Test scooter elettrico. Cezeta 506, retrò con uno sguardo al futuro
Facciamo un salto nel passato. Torniamo indietro di una sessantina d'anni, quando Vespa e Lambretta erano i simboli dell'Italia che tornava in sella.
Come è fatto
E partiamo proprio al motore elettrico. Due sono le motorizzazioni. Il motore del 506/01 ha una potenza di 5,7 kW e una velocità massima di 85 km/h con un'accelerazione 0-50 in 4,5 secondi e velocità massima di 85 km. Nel 506/02 la potenza è di 11kW, velocità massima 120 km/h e accelerazione 0-50 in appena 2,7 secondi.
Come va
La prima cosa che si nota appena si sale in sella è quanto sia confortevole la seduta. La posizione di guida è studiata molto bene e l'altezza da terra di 78 cm permette anche alle persone non altissime di fare manovre in sicurezza.
Le braccia sono leggermente più larghe dello standard, ma l'ampissimo parabrezza garantisce ugualmente un'eccellente protezione aerodinamica.
Il motore anche alla guida si rivela brillante come sulla carta, ha uno scatto decisamente buono e la potenza è erogata con buonsenso anche nella modalità più sportiva. se pensiamo che comunque il cezeta ha un peso importante. Tre sono le modalità di guida selezionabili da una manopola rotante sul lato sinistro del manubrio.
1 Sport: il motore eroga il 100% della coppia, ma garantisce un'autonomia pari circa al 60% del totale stimato.
2 City: fornisce il 75% della coppia e l'autonomia è pari all'80% di quella indicata.
3 Eco: 50% della coppia e velocità limitata a 50km/h.
Sulla manopola si può selezionare anche il neutral e addirittura la retromarcia. Rimaniamo sul manubio ma apssiamo all'acceleratore. Come in altri scooter elettrici anche quello del Cezeta ha anche la funziona reverse. In pratica se si ruota la manopola in senso contrario all'accelerazione lo scooter rallenta, come una sorta di freno motore, e in questo modo l'energia recuperata va a ricaricare le batterie.
Visto che si parla di rallentare parliamo anche del sistema frenante. La leva destra aziona la frenata combinata dell'anteriore e del posteriore e leva sinistra agisce solo sui dischi anteriori. Nonostante il peso e le veocità che il Cezeta raggiunge l'impianto frenante non ha mai dato segni di essere in difficoltà e anche strapazzandolo non è mai arrivato al bloccaggio.
Guidare il Cezeta è bello e divertente, ha una bella accelerazione e a dispetto di aspetto e dimensioni è anche abbastanza agile. Ma ha un grosso ma: il comportamento dell'anteriore. Due sono le cose che non mi sono piaciute. La prima è che è molto sottosterzante e quindi quando si imposta una curva bisogna tenere presente questa tendenza ad allargare le linee. La seconda - e anche più grave - è che lo sterzo è nervosissimo anche a basse velocità, difetto che si accentua ulteriormente sui fondi sconnessi. La colpa è probabilmente nella geometria dell'ammortizzatore anteriore. Cezeta ha infatti scelto di utilizzare una sospensione di tipo Earles. Era molto usata qualche decennio fa, soprattutto nei mezzi con sidecar, perché molto rigida in frenata. Ha però anche anche aspetti decisamente negativi: la poca escursione delle sospensioni e soprattutto l'eccessiva sensibilità nel trasmettere i movimenti dello sterzo alla ruota.
Due considerazioni finali: il Cezeta è un prodotto assolutamente premium, e lo è non solo per il prezzo alto (10.050 + tasse il 506/01 e 12.050 + tasse il 506/02), ma per la cura costruttiva, la scelta dei materiali, e la minuzia nella realizzazione dei dettagli. E' uno scooter per chi ama le linee retrò, ma non vuole rinunciare al futuro... ovviamente elettrico.
Ma è la prima moto che prova ?
Se l'estetica non era tra le priorità di chi lo progettò, ma quello che si voleva erano comodità, sicurezza, robustezza e capacità di carico, queste caratteristiche oggi si coniugano, per fortuna, col design che mira a fondere i requisiti tecnici, funzionali, economici ed estetici degli oggetti prodotti in serie, in modo che la forma che ne risulta sia la sintesi dell'attività progettuale. Non una semplice operazione di styling. Citare Vespa e Lambretta offre l'opportunità di riflettere a quali conseguenze abbia portato o porti la costruzione di “cortine”.