"Passo dalle Alpi"
Che bello avere tanti amici. Amici un po’ così… di quelli che ci tengono a farti sentire la loro presenza attraverso un’inesauribile voglia di te, del tuo ricordo, del tuo passaggio, del tuo portafoglio. Da tutt’Italia, i miei affezionati fan, mi spediscono simpatiche foto che mi ritraggono in motocicletta e, pagato quel piccolo obolo per scongiurare il pignoramento della busta paga e della casa, resta la soddisfazione di avere un cimelio da quasi tutte le regioni del bel paese. Capirete quindi che vedersi recapitare una busta dai Carabinieri di Corvara (Bolzano) è una di quelle circostanze che potrebbero rovinarti la colazione, un incubo.
Ma partiamo dall’inizio. Tre giorni prima. A Catania fa caldo, l’estate del 2017, poi, è stata torrida, selvaggia, senza pietà e si dorme poco. Non puoi nemmeno andare in motocicletta: sulle coste ioniche già a quaranta all’ora un phon rovente secca la pelle, brucia le labbra, liquefa l’asfalto e mette in ginocchio il motore, provare per credere, e quelli come me che non riescono a stare fermi sognano un po' di respiro. Ora, sognare è un processo involontario… insomma che male c’è? Ma le lenzuola ti si appiccicano addosso mentre le zanzare suonano “we shall overcome” per intavolare una trattativa che non finisca con una macchia rossa sopra una parete; ti svegli, controlli bene l’orario, decidi che se non vai a fare un giro in moto ne va della tenuta del tuo matrimonio, lasci tua moglie nel letto dicendole che torni presto, ma in realtà stai soltanto implorando comprensione, e prendi il primo aereo per la felicità. Nel mio caso, Milano e la redazione di Moto.it. dove il 2 giugno, giorno festivo, trovo i Tartari e Fabrizio con le chiavi di due BMW, la hypernaked S1000R e la sorella tutta casa e pista S1000RR. Fabrizio è di Bolzano, dice che mi porta a vedere le Alpi in moto, che non puoi dire di essere un vero appassionato se non sei mai stato tra i passi delle Alpi a godere della montagna, che ci sarà da faticare, che la temperatura scenderà, che la pioggia sarà più che probabile e che gli autovelox non perdonano; gli dico “tutto qui?” e inforco la RR carenata dopo averla zavorrata del mio bagaglio con la medesima eleganza di un turista tedesco anni ‘80.
La coda di auto per il lago di Lecco è spaventosa. Un castigo divino per coloro che la stanno ordinatamente affrontando in automobile, qualcosa in meno per noi che in moto scivoliamo tra le auto incolonnate come sabbia tra i sassi; mi chiedo cosa possa ricompensare i gitanti per un supplizio così grave e non riesco a trovare risposta, principalmente perché alle mie latitudini, in Sicilia, è raro vedere un esodo così massiccio e ordinato. Le nostre code sono ferme, impulsive se in movimento, accettano accessi laterali, sovvertono il buon senso e finiscono sempre per assorbire più malumore che crearne ma, in verità, non ho mai avuto il piacere di imbattermi in decine di chilometri di acciaio fermi al sole. Anche perché alle temperature isolane si sconfinerebbe nelle ipotesi del suicidio collettivo o dello sterminio di massa, tertium non datur.
Superato il lago, no, non ci fermiamo a Mandello, andiamo dritti dove l’asfalto è più fresco accompagnati dall’Adda e iniziamo a riscaldare le gomme lungo la Valtellina. La strada statale 38è semplice, solare, vive di paesaggi ampi e non invoglia a lasciare le briglie, piuttosto spinge a immedesimarsi in un punto colorato che scivola sull’asfalto in pieno controllo, tanto che gli immancabili autovelox all’ingresso e alla fine di ogni paese non ci impensieriscono più di tanto, fino al passo dell’Aprica dove la frequenza di curve e il traffico leggero rendono tutto più interessante. Breve sosta, giusto per far respirare l’interno della giacca di pelle perché non è vero che qui fa freddo, e mi godo l’impatto con le Alpi che, per me che se non ho il mare a chiudere l’orizzonte è una mezza tragedia, sbriciola in un attimo ogni perplessità: via per il Tonale dove arriviamo ad un orario indefinito, con un tempo indefinito, con un programma che si infrange non solo sulla bellezza del passo e della vetta ma anche con il silenzio del Sacrario Militare dove 847 caduti durante la prima guerra mondiale riposano. 50 sono tutt’ora senza nome.
Dal Tonale ci sfratta il piovasco in arrivo e puntiamo dritti verso l’Alto Adige e il Passo Mendola attraverso le divertentissime SS42 e SS43, il fondo dal buon grip ci mette in pace con le nostre moto che esigono, specialmente la RR, una guida decisa per regalarci qualche sorriso in più. Soltanto la pioggia arresta la nostra intraprendenza e ci impone pazienza ma dopo 343 chilometri dalla partenza, in prima serata, arriviamo a Bolzano: non sono nemmeno stanco, solo un po' di male alle mani per i semimanubri; ripartirei ora stesso, l’aria delle Alpi dà una leggera euforia, o magari è soltanto la felicità di avere speso magnificamente questo primo giorno di tour.
