "stai tranquillo, tu con me sei sempre in una botte di ferro" ed effettivamente la parte iniziale del viaggio si snoda in una zona pacifica (ma dopo?).
La viabilità dell'Armenia è molto modesta, l'asfalto fa sentire i suoi effetti sul comfort di marcia ma la bellezza dei paesaggi ci distrae in continuazione, stiamo percorrendo una delle ramificazioni della “via della seta” durante la quale la mia moto ha risposto in tutto e per tutto alle innumerevoli sollecitazioni ricevute dalle numerosissime buche-crateri presenti nell'asfalto. In alcuni tratti l'assoluta assenza di traffico e la diffusa presenza di greggi al pascolo ci fa sembrare di essere proprio nel bel mezzo del medioevo.
La strada si inerpica ai piedi di montagne innevate e si mantiene in quota in un altipiano fresco per lunghi tratti per poi ridiscendere in vallate strette dove le gole scavate dai fiumi nella viva roccia ci appagano lo sguardo e ci rasserenano l'animo. E’ un continuo sali e scendi, su alcuni passi superiamo i 2000 m di altezza, per arrivare a toccare anche i 2500 m.
Ci fermiamo per pranzare in uno dei soliti posti da spiedino volante, siamo in riva al lago di Sevan che è a circa 1900 m di altezza. Le acque sono limpidissime e il paesaggio è incantevole. Ci avviamo verso la capitale Yerevan, una visita rapida al centro storico e poi via verso il confine iraniano. Ormai la notte è prossima e siamo un poco preoccupati perché la strada passa vicino al confine di guerra, Antonio confida nelle notizie trovate su Internet prima di partire che attestano il fronte di guerra a circa 20 km dalla nostra strada proprio sul bordo del teatro di ostilità!
All'ingresso del paese di Yeraskh un ragazzo si butta in mezzo alla strada e con dei segni ci fa capire che non è il caso di proseguire, in una frazione di secondo comprendiamo di essere finiti proprio sul confine di guerra! Giuro che con uno sguardo ho fulminato Antonio, ripetendo tra me e me: è matto come un cavallo ed io, che gli credo sempre, ancor di più!
Prendiamo una deviazione e subito Antonio che è davanti urla "abbassate la testa!" aveva capito che il cumulo di terra posto lungo la strada non serviva per allargarla ma era una barriera anti cecchini. Proseguiamo in queste condizioni per una decina di chilometri, ormai è sera e abbiamo la necessità di individuare, prima che faccia buio, una piazzola dove poter piantare le tende, pensare ad un albergo in queste zone è impossibile. Troviamo una prima piazzola ma da una rapida ricognizione scopriamo che è troppo pulita ed in vista e questo non ci induce ad utilizzarla, proviamo a proseguire oltre lungo la valle ma diventa sempre più stretta e rischiamo di essere facili bersagli di eventuali cecchini.
Torniamo indietro per accedere ad un modesto villaggio (Paruyr Sevak) che avevamo intravisto prima e all'incrocio di due strade notiamo una piazzola che potrebbe fare al nostro caso, chiediamo a un passante se possiamo stare sulla piazzola e lui per tutta risposta ci invita a casa sua. È gente molto povera ma ci ha messo a disposizione la sua casa e ci viene data un grande ospitalità, hanno poco ma lo hanno messo tutto a nostra disposizione!
Piantiamo le tende nel loro giardino con vista diretta sul monte Ararat, cogliamo l'occasione per avere notizie sul fronte di guerra e con molta meraviglia abbiamo appreso che poco distante dalla piazzola che volevamo utilizzare per il pernottamento erano stati uccisi quella mattina quattro soldati armeni in uno scontro a fuoco con quelli dell'Azerbaijan.
Durante la nostra breve permanenza presso quella famiglia noto che la moglie del capofamiglia zoppica lamentando un dolore al ginocchio, la convinco a prendere 20 gocce di Novalgina che avevo portato da casa, non vi dico la mattina seguente l'espressione del suoi occhi, le era passato il dolore, non sapeva come ringraziarmi.
