Harley Davidson sospende la produzione della LiveWire
Il Wall Street Journal ha dato notizia che Harley-Davidson ha sospeso la produzione della sua moto elettrica, la LiveWire (leggi la nostra prova). Il motivo sarebbe da ricercare in un non meglio specificato problema al sistema di ricarica. Un inconveniente di tale gravità che ha addirittura costretto il marchio americano a chiedere ai propri clienti di non collegare le moto agli impianti domestici, ma di recarsi presso la rete di concessionari per effettuare la ricarica. HD si è affrettata a precisare che non ci sono rischi durante l'utilizzo del mezzo.
Rimane il fatto che per la Live Wire, e per Harley più in generale, questa è l'ennesima tegola sulla testa: la moto elettrica è stata un grosso investimento, e voleva rappresentare il rilancio dell'azienda con un simbolico passaggio di testimone alla generazione futura di harleysti.
La prima doccia fredda è arrivata quando ci si è accorti che il numero delle moto prenotate e vendute sarebbe stato di molto inferiore alle previsioni. Una seconda è stata, dati alla mano, accorgersi che la maggior parte di quelle vendute era finita nelle mani di quelli che erano già clienti Harley e che non erano poi nemmeno così giovani. Non era difficile ipotizzare che una moto da 34.200 euro non fosse alla portata dei giovani motociclisti. Una considerazione alla quale sono arrivati anche gli investitori che hanno gelato Harley-Davidson anche in borsa. Il titolo H-D nell'ultimo anno è calato del 17,4% a fronte di una crescita generale del settore superiore al 5% (fonte Nasdaq).
Harley ha investito nel progetto LiveWire 1,6 miliardi di dollari scommettendo su un futuro al momento piuttosto nuvoloso.
Tutto ciò premesso, devo però onestamente rilevare come la politica commerciale della casa di Milwaukee sia ormai da anni condotta all'insegna dell'improvvisazione e dell'incapacità, con episodi al limite del comico qual'è questo della Live Wire. Il nome del responsabile di questo disastro è noto: si tratta di Matt Levatich che passerà probabilmente alla storia come il più negativo CEO che HD abbia avuto dai tempi sciagurati della gestione controllata AMF durante gli anni '70.
Non basta travestire uno "yuppie" cinquantenne da motociclista, facendogli indossare chiodo e amenità varie, per convincere una clientela tra le più tradizionaliste del settore a consegnarsi anima e corpo alla modernità delle due ruote elettriche, soprattutto se la moto che vai proponendo costa 35000 euro ed ha un'autonomia di 150 km! Diciamoci la verità: quanti di noi comprerebbero un mezzo del genere pagandolo anche solo un terzo del prezzo al quale esso viene proposto?
Ma non è tutto. L'omologazione dei mezzi che compongono la gamma "intermedia" (i cui prezzi viaggiano modicamente tra i 15000 ed i 25000 euro!), e l'imposizione del solo telaio Softail a tutte queste moto, per giunta raffreddate a liquido e "spogliate" delle caratteristiche originarie, ha potato molti aficionados a prendere progressivamente le distanze dal marchio.
Harley Davidson vive oggi di pura apparenza. E' un oggetto riservato a pochi fortunati che possono permettersi di affrontare gli alti costi di manutenzione ordinaria - spesso doppi rispetto alla media delle jap, ed in linea con i soli marchi BMW e Ducati - e le altissime spese di riparazione in caso di guasto fuori garanzia, o da essa non coperto.
Riconosco di buon grado che il servizio che HD offre, almeno in Italia, è quasi sempre eccellente e di qualità, ma al tempo stesso poco presente sul territorio, avendo la casa madre abdicato alla possibilità di concedere il riconoscimento dell'assistenza autorizzata ad officine "esterne" (come avviene comunemente negli USA per concentrare il flusso economico sui soli dealer... col risultato di far proliferare un pletora di praticoni pronti a danneggiare le moto di quanti si mettono nelle loro mani, col solo esito finale di danneggiare però l'immagine del marchio.
Insomma, detto da harleysta... Un vero disastro! Un pasticcio aggravato inoltre dal profilarsi al'orizzonte di marchi pronti ad aggredire il mercato italiano ed europeo (come Indian, che in Francia, sfruttando le reti di distribuzione/assistenza di altre case sta conquistando fette importanti di pubblico) e di modelli destinati già da ora ad imporsi senz'altro nel settore custom (è il caso della BMW R18, destinata a mio avviso quasi certamente a suonare come una campana a morto per il segmento intermedio HD).
Per carità di patria, risparmi ipotesi relative ad eventuali dazi sulle merci USA, dei quali certo HD non è responsabile, ma non si può non rilevare come i prezzi alla vendita, tanto del nuovo quanto dell'usato, siano al di là dell'Atlantico più bassi fino ad un terzo rispetto a quelli praticati in Europa... Ciò che ha per risultato un deprezzamento maggiore per i modelli di fascia alta, veduti a cifre mantenute artificialmente molto al di sopra del valore effettivo (come si evince dal prezzo al quale vengono proposti negli States). Mi spiego meglio: una Softail Sport Glide ed un Road King costano rispettivamente 18.600 $ e 19.500 $ negli USA; ora, in Italia queste moto 18.900 € e 25.250 € (!) Fermo restando il prezzo pressoché equivalente sul mercato americano, come si giustifica la differenza astronomica (per altri modelli ancora maggiore) tra i prezzi USA/UE del Road King?
Una seria politica di rilancio del marchio HD dovrebbe a mio avviso basarsi su una ristrutturazione complessiva dei prezzi di vendita dei modelli "classici", tagliando al contempo le spese di R&D relative a novità destinate quasi sicuramente a "nascere morte". Il focus potrebbe al limite concentrarsi sullo sviluppo di prototipi maggiormente orientati alla realtà stradale nostrana (fu il caso della Sportster XR: moto innovativa, ma proposta con poca convinzione dalla casa madre, e sovente osteggiata dagli stessi dealers, che preferirono "puntare sul sicuro" rappresentato dalle Sportster Custom e Iron), ed alla portata delle finanze di un pubblico più giovane. Sicuramente, Live Wire e Street Rod non contribuiranno a rilanciare un prodotto in crisi...
Forse in crisi di identità, prima ancora che finanziaria!