Il Sassolungo, prima meta del mattino successivo, mi lascia senza fiato. La risposta alpina all’Ayers Rock. No, meglio: la vetta del massiccio montuoso tra la Val Gardena e la Val di Fassa si mostra annegando la propria vetta dentro una nuvola e mi introduce allo stupendo tour del giorno: superando Corvara si prende la SS243 giungendo al Passo Gardena, quindi, senza mai mettere la moto in verticale per più di pochi secondi per volta, attraverso la SP244 arriviamo al Passo di Campolongo. La presenza di motociclisti, specialmente austriaci e tedeschi, è impressionante (e Fabrizio mi dice che in piena estate si decuplica): si fa fatica a salutarli tutti, mentre in Sicilia, diciamocelo senza vergogna, il saluto tra motards è talmente raro che talvolta viene anche male interpretato. Nessuno sopra le righe, niente pazzi scatenati col gomito a terra, niente missili terra-aria a sputare fuoco su brevissimi rettilinei che sulla SR48 accorciano le distanze per il Passo del Pordoi, in un magnifico percorso ad anello continuato fino alla salita, imperdibile, al Passo Sella che dovrebbe essere dichiarato bene tutelato dall’Unesco. Si vive il motociclismo, quello sano, di persone come noi che si fermano a bordo strada a guardarsi le moto con curiosità senza misurare chi ce l’ha più consumato sui bordi. La montagna è ammaliante, il panorama dai passi appartiene alle cose di cui non si può fare a meno; inizio solo adesso a comprendere chi sulla montagna ci torna in moto, a piedi, in bici, e poi ricomincia e chi ci viene per la prima volta imprime qualcosa dentro e rimpiange, come ho fatto io, di non averlo fatto prima. Chiudiamo il cerchio e torniamo a Bozen, a tratti inseguiti da una pioggia dispettosa: ho il piacere di percorrere un lungo tratto sulla nuda S1000R e sotto il casco il volto si taglia da un orecchio all’altro, ma non fa male, anzi.
Svegliarsi con il cielo che promette pioggia e, per sovrammercato, la prospettiva di tornare prima a Milano e poi a Catania, il tutto in giornata, sarebbe iniziare male l’ultimo giorno di giretto per le Alpi. Fabrizio ha sempre una soluzione: la proverbiale ospitalità Bolzanina o Trentina (o soltanto la gran signorilità di Fabrizio e il reciproco piacere di condividere la strada) ha sempre una soluzione, in questo caso si chiama SS45 bis e i laghi di Garda, di Ledro, d’Idro. Di questi ultimi due non conoscevo nemmeno il nome, beata ignoranza. Il piatto forte, però, è lei: la SS45bis che non è altro che una stupenda strada di montagna a due corsie e senso unico, sembra fatta per le motociclette e per godersi l’emozione di guidare immersi nel panorama trentino e il successivo trasferimento fino a Milano risulta meno indigesto, lo accetti come il conto da pagare per avere avuto tutti quei chilometri di felicità.
Ora, ci sono alcune cose che ho imparato in questi tre giorni sui passi Alpini. La prima è che sognare non è reato.
La seconda è che qualsiasi moto è adatta a fare un giro liberatorio e spensierato; tra la S1000RR e la S1000R nuda, ovviamente la preferenza va a quest’ultima per il manubrio più largo e comodo, l’erogazione più umana e i freni meno aggressivi ma dobbiamo pacificamente ammettere che seppure la sportiva RR non riesca ad esprimere nemmeno un centesimo del proprio potenziale dinamico alle andature alle quali l’abbiamo costretta, di fatto ha tenuto botta e guidarla per questi 850 chilometri non è stato affatto un tormento: certo, non sapremo mai cosa accade oltre gli ottomila giri, ma ci sono tanti di quei misteri al mondo…
La terza cosa che ho imparato è che l’asfalto trentino è mediamente in ottimo stato, le moto sono ben accette un po’ ovunque e il clima di giugno è l’ideale per fare questo giro. Ma non riuscirò ad aspettare così tanto.
La quarta è che gli alpini non si sciolgono in acqua, e a quanto sembra nemmeno i siciliani. Per fare questo giro bisogna avere sempre l’antipioggia dietro e non fermarsi alle prime gocce ma proseguire e sperare che continui perché anche la pioggia sulle Alpi ha il suo perché.
La quinta, ed ultima, è che quando i Carabinieri di Corvara ti spediscono una lettera e una foto. O stai ancora sognando, o sono cinque punti e 200 euro.
L'itinerario del giro:
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Fausto.Gallazzi, Busto Arsizio (VA)Grande Antonio!, proprio un bel video e descrizione, che ho apprezzato ancora di più del filmato. Ho fatto tutti i passi della tua tre giorni (tranne quello della Mendola) e leggere il tuo racconto me li ha fatti tornare piacevolmente in mente. Volevo solo chiederti che casco hai usato (ho visto che è un XLite ma non riconosco il modello) e come ti sei trovato.
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rho01, Bergamo (BG)bravooo!!! ti faccio un lungo applauso! complimenti e ancora complimenti per il giro ed il racconto. Mi è piaciuto come hai scritto, e mi sono piaciuti un sacco i paragoni con la tua Sicilia. Non essendoci mai stato, mi incuriosiscono molto. Ho riletto 2 volte l' articolo, è scritto bene, italiano perfetto, e si legge come bere un bicchier d' acqua. E' stato proprio emozionante, bravo. E poi il giro che hai fatto, eheh, tanta roba. Mi fa piacere che ti siano piaciuti idro e ledro, rientrano sempre nei nostri giri della domenica pomeriggio. La S1000RR com'è stata? che mio fratello vorrebbe cambiare il suo gs adv per quella..anche se ha paura di pentirsene..