Provo ad offrire 50 euro, poca cosa per me ma tanto per loro, come riconoscenza della loro ospitalità, ma con una dignità fuori dal comune rifiutano. Riusciamo a fargli dono solo di alcuni pacchi di minestre precotte (sono una parte della nostra scorta di cibo per le emergenze) e le mie ultime due merendine all'albicocca per i loro due figli più piccoli. (Non so spiegare l'espressione dei loro occhi nel momento in cui le hanno assaggiate con gusto e devozione!).
6 luglio
All'alba, confortati dalla vista dell'Ararat, ci dirigiamo verso il confine iraniano che dista circa 350 km. Per una decina di chilometri siamo ancora sul confine di guerra e andiamo molto veloci per non essere facile bersaglio poi ci allontaniamo dalla zona di guerra e riprendiamo molto più serenamente le nostre andature di crociera per gustare fino in fondo il susseguirsi di paesaggi sempre tra loro diversi, anche se Antonio talvolta non rinuncia ad agganciare qualche "lepre” per svegliare il motore.
Gli altipiani sono intervallati da profonde ferite della terra costituite da grandi canyon, le piccole stradine piene di curve ci portano nel fondo del canyon per farci poi riguadagnare l’altipiano, è una vera goduria guidare in questi posti e la Tbird risponde alla grande come per ringraziarmi per questa mia improvvisa andatura brillante.
E’ il tardo pomeriggio quando ci avviciniamo al confine con l'Iran, il paesaggio comincia a cambiare diventando più arido. Passiamo la dogana dell'Armenia in 20 minuti e come ultima domanda ci chiedono se avevamo con noi alcolici, Antonio si rammenta di aver comprato tre giorni prima una birra da un litro in lattina e decide di nasconderla e di portarla ugualmente in Iran.
Attraversiamo il ponte che ci separa dall'Iran e tutto ci appare in ordine, molto pulito, poco traffico, per Maryna comincia il calvario di dover usare il velo ogni volta che toglie il casco, è l'unico reale vincolo cui dobbiamo sottostare in Iran oltre a quello di un vestiario casto. In dogana sono molto gentili e si prodigano per un rapido disbrigo del formalità, dopo circa due ore siamo sulla strada in direzione di Tabriz.
I paesaggi sono maestosi e alte montagne presidiano la strada, le profonde gole fanno intravedere tutto il travaglio geologico che queste terre hanno subito nel corso dei milioni di anni. In nessuno dei nostri precedenti viaggi siamo stati per così lungo tempo abbracciati dal continuo susseguirsi di montagne dai colori cangianti, da stratigrafie di terreni colorati che all'alba o al tramonto sembrano ricostruzioni di un set cinematografico. Contrariamente alle nostre aspettative la temperatura è abbastanza mite e non si superano i 38°.
Pernottiamo nella città di Hdishahr in un albergo dove quella stessa sera si celebra un matrimonio, mangiamo in mezzo agli invitati ma con nostra sorpresa la cerimonia inizia velocemente e più velocemnete finisce, i maschi mangiano separati dalle femmine. Antonio e Maryna nel bel mezzo della cena trovano il modo di scolarsi la “furtiva” lattina di birra dinanzi a un centinaio di persone senza essere notati, mentre io chiedo un gelato a chi pensavo fosse il titolare, lui mi accompagna nella gelateria accanto, prendo un tris di palle al cioccolato, paga lui e ritorniamo al tavolo; solo dopo ho capito che non era il titolare ma semplicemente un invitato alle nozze, che gentile è stato!
7 luglio
La mattina dopo ripartiamo di buon'ora verso Tabriz con l'intento di visitare il bazaar e comprare i magneti come souvenir (io faccio la collezione), ci addentriamo senza però riuscire a trovare quello che vogliamo, nell'uscire una persona ci viene incontro per aiutarci a scoprire il bazaar, io e Maryna rimaniamo alle moto mentre Antonio con la guida ritorna nel bazaar e dopo una infinita serie di tunnel, gallerie, piazzette, ritorna con i magneti raccontandoci di essere rimasto molto meravigliato nello scoprire che un'intera ala del bazaar, composta da decine e decine di piccoli negozietti, è esclusivamente dedicata alla lingerie e corsetteria femminile con una tale ricchezza e varietà di articoli che perfino nei più libertini mercati occidentali è di meno facile reperibilità!
