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Viaggi: Italia - Montenero in sella al Burgman 400

- Ne avevamo tanto parlato da mesi, ci avevamo fantasticato sopra, sognato grandi avventure, immaginato chissà quali grandi imprese e adesso la realtà ci cadeva addosso, era il momento di decidere, adesso o mai più!
Viaggi: Italia - Montenero in sella al Burgman 400

Alla fine di luglio arriva una telefonata: “ Noi fra tre giorni partiamo, allora è la volta buona che venite con noi a fare un giro in moto? La nostra meta sarà il Montenero passando prima da Belgrado. Adesso che avete lo scooterone, il vostro nuovo fiammante Burgman 400, non avete scuse, andiamo!”
Attimi di smarrimento... ne avevamo tanto parlato da mesi, ci avevamo fantasticato sopra, sognato grandi avventure, immaginato chissà quali grandi imprese e adesso la realtà ci cadeva addosso, era il momento di decidere, adesso o mai più.
Impossibile dire di no, se rifiuti ora lo rimpiangerai per tutta la vita, abbiamo detto SI e il 3 agosto siamo partiti.
Cosa può spingere improvvisamente un gruppo di attempati signori a partire per ripercorrere le emozioni di “ easy rider” ? Ancora me lo chiedo perché di quel gruppo facevo parte anche io. Non siamo più giovani e il sogno americano è ormai finito anche in America, ma adesso ci sentiamo veramente liberi di fare tutto ciò che non abbiamo potuto fare quando avevamo l'età giusta, ma eravamo troppo inesperti, troppo insicuri, troppo squattrinati, o troppo impegnati... tutti impedimenti che ora non esistevano più, un solo dubbio: e se fossimo ormai fuori tempo massimo?!
Non si può dire che fossimo un folto gruppo: solamente 4! Ho detto attempati, mi correggo, uno non è ancora pensionato e anche grazie a lui gli altri possono godere della meritata pensione! Diciamo dunque un giovane e tre pensionati, ma con uno spirito molto giovanile.
G.P. è il giovanotto del gruppo, è lui la mente pensante della compagnia, lui che ha individuato la meta, studiato l'itinerario e fatto un programma, che poi sarebbe: “Riempiamo il serbatoio della moto e partiamo! I dettagli li verificheremo durante il percorso quando ce ne sarà bisogno....”. In effetti però si deve riconoscere che era lui quello che sapeva orientarsi meglio e riusciva sempre a trovare la strada giusta, guidandoci con la sua BMW 1200; ancora lui che si dava da fare per trovare l'albergo, contrattare il prezzo, cercare il ristorante... anche perché era l'unico che parlava un inglese decente, quindi se non si volevano perdere ore in estenuanti tentativi di conversazione, gli conveniva prendere in mano la situazione.
Che dire di R.R., anche lui possiede una grossa BMW 1200, lui e la sua moto si assomigliano come dimensioni e come stazza, quando impugna il manubrio per partire formano un corpo unico e quando scende la sua pancia, schiacciata per ore contro al serbatoio, sembra essersi miracolosamente ritirata. La salita e la discesa da quel bolide sono i momenti più critici, la punta dei piedi volteggia a sfiorare il terreno e mentre lo guardi ti chiedi ansioso “ ce la farà?”, ma è una pura domanda retorica perché ogni volta puntualmente senti il rombo del motore che annuncia l'avvenuta partenza.
Se poi dietro al sedile del passeggero viene legata una bella valigia rossa che rende più difficoltoso lo scavalcamento, come è successo in questo viaggio, allora il balletto per la salita si fa particolarmente artistico, iniziano i volteggi di gambe e busto finché con un piegamento e una piroetta alla Carla Fracci la gamba destra riesce finalmente a scavalcare la sella e il sedere si deposita sul sedile del pilota, un piccolo tocco con la punta del piede e il miracolo è compiuto, si può partire!
G.G. è l'eterno ragazzo, è quello che pensa di di poter fare a sessanta e passa anni quello che faceva a venti. Il problema è che molto spesso ci riesce, quindi questo gli conferma di essere nel giusto e persevera nella sua follia. Lui è il braccio della compagnia, vale a dire che qualunque cosa si rompa o non funzioni lui riesce sempre ad aggiustarla, con mezzi di fortuna e fantasia se non c'è altro. Se per caso non dovesse riuscirci però diventa nervoso, il tono della voce cresce, il linguaggio si fa pesante... quindi conviene stargli lontano e aspettare che trovi una soluzione o si convinca che proprio non ci può fare niente.
Poi ci sono io, non mi tiro certo indietro, anche su di me ce ne sono di cose da dire...
Una motociclista d'altri tempi, quando vedere una donna in moto provocava sguardi curiosi e meravigliati, risolini di compatimento e agitar di teste in segno di disapprovazione. Ma io orgogliosa e testarda continuavo per la mia strada finché, giunta alla consapevolezza dell'età matura, ho preso la decisione di smettere di guidare perché ora credo si possa vivere anche senza usare motori individualmente, ci sono tanti altri mezzi alternativi per spostarsi, soprattutto poi se hai qualcuno in famiglia che ti fa da autista. E così ho aderito subito con entusiasmo anche io a questa idea del tour in moto, mi sono issata sul sedile posteriore del nostro scooterone e mi sono fatta portare, comodo si ma non poi così tanto.

