MotoGP 2019. Marc Marquez: "Non sono ossessionato dai titoli di Rossi e Agostini"
BURIRAM - L’ottava meraviglia arriva al termine di una gara per certi versi scontata, ma comunque combattuta fino al traguardo, dopo 15 GP da dominatore assoluto: a parte l’errore in Texas, probabilmente causato da un problema tecnico, Marc Marquez è arrivato nove volte primo e cinque secondo.
Come dire, la stagione perfetta. Lui dice che sarà difficile ripetersi, ma la verità è che Marquez, ogni anno, diventa sempre più forte. Ecco tutto quello che ha detto al termine di un’altra giornata per lui memorabile, iniziando dal racconto della gara.
"Come avevo detto giovedì, ho corso come se fosse un GP normale, che avrei provato a vincere come sempre, anche se Dovizioso era più indietro. Quartararo è stato velocissimo, ha guidato benissimo, a un certo punto è anche scappato. Ho pensato di fare due giri al massimo: se l’avessi ripreso, avrei provato a vincere la gara, come poi è successo.
Negli ultimi 10 passaggi l’ho controllato meglio e, seguendolo, ho deciso di attaccarlo all’ultimo giro, sapendo che lui ci avrebbe riprovato all’ultima curva. E’ un avversario forte: l’anno prossimo ci sarà anche lui per il campionato, guida la Yamaha un po’ come faceva Lorenzo quando era velocissimo con quella moto. Mi aspettavo che Dovizioso fosse più pericoloso e Vinales più vicino".
E’ stata la tua miglior stagione?
"Sì, adesso lo posso dire. Nel 2014 avevo conquistato 10 GP consecutivi, ma allora c’era grande differenza tra la mia moto e le altre. Adesso la situazione è molto più equilibrata, ogni gara possono vincere 3-4 Case differenti. Noi siamo migliorati nei nostri punti forti, abbiamo limitato quelli deboli. Se guardi il vantaggio in classifica, potrebbe sembrare che è stata una stagione facile, ma non è facile gestire la pressione: tutti ti aspettano al varco, tutti ti vogliono battere. Questo è uno sport di squadra, anche se sulla moto vado solo io: la squadra ha mantenuto la stessa concentrazione. E’ stato fatto un lavoro incredibile".
Qual è stato il segreto della stagione?
"La costanza. Alternativamente, sono andati forte le Ducati, le Yamaha e le Suzuki, ma noi siamo sempre rimasti lì".
Dopo tante vittorie e titoli mondiali, come si fanno a trovare le motivazioni?
"Ogni anno è differente, ci sono sempre nuovi avversari, come Quartararo: sembrava fosse arrivato troppo presto in MotoGP, invece ha un grande talento, è uno dei più veloci ed è cresciuto tanto durante la stagione. Questo è uno sport dove il pilota conta un pochino più della moto, ma non è solo il pilota a fare la differenza; è più facile trovare le motivazioni quando hai attorno le persone giuste. Durante l’anno, tutti hanno lavorato benissimo, siamo riusciti a migliorare le prestazioni: la Honda è un’ottima moto, ma non è facile e a inizio stagione abbiamo avuto un po’ di problemi con il freno motore".
Dove sei migliorato in questi anni?
"All’inizio cadevo tanto, troppo: la consistenza era il mio punto debole. Nel 2019 la consistenza è diventato il mio punto forte: conferma che abbiamo lavorato bene".
Nei test invernali in Malesia eri in difficoltà dopo l’operazione alla spalla sinistra: è stato un momento difficile?
"Dopo il 2011 (ebbe problemi alla vista per le conseguenze di una caduta in Malesia, n.d.r.) è stato il periodo più duro della mia carriera. Durante l’inverno non mi sentivo così male, ma quando sono arrivato in Malesia per i test ho capito che ero in difficoltà. E’ stata una lunga convalescenza, tanto che fino a marzo non ho potuto allenarmi con il motocross".
La Honda avrebbe preferito che vincessi il titolo a Motegi?