Ci dirigiamo verso Teheran dove c'è ad attenderci Reza che Antonio ha conosciuto su Internet alla ricerca di informazioni di prima mano sull'Iran. Reza, contattato al telefono a circa 90 km da Theran ci da le informazioni su dove incontrarci e puntualmente lo troviamo con la sua famiglia in piazza Azadi, ci porta a visitare Theran, lui in macchina e noi dietro in moto e quando gli chiediamo di indicarci un Hotel dove passare la notte sua moglie si propone di ospitarci a casa sua, un piccolo appartamento nel centro della città, piccolo e molto ben tenuto. Arrivati a casa loro Reza ordina per telefono la cena che puntualmente viene consegnata in men che meno, la moglie ci chiede se vogliamo mangiare secondo gli usi iraniani o quelli occidentali e tutti noi naturalmente scegliamo l’uso locale e mangiamo seduti per terra sui tappeti consumando un'ottima cena, facciamo abbondante uso della doccia e sugli stessi tappeti su cui abbiamo mangiato Antonio e Maryna mettono i loro materassini gonfiabili mentre io (il più vecchietto) usufruisco del loro divano, è tardi e dormiamo tranquilli.
8 luglio
La mattina di buon'ora ripartiamo sotto la guida di Reza che ci accompagna fino a prendere la strada per Qom. Le strade in Iran sono di prima qualità e il traffico non è intenso, almeno fuori città. Prendiamo l'autostrada sebbene i cartelli indichino che è vietato l'accesso alle moto poiché in Iran è vietata la vendita di moto superiori a 200 cc. Le autostrade sono a pedaggio ma i cassieri, ligi alla prescrizione che prevede il divieto di accesso alle moto, non ci fanno pagare, sorridono e ci lasciano passare. Neanche la polizia, sebbene incontrata più volte in autostrada, non ci ha mai fermati.
L’altipiano iraniano continua a stupirci con innumerevoli paesaggi segnati dal parossismo geologico, la giornata è luminosa, il sole fa sentire la sua presenza ma la temperatura è inferiore ai 40° e sui passi più alti arriva ai 25°, l'umidità è bassa e tutto sommato si viaggia molto bene. Verso mezzogiorno arriviamo a Esfahan, parcheggiamo le moto e attraversando il bazaar giungiamo alla moschea centrale. Lungo il percorso che ci porta alla moschea ne intravediamo le massicce strutture ma nulla lascia presagire della meravigliosa visione che ci attende al suo interno. Si accede alla moschea attraverso corridoi scuri per poi sbucare su un ampio e luminoso cortile interno a pianta quadrata dove si affacciano, su ciascun lato, quattro mastodontiche volte ricamate finemente con maioliche colorate.
Il colpo d'occhio è veramente degno di nota. Decidiamo di passare qualche minuto nella moschea, ci togliamo gli stivali ed entriamo in un locale dalle ampie volte e molto fresco, completamente coperto da tappeti al pavimento e dove gli uomini seduti per terra sono intenti nei loro pensieri, alcuni parlano sottovoce mentre altri pregano inginocchiandosi verso la Mecca. Approfittiamo del bazaar per mangiare e riprendiamo le moto in direzione Shiraz. È notte fonda quando scorgiamo i cartelli per Persepolis, ci fermiamo in uno dei presidi della mezzaluna Rossa (l'equivalente della nostra croce rossa) per ottenere informazioni sugli alberghi. Ci dirigiamo a Persepoli dove alberghiamo in una struttura ricettiva di buon ordine (due chalet al costo di 60 euro con colazione) che dista meno di 2 km dall'accesso alla città antica, mangiamo in un ristorante poco lontano che raggiungiamo a piedi. La cucina iraniana per Antonio è troppo speziata e lontana dai suoi gusti, io invece sono di bocca buona e me la gusto alla grande.
9 luglio
Di buon ora, dopo aver caricato il “mulo” ed il “mostro”, ci dirigiamo a visitare Persepolis.