Il problema più grosso è stato quello del bagaglio: cosa porto e come faccio a metterlo in uno spazio così ridotto? Sono una che di solito non ha grosse pretese e certo non raggiungerò mai il livello di mia cugina Teresa che ad ogni piccolo spostamento si deve trascinare dietro un trolley pieno solo di cosmetici, senza contare tutto il resto... però stipare tutto in un bauletto di 40x30 cm non è certo impresa facile, e se c'è caldo? E se c'è freddo? E se piove? Il minimo indispensabile ci vuole! Dopo aver fatto, guastato e rifatto il bagaglio una decina di volte, decido che va bene e chiudo definitivamente il baule.
Prima di partire però bisogna ancora compiere l'operazione casco, che consiste nel prenderlo a martellate, a fin di bene ovviamente. Mi spiego. Quando ho cominciato ad usare il mio casco nuovo per fare viaggi oltre 100 km, mi sono resa conto che era troppo stretto e mi provocava un dolore terribile alla tempie, il rivenditore mi ha detto che sarebbe stato sbagliato prendere una taglia in più della stessa marca, dovevo piuttosto cambiare marca, cioè comperare un casco nuovo! Non avendo certo voglia di spendere altri soldi, sono ricorsa al sistema martellate e cioè G. al grido “Ci penso io” ha preso un pezzo di legno, un martello e a forza di picchiare sul polistirolo del rivestimento interno è riuscito ad allargarlo ed ha funzionato, sono stata benissimo per tutto il viaggio!

3 Agosto


L'appuntamento è al casello di Ferrara Nord venerdì 3 ore 15.
Ma io e G.G. siamo a Pavana, quindi Pavana – Modena 100 km, Modena -Ferrara altri 100 km e così noi partiamo con 200 km già macinati, altrettanti in più ne faremo al ritorno, da mettere quindi in conto quando si farà il consuntivo della distanza percorsa.
Arriva finalmente il momento in cui ti chiudi la porta alle spalle e si apre davanti a te un orizzonte di nuove affascinanti esperienze, visioni di nuovi mondi, incontri speciali con persone sconosciute, degustazione di nuove specialità culinarie.... insomma si parte!
Ovviamente però il percorso Modena Ferrara non si fa in autostrada, l'autostrada in moto è di una noia mortale, vuoi mettere le stradine basse delle nostre campagne?
Certo, giustissimo, a patto però di conoscere bene le strade ed individuare quella giusta da percorrere. Il navigatore? Ma no, a cosa serve? E' una inutile zavorra che crea solo peso, approfittiamo di questa occasione per liberarci almeno per qualche giorno dalla schiavitù della tecnologia, ce la possiamo cavare benissimo anche da soli senza strumenti tecnologici. E per fortuna siamo partiti con un buon margine di anticipo, perché ci siamo persi subito in quelle belle stradine basse, ma naturalmente la colpa era della segnaletica stradale che in Italia è sempre imprecisa, confusa o addirittura contraddittoria, quando c'è, e molto spesso non c'è per niente o è nascosta con cura! E questo immagino sia un altro dei motivi che scoraggiano i turisti a venire in Italia.
Nonostante però la segnaletica stradale congiurasse contro di noi, siamo riusciti ad arrivare puntuali all'appuntamento e dal casello di Ferrara nord è cominciato il nostro vero viaggio.
Non si può dire che le stelle ci siano state favorevoli all'inizio, infatti dopo pochi chilometri troviamo l'autostrada interrotta causa incidente e siamo costretti a metterci in fila e a percorre un lunghissimo giro che ci farà ritardare di alcune ore rispetto alla tabella di marcia stabilita da G.P. (L'avevo detto io che era meglio fare le strade basse...)
A causa dell'enorme ritardo accumulato per la chiusura dell'autostrada, la nostra prima tappa non è stata Zagabria, ma Lubiana, e questo ha provocato un malcelato senso di soddisfazione in G.P. che vedeva confermata la sua teoria “ i dettagli li definiremo poi lungo il percorso”! Arrivare alle 9 di sera nel centro di una grande città e cercare un albergo potrebbe essere un grosso problema, soprattutto se sei stanco e affamato, ma non vuoi spendere molto. Così, dopo un paio di tentativi, ci rassegniamo a scegliere un hotel a 4 stelle. Fortunatamente però i prezzi sono la metà di quelli italiani e la colazione al mattino è davvero sontuosa.
Appena sistemate le moto in garage (che è la cosa più importante, perché si può pure dormire su un pagliericcio, ma le moto devono avere una loro collocazione al sicuro!) e scaricati i bagagli in camera, usciamo subito a visitare Lubiana by nigth.
Davvero fantastica! Il centro pedonale è pieno di gente, bar, ristoranti sul lungo fiume, giovani che passeggiano, e mi sembra non siano solo turisti. A questo punto penso a tutti i centri storici pedonali che ho visto in giro per tutta Europa e mi tornano alla mente le lotte feroci che sono state portate avanti a Modena quando si è cominciato a parlare di pedonalizzare il centro storico...e ancora oggi, che si vorrebbe allargarlo, i negozianti sono già pronti a riprendere la battaglia con il coltello tra i denti.... siamo in Europa, ma sembriamo su un altro pianeta.

