Con Louis Moto e i suoi prodotti sul Grossglockner
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Ad attendermi all'aeroporto di Salisburgo trovo Marc. Io di Marc ne ho conosciuti un sacco. Ne ricordo un paio anche con le gambe lunghe e capelli raccolti in uno chignon lucido, tutti comunque pronti con in mano il cartellino del mio nome, un occhio al telefono e l'altro alla porta scorrevole degli arrivi internazionali.
Marc lavora per Louis – Moto, è uno dei 1800 impiegati, fa il trainer: insegna ai venditori degli 80 store fisici sparsi per Germania, Austria e Svizzera come mostrare ai clienti le qualità dei prodotti, ed è qui per portarmi al Louis Media Ride perché oggi faccio parte di una seleção di fortunati giornalisti internazionali per festeggiare gli 80 anni del marchio tedesco leader in Europa della distribuzione abbigliamento e accessori e anche per sottolineare che da quest'anno sono presenti sul mercato italiano con il loro sito dedicato totalmente al nostro paese. Il programma prevede un paio di giorni a spasso per i dintorni di Salisburgo e una visita al Grossglockner in sella ad alcune delle moto più desiderate del momento, per l'occasione accessoriate da SW-MOTECH, partner dell'evento, e indossando l'abbigliamento dei marchi commercializzati da Louis.
Destinazione Krapun, ci aspetta un'ora abbondantissima di strada nel pieno rispetto dei limiti di velocità perché, mi dice Marc, “ora è meglio, ma fino a qualche anno fa la polizia poteva fermarti e multarti per velocità eccessiva anche senza radar, solo sulla base della stima visiva della tua velocità. Un mio amico ha fatto un anno di carcere”. Magari vuole spaventarmi. Lo so, avrebbe pure ragione; ma tanto io non sono uno di quei moto-giornalisti che aggrediscono il percorso di test come se non ci fosse l'ora successiva, altro che domani. Una volta, ammetto con compiacimento, un istruttore FMI mi disse che ero “un'acqua cheta”.
In auto il volume della musica è bassissimo ma riconosco subito la sua playlist ai primi accordi di ogni brano, lui risponde che non si aspettava di trovare un amante del metal, così mi da fiducia, alza il volume e mi fa ascoltare roba che, onestamente, è così truzza che solo in Germania (o in Olanda) può avere successo; però mi sono guadagnato la sua stima e non gli confesso che il metal non lo ascolto più, sopratutto perché lui inizia a raccontarmi della sua fidanzata con la quale andrà al Waken festival sperando che non piova per non doversi rotolare nel fango, della sua vita dentro Louis “faccio questo lavoro da tredici anni, se non ne fossi felice me ne sarei già andato” e delle sue moto. Okay, nessuno è perfetto ma lui ha una Harley “e ti assicuro che non c'è nemmeno una cromatura”, una SR 500 d'epoca e un CBR 600.
Ha 45 anni, la sua auto personale è una Skoda con 280.000 km in condizioni pari al nuovo. Passiamo di fronte a numerosi pub, la strada ne è piena, Marc mi racconta che “io e la mia famiglia veniamo da un piccolo paese, mio padre aveva una modesta birreria”, prima che scenda la lacrima e inizi il sottofondo musicale di Ennio Morricone aggiunge “e mi ha sempre insegnato che bere per ubriacarsi a metà è soltanto uno spreco di denaro”. Iconico.
C'è tutto il tempo per farmi raccontare un po' della storia di Louis, così Marc mi dice che adesso l'azienda ha in catalogo oltre 30.000 articoli tra marchi propri (Vannucci, Nishua, Gazzini) o di altre aziende (da Abus ad Acerbis, BMW, Schubert, SW-Motech, Shoei, lista lunghissima). Louis era un'azienda a gestione familiare, fondata da Detlev Louis nel 1938 come concessionario Zundapp; alla morte del fondatore, nel 2012, la moglie decide di non interrompere l'attività ma di integrarsi nella holding Berkshire Hathaway di Warren Buffet, senza che comunque questo passaggio stravolgesse l'assetto e le prospettive della società tanto che il nuovo CEO, Nico Frey, è stato scelto tra i manager interni all'azienda. In mezzo ci stanno due guerre mondiali, il miracolo economico degli anni '50, il flower power, la cultura beat, la nascita delle superbike, il crollo del Muro, la nascita del primo Louis online shop -1997 -, l'euro germanocentrico, l'espansione verso Francia, Olanda, Austria, Italia e, al centro di tutto, le moto. Sono ottant'anni di storia che un giorno, penso, mi piacerebbe raccontare attraverso le voci di chi l'ha vissuta e Marc è uno di questi.