Il luogo è magnifico in mezzo ad un'area semidesertica dove gli antichi persiani hanno costruito una città rituale, sono molti gli italiani che incrociamo, direi la componente più numerosa tra tutti i turisti. Verso mezzogiorno siamo a Shiraz dove andiamo a visitare i famosi parchi cittadini, la temperatura è aumentata, siamo intorno a 43°, ma al loro interno la fescura è notevole e molte persone bivaccano all'ombra dei grandi alberi, un manto verde ricopre tutta la superficie, l'aria è fresca e stiamo molto bene, ci voleva proprio!
Il Golfo Persico dista meno di 300 km, siamo tentati dall'andare a fare un bagno. Troveremo conferma del proverbio che dice "quando il Signore vuol punire gli uomini ne fa avverare i desideri".
A Shiraz la temperatura è elevata ma siamo ancora sull'altipiano, per andare verso il mare dovremo scendere di quota. La temperatura comincia salire 45, 46, 47, 48°, i paesaggi sono meravigliosi e la loro visione ci rende meno difficile sopportare il caldo, ormai abbiamo raggiunto la pianura e siamo a 48° quando scorgiamo in mezzo al deserto un fiume. Ci sono degli uomini che fanno il bagno in mutande, mentre le donne sulla riva sono immerse fino alle gambe coperte da un leggero velo. Ci fermiamo, io ed Antonio in men che non si dica siamo già in mutande a sguazzare nell'acqua la cui temperatura sarà intorno ai 35° non proprio fresca ma rigenerante considerata la temperatura esterna. La meraviglia è stampata sui nostri volti, siamo nel bel mezzo del deserto e stiamo facendo il bagno in un fiume, pazzesco!
Ripartiamo verso la città di Bushehr, credendo ormai che il peggio del caldo sia alle nostre spalle ma avremo tempo per ricrederci! Pernottiamo e mangiamo in un albergo in città barattando la colazione con la cena (il servizio ristorante era chiuso).
10 luglio
La mattina seguente, appena dopo l'alba, siamo già sulle moto con l'intento di sfruttare le ore più fresche della giornata ma è pura illusione, la temperatura è già di 40° e prevediamo una giornata di fuoco. Mettiamo in atto gli stratagemmi a noi noti per tenere bassa la temperatura corporea (bagnarsi calzoni-gambe, torace e schiena compresa la maglietta e coprirsi con capi imbottiti). Il nastro di asfalto corre rettilineo per decine e decine di chilometri, davanti a noi i miraggi della calura che ci tengono compagnia e ci rammentano delle condizioni estreme in cui stiamo guidando. Attraversiamo delle piantagioni di datteri, la temperatura continua a salire siamo già a 49°, ci ripariamo all'ombra di due case dove nelle vicinanze dei muratori ne stavano costruendo una nuova.
Ripartiamo verso nord, verso la città di Ahwaz, (la prova dei mille!) in una cittadina intermedia chiediamo indicazioni sulla nostra destinazione a un signore che, mentre ci mostra il percorso, ci indica che la macchina appena ferma dietro di noi sta andando nella stessa nostra destinazione e pertanto ci consiglia di seguirla, cosa che noi non facciamo. Siamo sulla strada per Ahwaz la temperatura continua a salire ormai e siamo costantemente tra i 50 e 51 gradi.
Le condizioni del viaggio sono estreme, il traffico è presente ma a singhiozzo, potevano passare camion e macchine in cinque minuti come per ore non vedere nessuno, la nostra velocità è ridotta (70 km/h massimo) sia per non essere letteralmente ustionati dall'aria calda sia per evitare di stressare meccanicamente il “mulo” ed il “mostro“. Una sosta forzata in pieno sole è l'ultima cosa di cui abbiamo bisogno. Durante questi chilometri il motore della Tbird butta su dell'aria calda da farmi impazzire, non sapevo più dove mettere le gambe che mi sentivo bollire ed in più avevo ovviamente il casco senza il quale l'insolazione sarebbe stata inevitabile, le condizioni erano estreme ma la mia forza mentale le dominava.