4 AGOSTO


La mattina successiva concludiamo la visita al centro della città con la salita al castello, quindi via veloci verso Zagabria. Arriviamo in questa città con un giorno di ritardo rispetto a quanto programmato, ma grazie all'esperienza del giorno precedente ci fermiamo in periferia per cercare un albergo, e in effetti ne troviamo uno dignitoso, economico e con il posto moto nel giardinetto all'ingresso.
Visitiamo Zagabria alla giapponese, stile mordi e fuggi: facciamo chiamare un taxi (qui costano pochissimo) per andare in centro e lì saliamo su uno di quei grossi autobus scoperti per turisti, che fanno il giro della città. Detto fatto, ci forniscono le cuffiette per la guida audio e in una ora e trenta minuti abbiamo visto scorrere davanti ai nostri occhi tutto quello che c'era da vedere a Zagabria, compreso il monumento al famoso Strossmayer (ma chi era costui? Ricordarsi di fare subito una ricerca in internet quando sarò a casa, vedi se avessi lo smartphon collegato alla rete... sarei meno ignorante!).
E' in questa città che si è compiuto il misfatto. Tutto in realtà, senza che lo sapessimo, era cominciato al distributore di benzina del casello di Ferrara nord, dove G. aveva fatto benzina. Arrivato a Zagabria ha pensato che, nonostante tutti accettassero gli euro, sarebbe stato meglio avere a disposizione un po' di moneta locale, va quindi a cercare un ufficio cambi mentre noi lo aspettiamo seduti su una panchina per un po' di relax. Dopo poco lo vediamo tornare e già da lontano si nota una espressione tra allibita, incavolata, depressa... “ Mi hanno fregato proprio a Ferrara. Sono falsi!!!”
Si trattava di solo 10 euro, ma la fregatura bruciava, eccome! Cosa fare? L'unica soluzione possibile che ci è venuta in mente subito è stata “fai agli altri quello che hanno fatto a te”. Il piano era andare a cena e pagare liberandoci di quel denaro che scottava, tanto lì non se ne accorgeva nessuno. E così abbiamo fatto. Da consumati delinquenti abbiamo individuato un ristorante molto affollato, dove il via vai di clienti, soprattutto turisti, creava molta confusione, i camerieri dovevano andare di corsa per rispondere alle mille richieste e non avevano tempo di badare troppo ai dettagli. Al momento di pagare avevamo ormai l'aria dei congiurati, abbiamo consumato il nostro delitto, cioè pagato il conto, e ci siamo allontanati il più velocemente possibile, il cuore batteva forte, ci sentivamo colpevoli e ci opprimeva il terrore di sentirci chiamare indietro... ma il misfatto è stato compiuto e nessuno se ne è accorto. Abbiamo rischiato l'infarto, ma la missione è stata portata a termine, e tutto per 10 euro!
Al rientro in hotel ci autoconvochiamo per una riunione operativa: bisogna fare il punto della situazione e decidere il percorso dei prossimi giorni. Andiamo al bar, scegliamo un bel tavolo e scioriniamo sopra tutte le carte, mappe, guide che abbiamo a disposizione. Adesso sembriamo grandi strateghi che devono stabilire piani di battaglia. “Bene, allora il nostro prossimo obiettivo sarà Belgrado. Ma, un momento, fino ad ora non ci siamo neanche accorti di aver passato delle frontiere, ma con la Serbia come funzionerà? Chissà se ci saranno particolari formalità da sbrigare alla frontiera” Ci guardiamo con aria perplessa, dubbi e sospetti ci attraversano la mente, cosa avevo detto a proposito della programmazione dettagliata prima della partenza?! Meglio però stare zitta e non suscitare polemiche, siamo solo all'inizio del viaggio.
L'unica soluzione che troviamo nell'immediato è chiedere al padrone dell'hotel e lui gentilissimo si offre di telefonare alla frontiera per informarsi. La risposta ci lascia nello sconforto: è necessario il passaporto e R.R. ne è sprovvisto! “ Tanto non mi serve mai, cosa lo faccio a fare? E poi non avevo tempo per tutta quella burocrazia.” Glissiamo su queste dichiarazioni e ci rituffiamo invece nelle carte per trovare una meta alternativa. La ricerca è molto più facile di quanto pensassimo, la meta è presto trovata: Sarajevo, il ché non si può certamente considerare un ripiego. Dopo aver controllato il percorso possiamo andare finalmente a dormire soddisfatti, ci aspettano ancora tanti luoghi interessanti da vedere.

5 AGOSTO


La mattina partiamo presto nella illusione di poter viaggiare con un po' di fresco e dopo un percorso tortuoso fra cantieri e autostrade in costruzione, arriviamo a Sarajevo alle 14,30, proprio l'ora giusta. Anche questa volta però, vista l'esperienza positiva di Zagabria, cerchiamo un hotel in periferia e ne troviamo uno che ha un nome che è tutto un programma: “Hotel Italia”, ma di italiano non ha proprio niente. Il prezzo è più che abbordabile, 56 euro la doppia, ma quando saliamo in camera riscendiamo subito alla reception a chiedere se per caso non si sono sbagliati, perché la camera in realtà è una suite con ingresso, salotto, terrazzo... ma ci dicono che è tutto a posto, va bene così. Non credo ci abbiano fatto un trattamento speciale, forse hanno così pochi clienti da potersi permettere queste assegnazioni o le camere in realtà sono tutte così, meglio non approfondire, godiamoci questo mini-lusso a basso costo e prepariamoci a conoscere questa città. Prendiamo il solito taxi, dato che qui costano sempre poco, e andiamo a visitare il centro, visto che la periferia è come tutte le periferie del mondo: enorme, squallida, caotica. Il centro invece è veramente affascinante, sembra un suk pieno di negozietti di ogni genere, tanti turisti e tante moschee, è decisamente una città a impronta musulmana, ovunque vedi spuntare le torri dei minareti e gli abitanti hanno un abbigliamento tipico dei paesi arabi.
Mi lascio trascinare dall'atmosfera di mercato arabo e vorrei scatenarmi nell'acquisto di souvenir, ma lo sguardo di G.G. mi fulmina “Ricordati che siamo in moto, niente pesi eccessivi.”, lo sapevo che un viaggio in moto ha i suoi aspetti negativi... Ma non posso allontanarmi proprio a mani vuote, trovo una calamita da frigo che riproduce un panorama della città, terribilmente chic, ma di peso irrisorio! Ceniamo in un ristorante turco e per una volta G.P. non chiede gli spaghetti alla bolognese e dichiara di aver mangiato bene lo stesso! Stremati dal caldo e dai chilometri macinati, alle 22 siamo già pronti per andare a dormire, non prima però di avere dato una controllata all'itinerario di domani. Tutto sotto controllo, domani ci aspetta Mostar.

