PARLA IL CEO YOUTHSTREAM

Intervista a Giuseppe Luongo. "Alla conquista degli Usa"

- Un inatteso comunicato annunciava che il GP d'Inghilterra veniva sostituito da quello degli Usa, dove non si corre dal '99. Il CEO Youthstream spiega i retroscena della sorprendente notizia | M. Zanzani, Glenn Helen
Intervista a Giuseppe Luongo. Alla conquista degli Usa


Considerata la guerra fredda messa in atto già da alcuni anni da parte della stampa e degli organizzatori del National, l'aver raggiunto un accordo addirittura di cinque anni per correre un GP di motocross negli Stati Uniti è una notizia che ha del sensazionale.

«In effetti lo è - spiega Giuseppe Luongo - d'altronde la sfida tra i piloti del Mondiale e gli americani ha sempre fatto sognare ogni appassionato di motocross, e finalmente ora questa opportunità si è concretizzata. Il GP che stiamo preparando a Glenn Helen non è arrivato per caso, ma perché lavoriamo seriamente, siamo presenti sul mercato da tanto, abbiamo una copertura televisiva eccezionale e con la diretta via Internet tocchiamo i fans di tutto il mondo in tempo reale. Grazie a tutto ciò, oltretutto dietro espressa richiesta degli americani, saremo in quello che è considerato il tempio del motocross statunitense, peccato che molti di essi non partecipino perché avremmo avuto veramente una gara eccezionale, con tutti i migliori piloti al mondo uno contro l'altro in un evento che sogno da ventisette anni. 

Quello che vuole ogni fan di motocross è vedere delle gare eccezionali e questa è l'occasione per fare un evento eccezionale


Quest'anno non è andata ancora così, ma sono certo che la manifestazione avrà una risposta eccellente, guadagneremo la loro fiducia e la prossima edizione non potranno non essere schierati al via. Indipendentemente dall’essere a favore dei piloti americani o di quelli del Mondiale, credo che quello che vuole ogni fan di motocross è vedere delle gare eccezionali e questa è l'occasione per farne un evento eccezionale. Dove porteremo la nostra professionalità e il nostro modo di lavorare, che insieme all’esperienza che hanno quelli del circuito di Glenn Helen sono sicuro che creerà un successo indimenticabile.
Grazie anche al lavoro che stiamo portando avanti da anni che ci ha portato ad avere nel nostro piccolo strutture che non hanno niente da invidiare a nessun altro grande sport. Siamo nel mondo intero in diretta su Internet e televisione, e grazie a ciò la Red Bull è presente con noi già da quattro anni e il loro supporto si è esteso ai team trascinando anche marchi concorrenti come Monster, Rockstar ed altre aziende prestigiose come Teka, Rebootizer, ecc inoltre stanno arrivando altri sponsor internazionali, perché oggi il motocross non è considerato più lo sport dei pazzi che saltano in mezzo alla polvere e al fango, ma una disciplina che ha guadagnato una sua identità nel panorama mondiale degli sport di qualità. Anche perché è uno sport ancora sano, dove l’uomo e l'atleta sono ancora fondamentali, dove non ci sono problemi con la droga o con la delinquenza dei fans. Oggi tutti i piloti che fanno il mondiale sono preparatissimi per ogni tipo di terreno, e chi vince il titolo merita veramente l’appellativo di campione del mondo perché è un atleta eccezionale che ha saputo usare il fisico ma anche la testa. E nonostante un 2009 catastrofico per l’economia del mondo intero, l'anno scorso il motocross è cresciuto nel business e negli spettatori più del 10% e stiamo continuando a crescere».

