Nico Cereghini: “Ma la MotoGP deve cambiare”
Ciao a tutti. Nell’ultimo spot pubblicitario di Valentino -primi piani di un monologo, senza il Cevoli- il protagonista fa un paio di osservazioni interessanti. La prima: lui non va mai a bordo pista a vedere le moto perché gli fanno paura; la seconda: tutto è meno impressionante visto dalla moto, perché è come se l’azione si svolgesse più lentamente.
Parto dalla seconda per dire che è proprio vero, è una riflessione che facevo già negli anni Settanta. Quando sei in moto, quando giri in pista, la velocità percepita è relativa. E’ un po’ come se tu sia fermo, e a muoversi sia la pista, invece, come un tappeto scorrevole. La velocità diventa reale soltanto quando si cade: solo allora ci si rende conto improvvisamente che si va forte e che ci vuole molto spazio per fermarsi. E la prima reazione del pilota che cade è la sorpresa.
Tanti anni fa questa era una considerazione importante per capire come vanno le cose. Oggi, con il diffondersi dei videogiochi sempre più realisti, e con il contributo delle telecamere on-board che inquadrano pista e concorrenti lì davanti, tutti possono rendersi conto della prospettiva vissuta dal pilota. Si capisce bene che perfino i duelli più ravvicinati, come quello di Phillip Island tra Rossi ed Hayden, diventano, per chi li sta vivendo, una specie di balletto al rallentatore. E il metro, o anche il mezzo metro, che divide due moto a 200 all’ora non è più così impressionante.
Circa la seconda osservazione di Rossi sono più tiepido. Quando vado a bordo pista a vedere i turni di prove della Motogp non mi impressiono così tanto. Fino a un paio di anni fa mi succedeva, vero, adesso invece mi incazzo un po’. Perché non si vede più la differenza tra un grande pilota e un pilota mediocre, perché l’elettronica è troppo invasiva, perché all’uscita del curvone di Misano –per dirne una- senti il taglio dell’erogazione quando le moto sono già quasi dritte. Motori che “rattano” a 250 all’ora in rettilineo, ma che roba è?
E poi sentite questa: al San Marino un commissario di percorso parlotta un po’ alla radio e poi mi fa «mi dicono di guardare bene il numero 11 perché pare che stia perdendo qualcosa sotto la carena. Ma come cavolo faccio a identificare l’11? Io molti numeri manco li vedo!».
Giusto. E’ una cosa che non funziona per niente. I numeri di gara sono illeggibili. Non tutti, ma molti sì. Ne ho parlato con Franco Uncini e mi ha promesso che dal 2011 si cambia: stanno pensando di tornare agli ovali di sfondo, magari di un unico colore. E poi mi chiedo: come fa la gente dalle tribune a seguire le prove e la gara? L’ho domandato a un mio amico che era sugli spalti di Misano. «Ti affidi a quelli che ci vedono bene e che riconoscono i caschi. E aggiungi il fatto – mi ha risposto- che non si sentiva manco una parola di quello che diceva lo speaker».
Ascolta l'audio di Nico nel box in alto a sinistra.
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certo...deve cambiare....!
ELETTRONICA SI!
CIAO