6 AGOSTO


La strada verso Mostar è bellissima, in mezzo alle montagne, ma è tutta curve e saliscendi. Costeggiamo un lago poi un grande fiume e lungo le sue rive noto delle strane specie di recinzioni. Alla prima sosta chiedo ai miei compagni cosa siano, ma ho appena finito di parlare che vorrei ricacciarmi in gola le parole perché ho già visto gli occhi di G.G. illuminarsi, sembrava di vedere il suo cervello che faceva girare vorticosamente le idee per trovare la risposta giusta. Infatti G.G. è la persona alla quale puoi chieder qualsiasi cosa, se hai un dubbio, se vuoi un chiarimento o se volessi conoscere cose di cui non sai niente, di qualsiasi argomento, dall'astronomia alla biologia, dall'arte culinaria ai modelli di macchine, state certi che lui nel giro di pochi secondi ha pronta una risposta partorita all'istante dalla sua instancabile mente creativa e la espone con tanta sicurezza che tutti ci credono, almeno quelli che non lo conoscono come me, che ho capito però solo dopo una pluriennale convivenza.
Per la cronaca si trattava di normalissimi allevamenti di pesci, a quel punto non ho osato chiedere di che tipo di pesci si trattasse per evitare altre risposte fantasiose. Man mano che avanziamo il paesaggio si fa sempre più desolato, le montagne diventano sassose con pochissima vegetazione, per chilometri non vediamo villaggi o case, però incontriamo una cosa che ci colpisce come un pugno allo stomaco: cimiteri, sono tanti, grandi, piccoli, in maggioranza musulmani e il fatto che siano così numerosi in un territorio così poco abitato mi fa riflettere sulla estensione e la gravità del recente conflitto combattuto in queste terre. Appena arriviamo a Mostar vediamo subito anche qui i segni della guerra. Prima di tutto il ponte che era stato distrutto, ora ricostruito, ma che delusione, sarà anche uguale a quello originale ma si vede benissimo che è nuovo e non rievoca certo antichi splendori. Anche il centro antico che sarebbe cosi caratteristico con le sue viuzze strette, le gradinate, i percorsi in salita, è quasi inguardabile a causa dei negozi che espongono la loro merce ricoprendo le pareti delle case e impedendo la vista delle prospettive di strade e piazze. Il caldo poi non ci aiuta a guardare con la dovuta attenzione, il termometro sulla moto segnava 42°, pensare che cercavamo di sfuggire ai vari cicloni africani che ci hanno fatto visita questo anno in Italia, ma qui è decisamente peggio. Stanchi e assetati cerchiamo un posto dove poterci rinfrescare e riposare, ne troviamo uno fantastico, è un bar con terrazzo ombreggiato da grandi alberi e magnifica vista sul ponte. Ordiniamo una macedonia di melone e cocomero, quello che ci vuole per combattere l'arsura, ma mentre sto gustando questa delizia il boccone mi si ferma in gola e rischio di soffocare nel tentativo di gridare: “Aiuto, è caduto!” e mentre sto per gridare noto i numerosi immancabili turisti giapponesi che sono tutti in piedi a scattare foto, allora ho capito: erano ragazzi che si tuffavano dal ponte per i turisti e per soldi, naturalmente! Non so se è stato prevalente il senso di ammirazione per il coraggio di quei ragazzi o di compassione per il modo in in cui cercavano di raggranellare qualche soldo, d'altra parte questo episodio era confortante se si pensa che solo pochi anni fa giovani come questi sarebbero stati in guerra a combattere e a rischiare la vita per un ideale, ma quale? Perché distruggere tante vite umane? A cosa è servito? Noi ora passeggiamo tranquillamente leccando un gelato, ma i segni della guerra sono ancora molto visibili intorno a noi, si vedono, accanto a case rimesse a nuovo, altre che mostrano ancora i buchi delle mitragliatrici e i crolli provocati dalle bombe, mette i brividi pensare che lungo queste strade non molto tempo fa si moriva, mentre ora possiamo chiacchierare tranquillamente e abbiamo il coraggio di lamentarci pure pure del caldo.
Mentre ci avviamo per recuperare le moto, il mio sguardo si posa su un cartello stradale che dice: “Medugorie 24 Km”, le mie antenne si drizzano. “Guardate, facciamo un salto per vedere come è?”. Silenzio, sembrano tutti concentratissimi ad ammirare altre cose, fingono di non aver sentito, ho capito, sono capitata in un gruppo di miscredenti. Sollecito nuovamente una risposta e finalmente uno mi spiega che, arrivati in prossimità del luogo, bisogna lasciare i mezzi di trasporto e fare un lunga lungo percorso a piedi, “E poi con questo caldo.....” Questa ultima motivazione meteorologica convince anche me, in fondo la mia richiesta non era molto convinta dato che non era certo suggerita da motivazioni religiose, la mia fede ahimè è nulla, ma la curiosità di vedere come si manifesta la fede degli altri è tanta. Mi chiedo a volte se non siano forme di fanatismo quelle che si vedono nei vari santuari, ma poi penso che sono fortunati loro che hanno qualcosa in cui credere così fermamente, forse un po' li invidio.