Perché alcuni organizzatori e media americano hanno ostacolato questo evento?
«E' una questione di interessi. Sulla validità del motocross americano dal lato sportivo non c’è niente da dire, il livello dei piloti è eccezionale e anche quello delle piste, ma il nostro modo di presentare il motocross è ancora più avanti e comporta spese enormi che gli organizzatori del campionato outdoor non hanno mai fatto. Portare una decina di bilici col materiale, montare la sala stampa, le linee telefoniche, i posti per decine di giornalisti, la produzione televisiva, comporta un esborso di un sacco di soldi.
Loro questo non lo facevano, ed è chiaro che il nostro modo di fare creava loro una certa concorrenza in casa che non gradivano. Si tratta di investimenti di centinaia di migliaia di Euro a gara, e se si moltiplica per il numero delle gare fanno svariati soldi. Ma non hanno capito che facendo questi investimenti si aumentava il valore dell’evento, e la possibilità di entrate dagli sponsor. Questo è stato il motivo fondamentale della loro ritrosia, ma oggi con la comunicazione globale non si può più creare una barriera, ci si può provare ma alla fine i fatti vengono fuori, specialmente se si lavora seriamente.
La gente non è stupida, guarda, si informa, e quando sentiva parlare così male del Mondiale e della Youthstream e poi apriva Internet e vedeva in diretta uno spettacolo eccellente, piloti molto veloci, circuiti bellissimi, probabilmente ha iniziato a dirsi che questi GP e questi organizzatori forse non erano così male come venivano descritti. Ma come ho sempre affermato, il tempo è gentiluomo. Quando si lancia un’idea o una novità qualsiasi può essere recepita bene o male, può anche essere che si tocchino dei piccoli giardinetti e la cosa può dare fastidio, ma se il lavoro è fatto seriamente e costantemente, se si continua con coerenza, alla fine i fatti vengono da soli. 

Giuseppe Luongo (primo da destra)
Giuseppe Luongo (primo da destra)

Quando presento ad un team o ad un pilota il nostro programma, nessuno è obbligato a partecipare, ma oggi abbiamo i cancelli di partenza pieni e ci sono più piloti nei team rispetto a qualche anno fa perché evidentemente trovano il loro riscontro. Ma a chi non piace è giusto che non partecipi, può liberamente andare a correre il supercross negli Stati Uniti.
Però mentre una volta il supercross, per chi era ad alto livello, faceva guadagnare molti più soldi rispetto al Mondiale, ora le cose si stanno livellando visto che con la crisi oltreoceano diverse cose sono andate giù mentre noi piano piano siamo cresciuti. Perché sono convinto che noi siamo bravi, e quando dico noi parlo di tutto il nostro ambiente, quindi anche negli Usa dobbiamo provare la nostra bravura con il lavoro, la serietà e con i fatti, rimanendo presenti ogni anno.
Quattro o cinque ani fa c'erano stati degli organizzatori belgi che avevano parlato con alcuni team scontenti del Mondiale dicendo loro che avrebbero fatto un campionato alternativo, ma poi sono spariti come neve al sole perché da fuori tutto è facile ma quando devi fare le cose fatte bene non lo è affatto. E anche per noi c'è ancora tanto da fare, perché quando penso al Mondiale penso ad un evento che deve essere internazionale in tutto e che porti tanti giovani.
Negli ultimi cinque anni ne sono arrivati tanti, tanto che abbiamo ridotto notevolmente l’età media sia in MX1 che in MX2. E’ per questo che dobbiamo avere delle gare in India, in Australia e naturalmente negli Stati Uniti, perché sono mercati importanti o che stanno crescendo. L’Indonesia ad esempio fa sei milioni di motociclette all’anno, e un fan di quel Paese non ha niente di meno che uno italiano o francese, non esiste una priorità di appassionati solo perché i GP sono nati in Europa.
Anche per questo non è pensabile in futuro di non avere gare in un continente immenso come l’Asia, è chiaro che ai team comporta più lavoro e più spese, ma anche maggiori entrate perché sarà più facile trovare uno sponsor internazionale che avrà interessi non solo da noi ma anche in India o negli Stati Uniti. Ed è un pò quello che sta succedendo ora, se tre o quattro anni fa mi fossi permesso di spostare un GP negli Stati Uniti solo due mesi prima della gara, sarebbe stato uno scandalo, mentre quest'anno è successo il problema contrario perché tutti sono voluti venire negli Stati Uniti anche perché ora i grossi team hanno sponsor multinazionali che vendono i loro prodotti nei mercati più grandi».

Qual è stata la chiave di volta che ha sbloccato la situazione?
«Il fatto che negli Usa inizia ad esserci gente ambiziosa, che vuol fare di più e cose di qualità, che hanno pensato a noi come partner giusto per i loro obiettivi. Per me è stata una soddisfazione personale enorme, anche perché andiamo a Glenn Helen accolti come veri partner. Da quando abbiamo firmato il contratto, tutto lo staff è sempre stato in contatto con noi quotidianamente, sono stati reattivi a qualsiasi domanda dimostrando di voler costruire e fare bene, creando un movimento importante perché sono convinti che è la scelta giusta e se ne stanno rendendo conto. Penso veramente che il Gran Premio negli Stati Uniti a Glenn Helen resterà qualcosa di importante per lungo tempo».

