Dakar 19 100% Perù. KTM, oggi un “Sistema” Imbattibile
Lima, Perù, 17 Gennaio 2018. Per oltre dieci ani siamo stati abituati a veder spartita la torta delle vittorie della Dakar in Moto tra Marc Coma e Cyril Despres. 5 volte il catalano, cinque il francese. Dopo il successo nell’edizione 2015, a sorpresa Coma si annunciò il suo ritiro (e poco dopo ancora più a sorpresa avrebbe annunciato di essere diventato il Direttore sportivo della Dakar) e subito venne da chiedersi: “E ora, chi eredita lo scettro condiviso per così tanto tempo?”
Ragionevolmente, si temeva che dopo 15 anni di dominio assoluto e incontrastato, KTM potesse perdere il trono conquistato per la prima volta da Fabrizio Meoni. Come abbiamo ben visto non è andata così e in successione, hanno vinto, tra il 2016 e oggi, Toby Price, Sam Sunderland, Matthias Walkner e ancora Price l’edizione appena conclusa.
Sono cambiati i Piloti, la Dakar in tutti i modi, è evoluta la Moto, ma non il risultato. Certamente è cambiato lo schema tattico generale di impegno della squadra, il “sistema”, adesso sostanzialmente diverso dallo schema generale e dal profilo tattico adottati in precedenza.
Vediamo con il “Responsabile” di questo cambiamento vincente come e cosa è cambiato. Jordi Viladoms, 39 anni, catalano di Igualada, ha iniziato con la Bicicross, è passato dal Motocross dall’Enduro, ed è approdato alla Dakar nel 2006 come Pilota “ombra” di Marc Coma nel Team KTM Repsol (nella foto d'apertura). Ha partecipato a tutte le Dakar dal 2006 fino al 2015, ottenendo nel 2014 il secondo posto, suo miglior risultato, e ha vinto un Sardegna Rally Race Mondiale. Tra le sue qualità migliori l’eleganza, di carattere e di guida, e l’equilibrio tattico caratteristico di una grande intelligenza. Con la fuoriuscita di Marc Coma dalla Squadra KTM, Viladoms ne è diventato il Manager Sportivo e, da quest’anno, il Team Manager. Il filo conduttore della carriera “d’ufficio” di Viladoms è la risposta ai timori degli appassionati sul futuro di KTM nelle Dakar del dopo-Coma: 4 edizioni, 4 successi.
Dopo l’ultima di Coma si pensava che sarebbe finita lì. Invece è cominciata da lì, continuando a vincere ma con un diverso schema di squadra. Quale?
«Sostanzialmente è cambiata la struttura tattica della Squadra. Non abbiamo più giocato tutto su uno o due Piloti bensì untiamo su un numero maggiore, tutti forti. A ogni Pilota diamo tutto quello che è meglio per lui, per esempio il Meccanico con cui ha feeling migliore o un programma personalizzato di gare e di allenamenti, in modo che possa prima di tutto migliorare e riuscire a ottenere il massimo da sé stesso. In questo modo riusciamo a schierare un numero maggiore di potenziali vincitori, con caratteristiche diverse che si adattano alle diverse gare o alla piega tattica che può prendere ogni Corsa. Oggi abbiamo la fortuna di avere almeno tre Piloti, come abbiamo visto, che possono vincere e che hanno vinto la Dakar».
Strategia di Dakar. Si direbbe che state zitti e nascosti nella prima settimana e uscite allo scoperto solo nella seconda parte. È così?
«Sì, in un certo senso la strategia che adottiamo è proprio questa. Ma è una scelta indiretta. Sappiamo che la prima settimana i Piloti sono tutti forti e molto veloci. Tutti danno il massimo, ma la questione centrale è che tutti i piloti hanno un proprio ritmo di gara, e che se si supera quel ritmo non si può farlo tutti i giorni. Arriva un giorno in cui non ce la fai e sbagli, e finisce lì. Alla Dakar bisogna, invece, avere un ritmo costante e dentro i limiti del proprio. Così arriva il giorno che chi ha esagerato commette l’errore e chi è stato nella propria misura emerge. Non si tratta di “nascondersi”, di solito sono gli errori degli altri a mettere inevidenza chi è più costante e misurato».
Quale lo schema tattico caratteristico di questa Dakar?
«All’inizio nessuna tattica. Siamo andati avanti con tutti i Piloti, talvolta cambiando le strategie perché non riuscivamo a capire quale poteva essere quella buona. C’è sempre una strategia teorica, ma non sempre questa ha un buon riscontro e questa Dakar è stata davvero molto imprevedibile, e molto difficile per chi si trovava a dover aprire la pista. Più che uno schema direi che abbiamo adottato il criterio di una grande attenzione all’evoluzione della Corsa, cercando di adattarci meglio e il più velocemente possibile».
Che pensi dei ritiri di Barreda, Brabec, Van Beveren?
«Non molto. Tutti loro, e anche altri, hanno dimostrato di essere molto competitivi. Tutti ci hanno dimostrato che ogni anno è più difficile vincere questa Corsa, e che hanno corso dei rischi che potevamo correre anche noi. Posso solo felicitarmi con loro e fare loro i nostri complimenti».
La penalizzazione di Sunderland, poi ritirata sulla base di un vostro reclamo. Puoi chiarire come è andata?
«Si, mi piacerebbe chiarire, perché non è stato affatto un reclamo della Squadra. Quando è successo, abbiamo subito detto che se Sunderland aveva fatto qualcosa di scorretto non ci saremmo mai opposti a una sanzione. È molto diverso da una protesta. Dopo aver parlato con Sunderland e con gli altri è stato fatto un rapporto che dimostrava che non si trattava di un guasto “intenzionale”. Direi che il caso è stato gestito male dalla giuria. Prima ha fatto intendere che avessimo reclamato e poi, non avendo niente per dimostrare l’accusa, è tornata sulla propria decisione. Capisco che siamo situazioni che sollevano dei dubbi, ma il rapporto di Marlin ha verificato che si è trattato di un fusibile bruciato che ha interrotto l’alimentazione dell’Iritrack. È sempre sotto tensione e non è la prima volta che succede. Abbiamo anche parlato con Sam e concluso che non l’ha fatto apposta, un presupposto per stare dalla sua parte».
È possibile un’”alternativa” a KTM? E se fosse stato Quintanilla, sarebbe cambiato qualcosa?
«No, in nessun modo e quando Quintanilla è diventato una “minaccia” non abbiamo pensato ad alcuna particolare, o mirata strategia. Non abbiamo chiesto niente ai nostri Piloti e la Gara è solo diventata più aperta. Quintanilla ha provato e in tutti i modi a vincere, ed è un peccato che abbia avuto quel brutto incidente. Ci dispiace molto, è un Pilota che merita un risultato alla Dakar. Ha lottato, è stato per tutta la durata della Gara in condizioni di vincerla, fino a cento chilometri dalla fine. Nulla cambia nel Gruppo. Quintanilla è un Pilota forte, ha vinto due Mondiali e merita tutto il sostegno».
non serve aver le forcelle elettroniche in una gara lunga e massacrante come questa se poi al minimo intoppo si perde la bussola......
bell'intervista bravo Batini