Riprendiamo quindi il viaggio in direzione Kotor. Il paesaggio è arido, sassoso, sempre in mezzo alle montagne, solo poche fette di pianura coltivate. Scorrono i chilometri e ci rendiamo conto che da un po' non si vede più G.P., inevitabile pensare al peggio, allora ci fermiamo nella prima piazzola disponibile in attesa di vederlo spuntare e finalmente, dopo alcuni minuti arriva. Non facciamo in tempo a chiedergli cosa sia successo che lui scende dalla moto sventolando in mano una strana cosa, solo quando è vicino riusciamo a riconoscere una targa. “R., guarda un po' qua, per fortuna c'ero io dietro e ho potuto raccoglierla! Adesso come faremo alla frontiera?” A questo punto vedo che gli occhi di G.G. si illuminano, mi sembra di vedere le idee che gli frullano nel cervello ed è già pronto a fornire 6/7 soluzioni diverse, ma subito R.R. lo frena: “Lascia perdere, cosa vuoi fare qui in mezzo alle montagne? Quando arriviamo a Kotor la faremo sistemare”. Nel frattempo studiamo la strategia per superare la frontiera indenni, da consumanti delinquenti quali siamo, data la recente esperienza. Rimarremo in stretta fila indiana tenendo R.R. al centro, sperando così di evitare che l'occhio dei doganieri cada sul posteriore della moto in mezzo.
E infatti entriamo in Montenero senza alcuna difficoltà, dato che alla frontiera non ci degnano di uno sguardo, a parte far finta di controllare le nostre carte di identità.
Finalmente arriviamo a Kotor e sono già le 19. Siamo sul mare è un luogo turistico molto affollato e non si trova posto in hotel, notiamo che ovunque si vedono cartelli “affittasi appartamento/camere”, ma anche per questa soluzione la ricerca è difficile.
Dobbiamo separarci. Noi troviamo una stanza con bagno di fianco ad una lavanderia, ma quando stiamo per entrare con tutti i nostri bagagli, arriva la padrona che ci dice di tornare fra una ora perché deve fare pulizie! E noi nel frattempo ci aggiriamo fuori dalla porta come dei barboni? Sono stanca, affamata, ho bisogno di una doccia.
“Signora, mi scusi, ma in tutti gli alberghi le stanze sono disponibili delle 12, allora ci farà almeno uno sconto...” Il mio tono era amichevole e scherzoso, ma non l'avessi mai detto, lei drizza le spalle, mento in fuori, sguardo truce, mi risponde: “Se non vi va bene potete anche andare”. Detto fatto, io non ci penso due volte, prendo i miei bagagli e torno alla moto, G.G. vorrebbe trattenermi, ha paura di non trovare altri posti, ma io proprio non ci sto con una persona simile!
Ricominciamo le ricerche di un posto letto e questa volta invece siamo molto fortunati: troviamo posto in un hotel proprio dentro la città vecchia, l'unico inconveniente è che, essendo una isola pedonale non si può entrare con le moto nemmeno per scaricare i bagagli e a questa notizia G.P. cade nello sconforto, doveva abbandonare la sua amata moto in mezzo ad una piazza, lontana da lui in un posto non protetto! “Ma non si preoccupi, non succede niente, le mettono tutti li...” e infatti quando arriviamo in piazza vediamo uno spettacolo straordinario: è una distesa incredibile di moto di tutte le marche e tutte di grande cilindrata, super attrezzate per affrontare lunghi viaggi, per non parlare poi di piloti e passeggeri, sembravano marziani con le loro belle tutine di pelle, i caschi ultimo modello, magari corredati di microfono per parlare con il compagno durante il viaggio, e le borse laterali per il bagaglio... altro che valigia legata con lo spago come certa gente... Mi sono sentita un verme, con la nostra piccola cilindrata e il nostro abbigliamento molto casual!
Trasciniamo il bagaglio fino all'albergo (ma il bagaglio è leggero e l'hotel è vicino, si può fare) dove ci sistemiamo, dormiremo qui per due notti, finalmente una tregua alla nostra folle corsa. Alla sera mangiamo in un ristorante che ha i tavoli su una piazza, fa ancora caldo e si sta molto bene, anche perché i piatti sono ottimi, io spazzolo letteralmente il mio di calamari alla griglia, contorno e vino, il tutto per i soliti 10 euro. Dopo cena passeggiamo in questo centro che ci mostra una vita notturna molto intensa e l'atmosfera è veramente piacevole. E' un susseguirsi continuo di bar, ristoranti, locali che fanno musica, tavolini in tutte le pizza e strade, tanti giovani e turisti di ogni età. La città vecchia è molto piacevole, ma non ho ancora capito che mare frequentano tutti questi turisti, dato che non ho ancora visto spiagge come dico io, ovvero come le nostre. Domani avremo tempo per fare un giro nelle località balneari qui vicino, così potremo renderci conto della situazione.