Zell am See è un posto raccolto come un mazzo di fiori, gli stessi che ornano le finestre e i balconi delle case a ridosso del lago; la prima cosa a sorprendermi è l’incredibile densità di turisti mediorientali presenti per le strade a passeggiare, sui prati a fare spuntino, dentro i negozi; sembra che i panorami e i climi alpini siano la proiezione del paradiso musulmano, oltre che di quello motociclistico, e per questa ragione località come Krapun siano molto frequentate dai fedeli. Paradiso o no, Io e Marc arriviamo in serata per alloggiare assieme ai colleghi della stampa internazionale allo Sportkristall, l'hotel scelto per noi dalla MO.HO. (Motorrad Hotels) che si occuperà anche di guidarci alla scoperta delle strade più belle dell'area.
L'albergo è a conduzione familiare e custodisce un sorprendente museo di vetture e moto d'epoca, circa 200 modelli rimessi in ordine con perseveranza e cura dal proprietario, il signor Vötter, in circa venticinque anni. Herr Vötter ha lasciato la gestione dello Sportkristall alle figlie per limiti d'età; lo si vede aggirarsi per l'hotel sorridente e la mattina sventola la bandiera a scacchi alla partenza dei motociclisti verso i tour. Io ho cercato di parlarci un po' ma lui è già nella fase dove non invidia più nessuno e non rimpiange più nulla.
L'indomani, la scelta delle moto con le quali affrontare quelli che alla fine del Louis Media Ride saranno più di 600 chilometri, è quasi imbarazzante: la gamma BMW quasi al completo e qualche fantastica chicca come la KTM Duke 790 o quella che poi sarà la mia iniziale scelta, una Honda CRF 1000 Africa Twin su cui SW-Motech ha montato risers, borse, fari supplementari e protezioni laterali. Saremo liberi di cambiare moto in ogni momento in una sorta di insaziabile fame di emozioni sempre diverse; la prima tappa è una strada a pedaggio - 26 euro per le moto -, lunga 48 chilometri che si snoda tra ghiacciai e vette innevate anche a luglio, fino a raggiungere i circa 2500 metri di altitudine per mettere il naso vicino alle vette dei tremila metri e il ghiacciaio Pasterze: siamo arrivati al celeberrimo Grossglockner. Questo luogo è un mito, un'icona motociclistica, uno di quei posti dal quale tornare e dire “ci sono stato” (e infatti immediatamente, non appena pubblico sui social qualche foto, si sprecano i commenti e i messaggi per lo più identici: “ci sono stato quest'anno/l'anno scorso/due/tre/quattro anni fa”).
Le guide di MO.HO. conoscono alla perfezione ogni curva e fatico a reggere il loro ritmo, sopratutto perché mi distraggo in continuazione per osservare i panorami degni di Monet e la luce incredibilmente viva che si posa sulle Alpi austriache. Sì, l'asfalto è ottimo, le curve tante, il traffico scarso, la temperatura a dispetto dell'altitudine non è severa, ma il vero spettacolo non è il divertimento senza fine, totalmente inebriante, ma la consapevolezza di guidare in un contesto motociclisticamente protetto, concepito per essere fruito secondo le proprie sensibilità; non si trovano i folli da ginocchio per terra ad ogni curva, e meno male perché l'assenza del guard rail trasformerebbe un piccolo errore nel passaporto per l'ospedale. Se trovano tutti i cocci.
