MXGP 2018. Cairoli: "Herlings sfrutta la potenza, non è tecnico"
Antonio Cairoli, ovvero un pesante bagaglio sportivo fatto di emozioni, esperienze, ricordi, successi. Un campione superato nei titoli iridati (sino ad ora….) solo da sua maestà Stefan Everts. Il conto alla rovescia per quello 2018 è arrivato agli sgoccioli, ma prima di sapere come è andata a finire abbiamo fatto un po’ di chiacchere col pupillo di Claudio De Carli spaziando su diversi temi, da quelli più tecnici fino a quelli più personali.
Tony, nove titoli Mondiali, 17 anni di GP: hai cambiato il modo di guidare?
«Direi abbastanza, perché le moto sono migliorate e ti permettono di fare tante più cose rispetto a prima. Da un lato è un bene, perché ovviamente sono migliorate la guidabilità e la sicurezza; dall’altro lato ora è più facile andare forte, e si è un po’ assottigliato il livello di competitività tra piloti. Praticamente, sino a 10 anni fa la tecnica di guida faceva ancora molto la differenza, adesso con le sospensioni che sono a un livello stratosferico ed i motori facili da guidare tutti i piloti riescono ad andare più forte».
In questo periodo invece come si è evoluto il metodo di preparazione?
«Il mio è cambiato poco, all’incirca è sempre quello del 2008/2009 quando ho cominciato a guidare la 450. Il motocross infatti è uno sport che necessita di molto allenamento, ma serve anche molto usare la testa, stare lontano dagli infortuni, e quindi conta molto anche l’aspetto mentale. Ovviamente la tecnologia si evolve e ti aiuta anche a livello fisico, soprattutto per quanto riguarda il recupero dalla stanchezza, però il programma di preparazione in sé per sé non è cambiato molto».
Il weekend di ogni GP è solo il giorno in cui si concretizza l’evento, ma probabilmente già dal lunedì sei già concentrato e focalizzato sulla prossima gara. E’ sempre stato così, o anche una volta non c’era mai uno stacco?
«Essendosi il livello sensibilmente assottigliato, per fare la differenza ora devi fare un extra rispetto a prima, quando magari con la tecnica e con l’allenamento riuscivi a superare alcuni avversari: per cui non devo mollare mai, sia a livello fisico che mentale. Vincere era difficile anche una volta, perché ovviamente i primi di ogni categoria vanno sempre forte, però adesso dal primo al ventesimo vanno tutti forte ed è più difficile emergere».
In questi 10 anni trovi che siano cambiati anche i circuiti?
«Direi di no, secondo me sono rimasti simili. Molti: ad esempio in quello di Loket, in Repubblica Ceca, sono più di 15 anni che ci corro e più o meno è sempre lo stesso. Magari qualche volta invertono il senso di marcia, ma la sostanza con varia».
Una volta si diceva che la pista fa la differenza, ad esempio quando corri in casa, oppure si diceva che uno andava più forte sulla sabbia o altri tipi di pista, è ancora così?
«Sicuramente correre in casa ti stimola molto, ma ti mette anche tanta pressione addosso, e quindi la cosa può anche essere negativa. Sicuramente, come è sempre stato, c’è chi va più forte sulla sabbia, chi sul duro, e poi c’è qualche eccellenza come me ed Herlings, che siamo competitivi su ogni terreno; mentre magari altri, come i francesi, sulla sabbia fanno un po’ più fatica mentre sul duro vanno forte come noi».
Non so se ricordi, quest’anno in Indonesia domenica mattina mentre guardavi le prove libere della MX2 ti dissi che il giorno prima ti avevo visto sorpassare in una curva due piloti in una volta (uno se non sbaglio era Gautier Paulin…) con una velocità tale che mi sembravi essere in pista a Misano Adriatico: quando fai queste mosse incredibili senti di avere questa velocità stratosferica?
«Quest’anno il livello è molto alto, ma io ed Herlings siamo stati capaci di fare molta differenza con distacchi abbastanza importanti, ed è logico che quando vedi i tuoi avversari che faticano a starti dietro lo percepisci. Dipende comunque anche dalla pista, se è tecnica, segnata, scalinata, bucata o piena di canali la differenza è ancora più evidente, ma se è una pista facile lo è meno».
Si può dire che in generale è in curva che oggi si fa la differenza?
«Sì, sicuramente la percorrenza in curva è quella che ti permette di guadagnare di più sui tuoi avversari».