7 AGOSTO


Ho dormito benissimo e mi sveglio presto, così alle sette scendo giù a fare colazione, ma qualcuno si è alzato prima di me: G.P. sta già rientrando, è andato a controllare se la moto c'era ancora e in quali condizioni fosse, forse le ha chiesto anche come ha passato la notte, dato che non aveva potuto rimboccarle le coperte, è proprio una di famiglia! Anche G.G. si è alzato presto e rientra ora con un sacchetto in mano, lui, molto più prosaico, è stato nel vicino forno a comperare brioches calde al cioccolato, fantastico! Mentre gusto questa deliziosa colazione non ho certo tempo di pensare alle moto. Rinfrancati comunque dalla constatazione che la situazione moto era regolare, facciamo tutti colazione molto serenamente e poi iniziamo la parte culturale dell'itinerario di oggi. Si tratta di salire lungo le antiche mura della città per arrivare sul picco che domina il golfo. R.R. non è molto convinto di partecipare a quella che gli sembra una impresa temeraria, ma accetta di accodarsi al gruppo, poi deciderà... G. G. invece parte pieno di entusiasmo, sentiva proprio la mancanza della fatica di una camminata in montagna. All'attacco del sentiero scopriamo che si deva pagare. “E io devo pure pagare per fare tutta questa fatica?!”, ma sono solo 3 euro e convinciamo R.R. almeno a provarci. La salita non è particolarmente faticosa, ma il terreno è molto accidentato e il sole comincia a picchiare duro. Per fortuna non siamo i soli a compiere l'impresa, così lungo il percorso ci fermiamo spesso a parlare con altri che, come noi, cercano scuse per fermarsi un attimo a riposare. In questo modo abbiamo occasione di conoscere una coppia di giovani ragazzi serbi che vivono portando in giro i turisti con la loro barca a vela. G.P. drizza subito le antenne, fa un sacco di domande, si fa spiegare come funziona la cosa e alla fine affascinato dall'idea di una crociera in barca a vela, si fa lasciare tutti i dati per poterli contattare l'anno prossimo, già pensa di riuscire ad organizzare un tour moto-barca e ci guarda con aria di complicità. In questo caso io però passo, amo sentire la terra sotto i piedi e per questo già faccio fatica a viaggiare in moto, figuriamoci poi in barca!
Terminiamo la discesa all'ora di pranzo, stremati un po' per la fatica e molto per il caldo, allora decidiamo di mangiare qualcosa in albergo e di fare un bel riposino, se ne riparlerà verso le 16.
E adesso tutti al mare... finalmente la nostra giornata, anzi mezza giornata, di vita balneare! Montiamo sulle moto senza bagaglio e in maniche di camicia, mi sembra un sogno, manca solo il vento che ti fa volare i capelli, ma del casco non si può fare a
meno. Ci dirigiamo verso una delle più rinomate località marine, Budva. Già mentre costeggiamo la costa delle Bocche di Cataro, nella parte di fronte a Kotor, mi chiedo
che razza di spiagge siano queste. In realtà sono delle piattaforme di cemento che si allungano sul mare per una ventina di metri e larghe non più di 10, le più grandi, prendere il sole li sopra deve essere proprio come stare su una graticola. Evidentemente non hanno di meglio, perché sono tutte piene. Arrivati nella nota località balneare non si può dire che la situazione sia migliore. La spiaggia con la sabbia c'è, ma è profonda al massimo 10 metri e vi sono schierate 4,5 file di ombrelloni, i lettini sono attaccati uno all'altro, se ti giri rischi di cacciare un gomito nell'occhio del vicino. Per fortuna questo non è un nostro problema, io non vedo l'ora di tuffarmi a fare un bagno, mi tolgo velocemente i vestiti perché sotto indosso già il costume e vado... ma che delusione! L'acqua è sporchissima, galleggiano detriti di ogni genere, è torbida e ha uno strano colore marroncino. Entro perché mi sento in dovere di fare questo battesimo, ma quando l'acqua mi arriva alle ginocchia, rinuncio e torno all'asciutto, meglio sedersi in uno dei bar sulla spiaggia e vedere almeno come è la vita vacanziera da queste parti. Intorno a noi tanti gruppi di ragazzi che bevono e scherzano tra di loro. “Guarda quelli, sono di Brescia” e G. mi indica il tavolo vicino al nostro. “Ma va, tu e le tue certezze, come fai a dirlo?” “Semplice, ascolta come parlano.” Tendo l'orecchio e resto allibita: ogni due parole una f....a, incredibile. Per verificare e dimostrare che ha ragione, G. scambia qualche parola con loro, poi chiede da dove vengono e alla risposta che sono di Brescia assume quell'aria che significa “Te l'avevo detto!”. Cerchiamo di imbastire una conversazione, che loro cominciano con : “Siamo venuti in macchina f...a, un sacco di km f...a, ma adesso ci vogliamo proprio divertire f...a”. Un linguaggio davvero raffinato, non c'è che dire! Ma davvero parlano così a Brescia? Spero non tutti! Mi chiedo anche perché abbiano fatto tanta strada per finire in un posto così squallido, un motivo sarà certo i prezzi bassi e un altro forse che deve essere facile trovare compagnia...
La nostra escursione al mare non è stata molto felice, la mettiamo comunque nel bagaglio delle esperienze e concludiamo la giornata con una piacevole cena in un ristorante in riva al mare, concediamoci pure questi lussi finché siamo qua e ce lo possiamo permettere.