Dopo circa 300 km siamo all'ingresso di Ahwaz e con nostra sorpresa veniamo affiancati e fermati da un signore in compagnia di sua figlia, ci dicono che sarebbero stati felici di invitarci a casa loro chiedendoci di seguirli (sono quelli della macchina che era dietro di noi e che avremmo dovuto seguire!), abbiamo un attimo di esitazione sia perché volevamo subito infilarci nella stazione di servizio sulla nostra destra e sia perché la temperatura era ormai a 52° e non ne potevamo più, ma come rifiutare cotanta gentilezza? La curiosità ha vinto. La ragazza invita Maryna a salire in macchina dove può godere della frescura dell'aria condizionata lungo i 15 km che ci separano dalla loro abitazione liberandola dall'obbligo di tenere il velo per stare più fresca.
Mi trovo in questo momento al “border line” della disidratazione, non avevo più acqua, cotto come un tamburo; appena entrati in città chiedo agli occupanti le macchine che affiancavo se avevano da darmi acqua. Bene è successo il finimondo; anche chi aveva visto da lontano la mia richiesta faceva manovre strane e pericolose per raggiungermi, rischiando anche di fare incidenti, pur di offrirmi le loro bottiglie che, anche se aperte, (alla faccia della cautela) bevevo a canna infilandomene alcune nel giubbotto.
Ero talmente stanco e provato dal caldo del deserto, avrò bevuto circa 10/12 l di acqua lungo il tragitto, che mi sono addormento appena dopo mangiato risvegliandomi con una coperta posata dalla padrona di casa sullo stanco guerriero, Antonio e Maryna vedono la scena e nel loro cuore sovvengono tanti ricordi di simili cortesie avute nel corso dei nostri viaggi. Abbiamo imparato che la grandezza di un viaggio non sta nella sua dimensione ma nei mille particolari di vita quotidiana che sai cogliere.
11 luglio
La temperatura è decisamente migliore rispetto a ieri, sono appena le 4.30 di mattina e siamo a 40° centigradi, le prime luci dell'alba illuminano uno scenario superbo di montagne aride dai colori striati. Oggi percorreremo circa 600 km a ridosso del confine dell'Iraq., verso le nove del mattino cominciamo a risalire sull'altipiano, le temperature scendono siamo a circa 34° e ci sembra di stare al fresco. In molti tratti la strada dista meno di un tiro di schioppo dal confine con l'Iraq, notiamo molti avamposti militari che costellano la sommità delle montagne sul confine, la tentazione di fare delle foto è forte e appena troviamo un punto adatto ci fermiamo e spariamo foto a tutto andare quando alle nostre spalle spunta un pick-up dell'esercito. Rischiamo il sequestro di tutte le attrezzature per fotografare o riprendere ma i militari con un gesto inequivocabile ci invitano a proseguire oltre, cogliamo al volo il suggerimento.
Volevamo andare a trovare il nostro amico che lavora in Iraq nella città di Sulaymaniyya, siamo a meno di 40 km di distanza, ma le notizie che ci giungono da Mossul parlano di centinaia di morti per mano degli integralisti, decidiamo pertanto di lasciar perdere ogni illusoria idea di entrare in Iraq ; passiamo per Ilam, Kermanshah, Saqqez e nella cittadina di Bukan decidiamo di pernottare, ci facciamo accompagnare, nostro malgrado, al migliore albergo della città per scoprire che sarà una delle peggiori camere da letto che ci siano mai capitate, ceniamo in camera dopo aver fatto spesa in un negozietto poco distante.
Quando siamo in camera affacciati a guardare il paesaggio di campagna che si apre dietro all’albergo ci capita di assistere ad una scenetta molto simpatica comprovante una delle numerose contraddizioni di questo paese: un motorino si avvia frettolosamente su una strada sterrata per poi arrestarsi dietro a un cumulo di terra, il conducente con fare guardingo scruta intorno a sé e, accertatosi di essere solo, tira fuori dalla maglietta una lattina e si accovaccia dietro al cumulo di terra, continua a scrutare intorno a sé quando ad un tratto sentiamo il sibilio dello strappo del tappo della lattina di birra che l'uomo comincia a bere avidamente; commentando la scena con il mio vocione bitonale l'uomo si avvede di noi che al terzo piano ce la ridevamo facendoci segno di tacere e riprendendo a bere furtivamente la sua birra (dentro di me ho pensato: beato lui, io non posso più bere, ho già dato troppo nella mia vita).
