Lucio Cecchinello: “La MotoGP è lontana per un giovane italiano”
E’ il momento più emozionante, quando si trattiene il fiato prima di tuffarsi a capofitto nell'adrenalinico toboga che per oltre sei mesi li porterà in giro per tutto il mondo: a pochissimi giorni dal primo semaforo verde del Qatar, Lucio Cecchinello, team manager del CWM LCR Honda, vive l’attesa come un bambino che sta risalendo la ripida rampa che precede il tuffo strapparespiro delle montagne russe.
E come in un rapidissimo rewind, rivive le intense giornate dei test invernali, mentre cuore e mente sono già proiettati alle emozioni della gara d’esordio.
«So bene che la stagione 2015 sarà cruciale: per la prima volta scendiamo in pista con due piloti, una sfida impegnativa nella quale dovremo dimostrare di poterci battere senza timori riverenziali con i team più accreditati. Dovremo puntare a risultati di prestigio, anche per ripagare gli sponsor che hanno creduto nel progetto e dimostrare che la fiducia riposta in noi è stata ben spesa».
Un primo risultato lo hai già ottenuto: siete il team dal maggior livello di simpatia e comunicatività del paddock…
«La squadra è davvero ben assortita: nello stesso box convivono esperienza e voglia di diventare presto un top rider. Tra tutti noi c’è stata da subito una bella intesa: si lavora sodo, ma sempre con il sorriso. Crutchlow è nel pieno della maturità agonistica e può puntare ad finire qualche gara nella top five, coltivando anche il sogno di salire sul podio; Jack Miller dovrà solo tenere a freno la naturale irruenza della giovane età: se saprà utilizzare le prime gare per apprendere i segreti della guida di una MotoGP, senza voler bruciare le tappe, ha la possibilità di essere il miglior rookie della stagione. D’altro canto, il talento non si discute: già nei primi test ha mostrato di saperci fare ed il salto dalla Moto1 oggi non appare più un azzardo».
Auguriamo a Valentino di continuare fino a cent’anni a correre: dietro di lui, da team manager, vedi qualche nostro pilota che in prospettiva potrebbe far bene in MotoGP?
«Sarebbe bellissimo – ci risponde con un sorriso un po’ amaro – avere nel team un pilota italiano, ma si tratta di una prospettiva al momento non realistica, a breve e medio termine. Quello della cura del vivaio dei piloti è un annoso problema, che altre nazioni hanno affrontato e risolto in maniera brillante, com’è facile verificare leggendo i nomi in griglia. Se proprio dovessi fare un nome, dico Bastianini: tra i giovani, pare possedere le potenzialità per approdare nella massima classe. Ma deve crescere senza fare il passo più lungo della gamba, con equilibrio e senza farsi travolgere dalla pressione».
Moto ed elettronica: qual è il tuo giudizio su questo rapporto?
«Sono assolutamente a favore dell’uso dell’elettronica sulle moto da competizione: grazie ad essa, la sicurezza dei piloti è cresciuta e sempre di più bisognerà lavorare in tal senso. Il motociclismo è una specialità con un naturale fattore di rischio per chi lo pratica, e ben vengano allora scelte tecniche che senza penalizzare il divertimento, l’agonismo e le capacità di guida dei piloti, aumentino le garanzie per chi scende in pista. Non credo allora sia un’eresia prevedere che in un prossimo futuro arriveranno anche in MotoGP sistemi come l’ABS».
Non c'è bisogno di sviluppare nulla in quanto nell'automotive si conoscono tutte le problematiche dell'Abs da ormai 20 anni.
Oltretutto io ritengo che in moto spesso sia meglio non averlo...