Questa per noi è un'annata eccezionale, mi sembra che sia arrivato il momento dove tutte le nostre idee, i nostri investimenti e il lavoro che stiamo portando avanti da qualche decina d'anni stiano arrivando a un compimento importante


A questo punto mancherebbe solo un supporto più consistente e diretto delle Case giapponesi.
«Il problema dei giapponesi è che sono lontani, molto lenti nelle reazioni e hanno un modo tutto loro di vedere le cose. Per smuoverli seriamente penso che servano questi passi che stiamo facendo, anche se il problema è che loro parlano in funzione dei numeri ed è chiaro che se si prendono in considerazione quelli delle moto da cross prodotte e vendute siamo gli ultimi della classe nel mondo motoristico. Ma così come la Formula 1 non vende macchine da Formula 1 ma è un mezzo di promozione per le vendite delle auto, anche il motocross deve essere considerato come veicolo pubblicitario per la Casa in generale, cosa che l’industria europea sta facendo e ha capito benissimo. Chi vince nel motocross apporta una notorietà al marchio perché si vede in televisione, soprattutto verso un target tra i 15 e i 30 anni, ed è il motivo per cui sponsor come gli energy drink hanno sono così presenti e lo saranno sempre di più perché il motocross è un buon mezzo di comunicazione. Chi viene a vedere un Gran Premio di cross è infatti uno con una macchina, ha una vita, ha una famiglia, e di conseguenza essere nel motocross dovrebbe essere visto come un investimento per la notorietà del marchio e per raggiungere un target importante. Loro invece hanno sempre ragionato così "se faccio cinquantamila motociclette posso investire un tot di Euro", tutto lì, e per me questo è un grosso errore come dimostrano Case come la KTM o l’Aprilia.
Quando abbiamo stretto l'accordo con gli Stati Uniti, la KTM è stata la prima a fare un comunicato stampa per comunicare la loro partecipazione al Gran Premio perché è una buona promozione per lo sport. Anche la nostra proposta di un paio di anni fa di correre con delle 350 al posto dei 450 è stata accolta da loro come uno scandalo, ma ora dopo che la KTM è stata reattiva a mettere in progetto questo motore sono sicuro che almeno un paio di Case del Sol Levante la 350 ce l’hanno e sta già girando. Non l'hanno ancora utilizzato per convenienza, in quanto i loro motori 450 li utilizzano per tutta una serie di altre cose ma così si sacrifica il mercato che con delle moto più accessibili potrebbe crescere di più. Piano piano però credo che capiranno e sono sempre convinto che lavorare bene comunque serva, visto che anche senza grossi investimenti da parte loro stiamo continuando a crescere lo stesso, se poi un giorno vorranno crederci e aiutarci di più vorrà dire che cresceremo più velocemente».

Un bilancio di questa prima parte di stagione?
«Questa per noi è un'annata eccezionale, mi sembra che sia arrivato il momento dove tutte le nostre idee, i nostri investimenti e il lavoro che stiamo portando avanti da qualche decina d'anni stiano arrivando a un compimento importante. Provare a cambiare un mondo che vive di tradizioni, che vive di tutta una serie di principi e che non vuole capire che bisogna guardare avanti non è stato facile, ma per crescere bisogna tenere in considerazione anche le tradizioni ma bisogna saper guardare avanti. Molti non l’hanno capito, e ci hanno ostacolato in tutti i modi, ma vedo che ora si stanno ricredendo».

Il futuro invece?

«Stiamo studiando come conciliare le esigenze del supercross con quelle del Mondiale per permettere a tutti i piloti di partecipare ad entrambi i campionati. L'idea è quindi quella di iniziare i GP a metà maggio, dopo l'evento finale di Las Vegas, e terminare a fine ottobre, portando più prove in giro per il mondo, per arrivare ad averne otto o nove in Europa e cinque o sei nei Paesi importanti. Se continuiamo in questa direzione faremo ancora un bel po' di strada».
 

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