8 AGOSTO


Oggi torniamo a salire sulle montagne, sosta a Cetjnie, l'antica capitale, dove visitiamo la tomba dell'ultimo re e la chiesa con una reliquia di S. Giovanni. Purtroppo però, o per fortuna secondo i punti di vista, le nostre visite pseudo culturali sembrano fatte più per aggiungere una tacca alla nostra lista di luoghi visti che per fare dei seri approfondimenti di conoscenze, ma probabilmente un viaggio in moto non ti mette nelle condizioni favorevoli per visitare musei...
Passiamo dalla attuale capitale Podgorica, ma non entriamo, proseguiamo per arrivare a un famoso monastero che sta in cima a una montagna. La strada continua a salire e si fa sempre più tortuosa, ad un certo punto addirittura l'asfalto sparisce e sembra di percorrere un sentiero di montagna, con una carreggiata strettissima, tutto sassi e buche, quando incrociamo un altro veicolo bisogna rallentare, in certi casi anche fermarsi sul ciglio della strada per farlo passare, e lo strapiombo è dalla nostra parte! La moto fa dei salti terribili, io fatico a tenermi salda e mi procuro dei grossi colpi  contro lo schienalino che, seppur imbottito, risulta molto duro. Dopo un lungo tratto di questa cura la mia schiena, reduce da una caduta con schiacciamento di due vertebre, dà segni di cedimento e chiede una tregua, i colpi contro lo schienale e i sobbalzi mi fanno temere il peggio, allora alzo bandiera bianca, decido che per me è
meglio non proseguire. Facciamo segnalazioni ai nostri compagni, spieghiamo il problema e cosa pensiamo di fare, allora decidono di rinunciare alla salita anche loro, cerco di convincerli che non devono preoccuparsi per me, che posso aspettarli comodamente seduta in un bar del paese vicino e che loro possono proseguire, ma non mi ascoltano, girano le moto e scendiamo insieme, della serie “tutti per uno......”. Sono così decisi che mi viene il sospetto che aspettassero solo una scusa valida per tornare indietro!
Troviamo il solito bar accogliente e ci facciamo un bel gelato e bibite fresche, mentre gustiamo le nostre consumazioni vedo passare un pulmino con una strana scritta, dato che rallenta riesco a leggere e capisco che è una navetta che dalla piazza del paese porta i fedeli al santuario. Cosa avevo detto a proposito della organizzazione precisa del viaggio? Mi sembra però di averlo già detto, mi sto ripetendo un po' troppo!
Delusi per non aver potuto raggiungere la nostra meta e non aver soddisfatto la nostra sete di esperienze mistiche, torniamo sulla strada asfaltata e proseguiamo verso il parco di Durmitor per vedere il lago Nero. Il percorso è sempre in salita con tante curve, ma la strada ora è molto buona e andrebbe tutto liscio se non ci fossero quei grossi nuvoloni neri a preoccuparmi e, come temevo, dopo poco, cominciano a cader i primi goccioloni. In realtà non sono troppo dispiaciuta perché ho comperato una nuova tuta antipioggia e, se non piove, cosa l'ho comperata a fare? Prima che la pioggia aumenti ci fermiamo, compiamo l'operazione “vestizione” e ripartiamo soddisfatti dei nostri acquisti. Sotto la giacca impermeabile non mi bagnerò, ma oltre all'acqua non passa neanche l'aria e sudo come se fossi un rubinetto aperto. Il collaudo comunque non risulta significativo, perché dopo dieci minuti smette di piovere, meglio così, però posso dire di aver provato anche l'esperienza della pioggia, che in un viaggio in moto non può mai mancare!
Proseguiamo sotto un cielo nuvoloso e minaccioso, ma la temperatura è gradevole, dopo tanto caldo, e raggiungiamo in tutta tranquillità Zabljac, che si trova a 1430 msl. Troviamo un albergo economico con un bagno per due camere, e qui ho fatto una esperienza che ancora mi mancava: fare la doccia con una mano sola perché l'altra era impegnata a reggere il “telefono”, ovvero il getto dell'acqua. Ma dico, possibile che non abbiano mai pensato di fissarlo al muro? Eppure non mi sembra una cosa molto difficile! Quando usciamo ricomincia a piovere, così ci rifugiamo di corsa in una panetteria e inevitabilmente assaggiamo brioches e panini locali con grande gradimento soprattutto di R.R.. Appena smette di piovere ci incamminiamo verso il lago, è un passeggiata piacevole di 40 minuti, su una strada asfaltata in mezzo al bosco, è spuntato un tiepido sole che rende ancora più gradevole l'ambiente. A un certo punto però la strada è sbarrata: bisogna pagare il biglietto! Mi sembra una cosa incomprensibile, ma poi mi rendo conto che siamo in un parco nazionale, sarebbe normale anche in Italia, ma qui sono solo 2 euro. Vediamo persone che vanno al lago come se fosse uno stabilimento balneare, evidentemente non possono permettersi altro perché a me non verrebbe per niente la voglia di tuffarmi. La temperatura è gelida rispetto ai 42° dei giorni scorsi, l'acqua è veramente torbida e poco invitante, d'altra parte se si chiama lago Nero, un motivo ci sarà (ricordarsi la solita ricerca postuma su internet...), ma i locali arrivano con il loro piccolo asciugamano, si tuffano senza esitazioni e fanno lunghe nuotate con una naturalezza e sicurezza che noi sull'Adriatico ce lo sogniamo. In mancanza di bagno, io e G. facciamo una passeggiata lungo le rive del lago mentre gli altri due si scatenano con in telefonini per chiamare il loro figli, da bravi italiani “cuore di babbo...”
La lunga passeggiata di ritorno ci fa venire appetito e il clima ci stimola a scegliere una bella zuppa calda, poi carne, formaggio e, vogliamo esagerare, una bottiglia di vino, che non è certo paragonabile ai nostri vini, ma in quella situazione riscalda, mette allegria e va benissimo.