12 luglio
Ci aspetta l'ultima tappa in Iran, ci dirigiamo verso Urmia per avviarci poi alla dogana con la Turchia dove incontriamo un caos tremendo, i camionisti e gli autisti ci fan segno di continuare ad andare avanti, dopo aver superato la colonna lunghissima di camion e macchine, un funzionario della dogana ci viene incontro e ci prende in custodia, nel giro di mezz'ora abbiamo finito il rito della dogana compresa la liberatoria sul carnet di passaggio in dogana. Siamo incastrati tra i camion, macchine e profonde buche, dobbiamo ancora attraversare la dogana turca, qui il marasma sembra al completo, macchine e camion intrecciati in un groviglio quasi sensuale e le nostre moto sembrano dei fuscelli in balia di un'onda metallica. La fortuna è dalla nostra parte poiché incrociamo un funzionario turco che ha studiato a Baku e parla correttamente il russo, per noi è una manna dal cielo poiché grazie a Maryna, che è di madre lingua russa, riusciamo in meno di mezz'ora ad essere fuori dal caos.
Procediamo verso il lago di Van, i primi tratti di strada turchi ci fanno rimpiangere la qualità delle strade iraniane, molti tratti sono in manutenzione e per i primi 50 km percorriamo solo piste bianche sulle quali mi devo impeganre per mantenere la stabilità del mio toro scatenato!!!!!!. Arrivati al lago di Van, lungo il quale di sera bisogna stare molto attenti a non investire le tartarughe giganti che escono dal lago e attraversano incaute la strada ,facciamo rifornimento presso un moderno distributore e rimpiangiamo i prezzi del carburante in Iran. Apprendiamo che la zona non è molto sicura. Naturalmente siamo a conoscenza dello stato di tensione che esiste tra il governo centrale e le popolazioni curde che risiedono nella parte orientale della Turchia.
Presso un distributore un ragazzo, pure lui Biker, ci consiglia di piazzare le tende ad almeno 250-300 km dal posto in cui eravamo in quanto la zona non era tranquilla ed avremmo potuto correre seri pericoli dovuti ai terroristi (in realtà sono combattenti per la libertà del popolo curdo) e spostandosi il giubbotto mi fa intravedere una pistola, ci devo credere? mi sono chiesto. Proseguiamo per circa 180 km sotto una forte pioggia che ci rallenta parecchio e visto che ormai la notte è prossima decidiamo di accamparci in un luogo isolato a ridosso di un piccolo paese, una strada sterrata che sale verso il bosco e Antonio ci sale per tastare il terreno e valutare se potevo andarci con la mia moto; come da accordi presi passati 5 minuti non vedendolo ritornare l'ho raggiunto.
13 luglio
La mattina dopo puntiamo verso Ankara di cui visitiamo velocemente la città vecchia, ci fermeremo circa 200 km dopo Ankara in un autogrill.
14-15-luglio
Ancora 2400 km ci separano da casa, attraversiamo di corsa Istanbul, Sofia e Belgrado e con le ultime energie ci dirigiamo verso il confine Italiano.
15 luglio 2014 ore 18,30 ARRIVO
Sono arrivato a casa, quasi 14000 km percorsi in 18 giorni, 8 kg persi.
Il viso illuminato come Mosè quando è sceso dal monte Sinai!!!
Apro il cancello automatico di casa ed entro in giardino, gli occhi e il sorriso di mia moglie e mia figlia che mi vengono incontro, mia sorella sul balcone di casa che mi saluta, Renzo cosa vuoi di più dalla vita? Niente, sono felice così, SONO UN UOMO FORTUNATO.
Renzo Colombo
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Pianino3080, Roma (RM)Che viaggio spettacolare! Ma non eravate un po sovraccarichi?
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lupo58, Alcamo (TP)Per i viaggi del genere, tutti i biker dicono che il tipo di moto ideale è l'enduro stradale. Ho visto che tu hai viaggiato con la T Bird. Mi dici come ti sei trovato e se la ritieni valida per un viaggio in giro per il mondo. Grazie Seby