MotoGP 2016. E’ stato giusto correre dopo la morte di Salom?
MONTMELO’ – Dopo un fine settimana difficilissimo per la morte di un ragazzo di 24 anni, è giusto chiedersi: è stata la scelta corretta continuare e disputare il GP? E’ quasi impossibile rispondere, perché, come dice Valentino Rossi «E’ complicatissimo tornare in moto dopo un avvenimento del genere, ma, d’altra parte, non correre purtroppo non cambia la situazione. E poi, fra due settimane saremmo comunque nuovamente in pista». Ma è comprensibile anche l’opinione di Danilo Petrucci. «Abbiamo continuato per volere della famiglia, per ricordare Luis, ma io avrei preferito fermarmi e ricordarlo in un altro modo» ha detto sabato Danilo, in un pensiero condiviso da tanti suoi colleghi. Perché non è vero, come ha sostenuto Carmelo Ezpeleta durante la conferenza stampa di sabato, che «nessun pilota ha chiesto di fermarsi»: in molti, soprattutto tra i protagonisti della Moto2, hanno quanto meno pensato che non fosse opportuno continuare.
BISOGNAVA FERMARSI
Fino a domenica mattina ero fermamente convinto che fosse il caso di fermarsi, perché i piloti sono persone straordinarie, capaci di esaltare con imprese fuori dal comune, ma pur sempre degli essere umani, con le loro debolezze, fragilità, insicurezze, momenti di tensione e nervosismo. Ecco quindi che certe reazioni fuori luogo diventano più comprensibili, come la risposta piccata di Johann Zarco in conferenza stampa sabato pomeriggio a una normale domanda: il campione del mondo della Moto2 era scosso, tra i più colpiti del paddock per la morte di Salom e anche una semplice considerazione è stata presa come una provocazione. E’ vero che in moto, questi ragazzi sono capaci di isolarsi e le tre gare lo hanno dimostrato, ma continuo a pensare che fosse più giusto fermarsi un attimo a riflettere.
Poi, però, accade l’imprevedibile: una gara pazzesca in MotoGP, una sfida tra Valentino Rossi e Marc Marquez tanto tenace quanto leale, conclusa con una stretta di mano. I due non si parlavano da Sepang 2015, addirittura non si guardavano: la morte di un collega, di un amico, di un ragazzo come loro li ha fatto riavvicinare. E allora pensi: è stato giusto andare avanti, la volontà della famiglia - «correre per onorare la passione di Luis» - più che rispettata. Ma se venerdì invece di un pilota della Moto2 fosse deceduto uno della MotoGP si sarebbe continuato? Io dico di no.
Il valore di una vittoria in una gara del motomondiale è oggetivo e nemmeno questo dev'essere condizionato da altro..
Se una persona vede questi due valori posizionarsi contemporaneamente nel medesimo contesto, ha sempre una scelta da fare: o li confronta e sceglie uno dei due a seconda di quale ritiene più importante e agisce di conseguenza.
Chi ritiene di dover onorare la perdita di un pilota, lo fa nel suo personale silenzio e rifiuta di guardare la gara.
Chi si ritiene di essere in grado di poterli onorare entrambi senza mischiare o confondere ciò che rappresentano, dev'essere in grado di dare il giusto peso e un'adeguata valutazione alle cose.
Io rispetto entrambe le scelte e non le ritengo assolutamente opinabili perché soggettive.
Chi invece pretende di commentare entrambi i due eventi diametralmente opposti se osservati nella sfera emotiva e giudica un evento con il parametro dell'altro o viceversa è una persona molto confusa! Se invece giudica chi sceglie di rispettarli, onorarli e seguirli entrambi con i rispettivi pesi totalmente diversi e separati è un ipocrita che pensa di fare della morale, quando di morale in lui alberga solo l'ipocrisia.