9 AGOSTO


Al mattino percorriamo a ritroso la via che ci aveva portati in montagna fra curve e tornanti e proprio in mezzo ad uno di questi tornanti abbiamo vissuto il momento più intenso, per non dire drammatico, del nostro viaggio: improvvisamente mi sono ritrovata in piedi, mentre la moto era stesa per terra in mezzo alle mie gambe e a quelle di G.. Ancora devo capire come sia successo, G. naturalmente ha esposto un certo numero di spiegazioni tecniche, elaborato teorie meccaniche, ma molto più semplicemente propendo a credere che sia stato un attimo di distrazione e i tornanti, si sa, sono traditori. Dopo esserci assicurati che non avevamo riportato danni di nessun tipo né noi né la nostra moto, l'abbiamo raddrizzata e via, pronti a ripartire, adesso però basta emozioni, mi sembra di averne avute già a sufficienza in questo viaggio.
Alle 14 arriviamo a Dubrovnik. Già all'ingresso della città il traffico è notevole e si capisce che ci sono molti turisti, quindi ahimè non sarà facile trovare posto in hotel, ma vediamo, come a Kotor, cartelli con “affittasi appartamento/stanza” e siamo fiduciosi che una soluzione si troverà. Ci rivolgiamo subito ad una agenzia turistica che riesce a trovarci posto in un appartamento per fortuna dotato di aria condizionata, perché qui sul mare la temperatura è di nuovo elevata e il caldo insopportabile.
Inutile descrivere Dubrovnik che è davvero affascinante, parlo naturalmente della città vecchia, che ha però un grosso difetto: è troppo affollata di turisti! E questo, come al solito, nelle stradine strette impedisce di godere di una visione ampia, completa, corretta di questo centro. Anche noi però abbiamo ovviamente contribuito con la nostra presenza ad aumentare il traffico turistico e anche noi abbiamo goduto dei confort che ci venivano offerti, in questo caso di un ottimo ristorante che serviva squisiti piatti di pesce a prezzi accettabili, anche se molto lievitati rispetto a quelli cui ci eravamo abituati, ma “è l'effetto del turismo bellezza.....”. Fondamentale, per concludere la nostra serata in riva al mare, un bel gelato da leccare mentre passeggiamo per fare ritorno al nostro appartamento.

10 AGOSTO


E' stata una notte d'inferno a causa del caldo. Il condizionatore c'era, ma in cucina e l'effetto fresco non riusciva ad arrivare fino nelle camere da letto, per di più verso mezzanotte si è alzato un vento fortissimo che produceva sibili inquietanti, faceva agitare i rami degli alberi, sbattere porte e finestre, come si può dormire in queste condizioni?
La mattina successiva ci alziamo ancora assonnati e con gli occhi pesti, ma dopo una lavata con acqua fresca siamo vispi e scattanti perché ormai cominciamo a sentire odore di casa, carichiamo in fretta le moto e partiamo per Split, ultima tappa in terra straniera, dove ci imbarcheremo sul traghetto che ci porterà in patria.
Arriviamo alle 14 illudendoci di poter partire subito, ma ovviamente il traghetto non era stato prenotato, quindi è risultata dura l'impresa di trovare posto senza spendere un capitale, ci dobbiamo accontentare di un posto poltrona e dobbiamo aspettare fino alle 20, ora della prima partenza utile per noi. Avremmo tutto il tempo per fare un giro in città, ma nessuno ne ha voglia, intorno al porto c'è un traffico pazzesco, abbiamo girato in tondo per tre quarti d'ora prima di trovare la strada giusta per l'imbarco, cercando di districarci tra sensi unici, incroci senza indicazioni, cartelli stradali nascosti o non decifrabili, indicazioni sbagliate, meglio allora cercare un posto fresco sulla banchina e starsene tranquilli ad aspettare l'ora della partenza sorseggiando qualcosa di fresco.
Le operazioni di imbarco si svolgono regolarmente e rapidamente, così all'ora giusta si parte. Dimenticavo, la targa di R.R. era finita subito dentro al baule, perché la legatura provvisoria non aveva retto e gli unici che hanno fatto storie sono stati i doganieri italiani.


11 AGOSTO


All'alba si comincia a vedere terra e alle 8 attracchiamo sul suolo italico.
Vorrei baciare il patrio suolo, ma non si fa, anche se è un rito che qualcuno ha già compiuto.... e poi siamo si in patria, ma non ancora a casa, dobbiamo ancora macinare molti chilometri prima di poter dormire nel nostro letto! Imbocchiamo subito l'autostrada in direzione nord, riuscendo così ad evitare le interminabili code dei vacanzieri che vediamo scorrere nelle corsie opposte, è il grande esodo di ferragosto che noi abbiamo la fortuna di guardare da spettatori non coinvolti.
Prima di Bologna ci fermiamo per salutarci, a questo punto le nostre strade prendono direzioni diverse, ma naturalmente ci diamo appuntamento a presto per scambio di foto, commenti e altri programmi.
Dopo poco io e G. arriviamo a Modena, ora il nostro tour è veramente finito, ho la schiena a pezzi, le ginocchia che cigolano, le ossa doloranti, il sedere a forma di sella, ma CHE BELLO ANDARE IN MOTO!

(Totale Km percorsi 2700, più o meno...).

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