Rossi: "Altro che finito! E anch'io ci credo di più"
SEPANG – Immenso Valentino Rossi. «Leggo da qualche parte che riesco a lottare con i due piloti più forti del mondo (Marquez e Lorenzo, NDA); io, però, direi che siamo in tre a essere fortissimi» si toglie subito un sassolino dalla scarpa. Valentino ha ragione: se Marquez è un fenomeno assoluto, se Lorenzo è un grande campione, Rossi deve essere quanto meno considerato al loro livello. Addirittura superiore se si pensa che Valentino ha 35 anni, Marc 21, Jorge 27 e, soprattutto, Rossi corre – e vince – consecutivamente da oltre 18 anni. Se poi si aggiunge che fino a sabato sera, Valentino sembrava in grande difficoltà, ecco che il secondo posto di Sepang, assume contorni straordinari.
«Magnifica gara, mi sono divertito molto, siamo riusciti a migliorare tanto la moto. Ho fatto una bella lotta con Jorge: arrivargli davanti era l’obiettivo primario, ma, sinceramente, ho anche pensato di poter vincere, perché quando ero dietro a Marquez riuscivo a tenere bene il suo passo. Negli ultimi tre giri, però, io sono stato costretto a rallentare un pelino, mentre lui ha continuato costante e non ho potuto battagliare fino alla fine. Ma non siamo lontani».
Cosa è cambiato rispetto alle prove?
«Abbiamo modificato l’assetto, abbiamo cercato di dare maggiore grip alle gomme, anche sacrificando agilità e precisione: è stata la scelta giusta. E’ un grande secondo posto».
Perché Marquez riesce a essere più costante fino alla fine?
«Quando le gomme calano, anche loro perdono aderenza, ma solo sul posteriore, mentre noi andiamo in crisi anche con l’anteriore, abbiamo “chattering” (la vibrazione dell’anteriore alla massima inclinazione, NDA) e, di conseguenza, diventa più difficile chiudere le curve».
Adesso il secondo posto in campionato è a portata di mano; è importante anche per essere il numero uno all’interno del box Yamaha nel 2015?
«Ho 12 punti di vantaggio su Lorenzo, ma la prossima gara si corre a Valencia, dove io sono sempre andato male. Quest’anno, però, sono andato forte anche in tracciati per me difficili e voglio essere competitivo anche lì, lottare quanto meno per il podio. Per quanto riguarda la supremazia all’interno del box, la storia dice che la Yamaha, giustamente, non ha mai fatto favoritismi: quando io vincevo ed è arrivato Lorenzo, gli hanno dato il mio stesso materiale e lo stesso è successo con me quando sono tornato in Yamaha nel 2013. Come sempre, quindi, cercheranno di accontentarci entrambi».
Certo che la differenza rispetto al 2013, anche su questa pista, è abissale: come si spiega?
«Qui, l’anno scorso, su una delle mie piste preferite, ero arrivato quarto a un bel po’ di secondi dai primi tre (10”351 da Pedrosa, NDA) ed ero piuttosto frustrato, adesso è tutto differente. Oggi ho conquistato il 12esimo podio, ovvero il doppio di quelli del 2013, ho ottenuto il doppio delle vittorie, da una a due, sono secondo in campionato. Come si spiega? La MotoGP è cambiata negli ultimi anni, c’è bisogno di un approccio diverso nella messa a punto della moto. Fino a tanti anni fa si parlava solo con il pilota, che rimane importante anche adesso, ma è fondamentale anche guardare i dati, quello che la moto ti “spiega” mentre va sulla pista. Quest’anno abbiamo lavorato meglio, Silvano (Galbusera, il capo tecnico, NDA) ci crede - come ci credo io - che possiamo stare davanti, che possiamo lottare con Marquez e Lorenzo tutte le domeniche. Insomma, tutto va meglio. Mi sono anche preparato in maniera differente, sono più in forma del 2013, anch’io ci credo di più, siamo cresciuti: è una figata. Visto che avevo fatto una scelta rischiosa e anche coraggiosa di cambiare il mostro sacro Jeremy Burgess, ho pensato: non posso fare questa scelta e non essere io pronto al 100%».
Proprio qui, in Malesia, l’anno scorso ti era venuto qualche dubbio, avevi pensato di smettere?
«Nel 2013 la situazione, per me, era abbastanza chiara: la mia stagione non era stata negativa, ma da un certo punto, i primi tre (Marquez, Lorenzo, Pedrosa, NDA) hanno continuato a migliorare, io no. Nelle ultime gare mi rimanevano le briciole: delle volte arrivavo sul podio, ma prendevo sempre dieci secondi. Quindi ho fatto la mossa di cambiare capotecnico: dato che il mio contratto scadeva alla fine del 2014, ero sincero quando dicevo che volevo vedere cosa sarebbe successo nelle prime gare. Mi sono detto: “se devo andare così, prendere 10 secondi tutte le domeniche, fare il podio, quando va bene e se cade qualcuno, posso anche ritirarmi”. Invece è andata bene: sinceramente è andata come speravo più che come pensavo, perché nemmeno io ero così sicuro…».
Credi di essere stato sottovalutato negli ultimi anni?
«Per me è stata una grande rivincita dimostrare che non ero finito. Addirittura, c’è qualcuno che dice che sono finito dal 2007, quando mi fregava Stoner. Si parlava di cambio generazionale, ma sono passati otto anni e sono ancora qui: non è male. Una bella rivincita per me dimostrare che posso ancora lottare con Marquez e Lorenzo».
Oggi hai fatto una gran gara, ma ha vinto ancora Marquez: si può battere?
«Non è impossibile, non è lontano. Dobbiamo migliorare la moto, perché la Honda ha trovato qualcosa per farla scivolare dietro – anche la loro scivola, non solo la nostra – ma la RC213V si continua a guidare bene, mentre noi fatichiamo. Fino a cinque giri dalla fine, tenevo bene il suo ritmo, poi, però, ho dovuto rallentare di qualche decimo e non ci è stato più nulla da fare. E Marquez la guida come va guidata».
Brus11
@Brandon Alan Lee