Uno dei tuoi punti di forza in tutti questi anni è che sei sempre riuscito ad adattarti alle circostanze, agli infortuni, ecc.: ritieni questo uno dei tuoi punti di forza?
«Sicuramente, mi adeguo spesso alle varie situazioni che si possono presentare in una stagione, compresi gli infortuni più o meno gravi e che ti cambiano un po’ lo stile di guida, come dimostra il fatto che anche con incidenti abbastanza gravi sono sempre riuscito a stare nei primi 5/6 nei Gran Premi a cui ho preso parte. Quindi effettivamente si può dire che l’adattabilità è sicuramente una delle mie caratteristiche».
Dentro ti sentirai senz’altro il ragazzino di una volta, visto l’entusiasmo con cui corri ancora, però qualche anno in più c’è: dov’è che lo senti maggiormente?
«Direi nella tenuta fisica negli ultimi minuti di gara ogni tanto qualche calo c’è, ma anche a livello mentale non è facile, perché dopo tanti anni muoversi a questa velocità e a questi ritmi è veramente difficile. E quindi è ancora più importante che sia sempre tutto a posto, mantenersi lontani dagli infortuni e rimanere costanti gara dopo gara. In quest’ultima parte di stagione non è stato proprio così, ma questo fa parte delle gare…».
Ti tocca “fare la lingua lunga”, insomma…
«Eh sì, quest’anno è tosta, i rischi che stiamo prendendo sono tanti, sia io che Jeffrey, la velocità è alta, e lui ovviamente avendo 10 anni in meno di me prende qualche rischio in più, come facevo io, ed era quello che ti dava quel click in più, che ti faceva vincere. Adesso per me è un po’ più difficile prendere certi rischi, perché sono consigliato anche dall’esperienza, ma continuo nel mio processo di crescita che non termina mai e che comprende il riuscire ad adattarsi anche al cambio di passo che c’è stato quest’anno».
Mantenersi al top per così tanti anni come hai fatto è veramente difficile, tant’è che ci siete riusciti solo te ed Everts, lui c’è riuscito anche trovando la motivazione nei record statistici, tu invece?
«Per me i numeri contano zero, non li ho mai trovati interessanti, da parte mia trovo la determinazione nel piacere che ho ad andare in moto e all’adrenalina che mi mettono le gare, per me è davvero difficile stare senza... ».
Non trovi stupefacente che se togliessimo dalle classifiche solo un pilota col numero 84, dai la paga ancora a tutti quanti? Ma gli atri tuoi avversari sono tutti fermi?
«No, come ho detto è il fatto che mi sono sempre adattato a quello che era necessario. E adesso l’età è quella che è ma mi sento ancora benissimo per cui mi sento di andare ancora forte. Ovviamente mentre io in questa classe ne ho già vinti sette, Jeffrey punta al suo primo titolo MXGP e quindi le motivazioni sue non sono al 100% ma al 150%. Ciò nonostante sto cercando di contrastarlo il più possibile, un anno a questo livello è difficile da mantenere, e vedremo fra qualche anno se manterrà lo stesso livello».
In qualsiasi modo finisca, di te si può dire tutto ma che non sei certo un vecchietto di 32 anni!
«Sì, io mi posso ritenere contento, sto vedendo che c’è ancora da migliorare ma so di poterlo fare. Grazie anche l’aiuto del team De Carli che mi è sempre stato vicino e della KTM è stata sempre a mia disposizione al 110%. Adesso poi ho anche Jorge Prado come compagno di squadra, ed allenarmi con un ragazzino super talentuoso come lui è positivo perché mi dà nuovi stimoli».
Di Herlings cosa ti piace e cosa no?
«Mi piace sicuramente la dedizione che ha per l’allenamento, la sua costanza. In questo momento lui vive al 150% per la moto, non ha amici, non ha una vita privata, fa solo motocross, allenamenti e gare, e questo sicuramente è da ammirare perché alla sua giovane età non è facile non distrarsi specie quando sei già campione del mondo. Quello che non gli invidio invece è la guida perché a parere mio non lo vedo un pilota tecnico, ma piuttosto irruento e che sfrutta più la potenza. E questa non è una cosa che mi piace, ma è solo un parere personale, io prediligo più la tecnica pura alla velocità».
Tony lo reputo il fuoriclasse a livello di Stefan Everts perché ha saputo gestirsi nel tempo mantenendo la velocità necessaria per primeggiare moltissimi anni.
Il mio rammarico è che in Italia non è valorizzato quanto merita questo campione immenso..!!