"No. Ieri sera mi ha mandato un messaggio Namura sun (uno dei grandi capi della Honda, n.d.r.), mi ha scritto: "Mi raccomando, chiudi il campionato in Thailandia". Gli ho risposto: "Grazie della pressione che mi metti…". Adesso si va là per provare a vincere, anche se negli ultimi anni sono sempre caduto dopo aver conquistato il titolo: bisogna cambiare questa statistica".
Cosa puoi dire di Lorenzo?
"Non ha avuto fortuna, ha subito tanti incidenti, fatica a trovare il feeling con la moto. Sono sicuro che la Honda proverà ad aiutarlo, così come farà con Crutchlow: cercheremo di migliorare la RC213V del 2020".
Per cosa ti piacerebbe essere ricordato?"Durante la carriera puoi vincere tanto o poco, ma a volte la gente ricorda di più un pilota che ha ottenuto meno successi di altri, come per esempio Mamola. Io vorrei essere ricordato per la mia mentalità".
E’ stata la stagione perfetta?
"Se guardi i numeri è difficile migliorare una stagione così. Cercherò di lavorare ancora di più per eliminare i punti deboli, ma conta anche la moto. L’obiettivo per il 2020 sarà ancora lottare per il Mondiale, ma sarà difficile migliorarsi, considerando anche che quando sono arrivato al traguardo sono sempre stato o primo o secondo… Ripeto, sarà difficile ripetersi, ma non impossibile".
Nel 2014, dopo aver conquistato il titolo, avresti voluto fate una gara in Moto2; la farai quest’anno? E ti piacerebbe correre in due categorie?
"Con mio fratello in lotta per il titolo, non posso certo fare una gara in Moto2. E non è più possibile fare due categorie".
Qual è stata la vittoria più bella dell’anno?
"D’istinto mi viene da dire Barcellona, perché lì aveva vinto anche mio fratello… Ma ce ne sono state tante significative, come Jerez o Misano, quella che forse mi ha dato più adrenalina".
Qual è il tuo giudizio della RC213V?
"Takeo (Yokohama, il responsabile tecnico, n.d.r.) è un grande personaggio e molto sincero: quello che serve a una fabbrica. Prima della stagione mi aveva detto che la Ducati ci aveva massacrato in rettilineo nel 2018, ma che quest’anno non sarebbe stato così. Poi ha aggiunto, che io avrei dovuto fare la differenza in curva: la nostra è una moto critica, è difficile arrivare al 100%, ma se ci riesci è vincente. Quando vinci nove GP significa che la moto funziona. Nel 2019 ci sono state delle difficoltà all’inizio, specie per quanto riguarda il freno motore: per il 2020 proveremo a fare un altro passo in avanti, perché i rivali non staranno fermi".
Qual è il punto debole?
"Il motore c’è, durante la stagione abbiamo lavorato tanto sul telaio: in questo momento la Yamaha è la moto più equilibrata".
Quanto è importante il team?
"Moltissimo. A me piace stare in circuito, stare insieme a loro: sono la mia benzina, mi danno motivazioni. Tra di noi c’è un grande legame: dentro al box sono tutti professionisti, ma c’è anche amicizia".
A vedere i numeri, sembra che sia stato un campionato facile.
"Non è così. A parte Aragon e poche altre occasioni, le altre sfide si sono spesso decise all’ultimo giro: non sono state noiose".
Il prossimo obiettivo sono i nove titoli di Rossi e gli otto in 500 di Agostini?
"Non mi ossessiona né un numero né un nome: conta di più sfruttare il momento, la nostra velocità. Non vengo al circuito per lavorare, ma per divertirmi, ovviamente con professionalità".
Era tutto diverso.
Ai tempi di Agostini e Hailwood cominciavano a correre molto più tardi, le carriere erano più brevi, il numero di gran premi nell'anno era molto minore.
In compenso si correva in due categorie e le moto competitive erano poche.
E' così difficile dire semplicemente che ognuno di questi piloti è stato il più forte del suo periodo?