Cambio moto un paio di volte, da una Yamaha XSR 900 ad una BMW S1000 R, e mi rendo conto che le sensazioni non cambiano passando da un manubrio ad un altro. Probabilmente muterebbe qualcosa solo se venissi qui in auto ma resta comunque una questione personale, la percezione della bellezza è soggettiva ma attraversare questi panorami in moto mette euforia. Il Grossglockner è un paradiso, trasforma l'andatura da settanta/ottanta chilometri orari in un equilibrio di emozioni diverse che si completano e fondono per restare scolpite nella memoria; credo sia questo il suo maggior fascino, ma se volete torno lì e lo percorro per la quarta volta. Anzi, per la quinta, dato che io e altri tre invasati ci intrufoleremo sul Grossglockner alle cinque del mattino dopo per vedere l'alba dal suo punto più alto, i 2.571 metri dell'Edelweissespitze, un orario al quale cerchi di tenere il motore basso per evitare di disturbare le marmotte, sentirti meno in colpa e non farti notare dalla polizia.
Reincontro Marc, stavolta al workshop delle novità Louis dove lui presenta alcuni prodotti interessanti, e mi presenta il CEO Nico Frey, informale, sorridente, distante da tanti stereotipi. Nico apprezza subito la mia schiettezza e nella breve conversazione mi annuncia la prossima apertura di uno store in Italia, probabilmente a Bolzano per questioni di vicinanza geografica e forse anche di approccio.
Il secondo giorno di tour ci porta in dote altri 350 chilometri di felicità motociclistica, si sale e si scende dalle colline austriache fino a percorrere la strada a pedaggio tra Postalm e Wolfgangsee fino e arrivare a Salisburgo (dove diamo un'occhiata al famoso Hangar 7, la sede della collezione Red Bull di aerei, nonché di memorabilia delle loro attività sportive e motoristiche). Stavolta sono in sella ad una BMW Nine T Urban G/S che a dispetto dell'eredità fuoristradistica ha un comportamento molto sincero e divertente tra le curve asfaltate, forse la più facile tra le moto che si sono alternate sotto il mio sedere in questi giorni. È in sella ad una Nine T pure Nico Frey, che ci ha sorpreso presentandosi al warmup mattutino con casco e tuta, ready to go! Se volete sapere come guida, ve lo dico subito: bene, è uno di noi; mentre lo vedo negli specchietti che segue la mia ruota senza mollare un metro penso che non poteva andare meglio di così, tutto perfetto. Ed è a quel punto che arriva la pioggia.
Secondo me era previsto e voluto. Dai, i tedeschi programmano tutto, lo sappiamo. Un temporale si abbatte su di noi costringendoci a indossare le tute impermeabili, tanto per completare il test dell'abbigliamento tecnico che fino ad adesso si è comportato molto bene sotto tutti i profili: reggeranno i guanti e gli stivali ad un lungo percorso sotto la pioggia? Quando ci fermiamo per fare il punto della situazione, dopo qualche decina di chilometri di doccia non prevista, Nico si sfila il casco e sorride: io sono totalmente asciutto e la stessa guida Mo.Ho., che non indossava l'antipioggia ma solo lo stesso mio completo Vanucci, è praticamente asciutto pure lui. Ripartiamo sotto lo stesso identico temporale battente e arriviamo in hotel un'ora dopo senza alcun problema.
Marc è lì, mi da due pacche sulle spalle. Come un amico mi avverte che domani mattina mi verrà a prendere alle 5 per portarmi in aeroporto, mi chiede se mi sono divertito, qual è la moto che mi è piaciuta di più, se Nico è simpatico e se mi sono trovato bene con il loro abbigliamento. Le risposte le sapete, aggiungo solo che a dispetto dei 700 chilometri in due giorni mi sentirei di ripartire ora stesso e, anzi, rimarrei volentieri qualche giorno in più; ma adesso è ora di cenare, salutare tutti e farsi almeno cinque ore di sonno.
È mezzanotte e quattro minuti.
Io ho il sonno leggero.
Un sms fa vibrare il telefono: la compagnia aerea mi avverte che il mio volo per tornare in Italia è stato cancellato. A sei ore dalla partenza.
I tedeschi programmano tutto.
Abbigliamento utilizzato:
Casco: Nishua NDX-1
Giacca: Vanucci Fadex II
Pantaloni: Vanucci Fadex II
Guanti: Vanucci Hirider III
Stivali: Vanucci VTB 12
Foto: Jorg Kunstle e Antonio Privitera