Harley-Davidson e Trump, la storia infinita Capitolo 1: Delocalizzare, sì o no?
Il rapporto fra Donald Trump e le moto è complicato. Lo è per tanti altri argomenti politici ed economici ben più importanti di questo per carità, ma la questione dei dazi sui prodotti non americani – cinesi in primo luogo, Huawey è solo l’ultimo dell’elenco – a protezione dell’industria statunitense resta uno dei temi centrali della politica economica del presidente americano. Fra i tanti prodotti importati e quindi passibili di tariffe d'importazione ci sono le automobili (per le quali i dazi potrebbero salire dal 6 al 25%) e rientrano anche le motociclette europee.
Una politica di botta e risposta fra America e resto del mondo che ha colpito le importazioni in USA ma anche le esportazioni da quel paese. Harley-Davidson è fra le aziende americane che stanno pagando questa tensione commerciale.
Quando circa un anno fa l’Amministrazione americana ha deciso di applicare i dazi su acciaio e alluminio, merci importate dalla Cina ma anche da Europa, Canada e Messico, sono scattate alcune ritorsioni.
In Europa, per esempio, le moto americane superiori agli 800 cc hanno visto i dazi d’importazione salire dal 10 al 25%. Harley-Davidson ha assorbito questo costo senza di fatto toccare i listini, ma questo ha significato rinunciare a dei profitti e vedere le proprie vendite non crescere. Peraltro nel 2018 il mercato americano (che vale il 58% delle vendite di marca) è calato numericamente dell8,7%.
L’ultima tensione nei rapporti commerciali fra Europa e Stati Uniti, che ricordiamo ha un saldo positivo a favore dell’Europa, riguarda la minaccia di altri dazi lanciata dal presidente Trump con il pretesto dei sussidi che riceverebbe la società Airbus dall’Europa; Airbus è il primo concorrente industriale dell’americana Boeing nei velivoli commerciali. In ballo ci sarebbero tasse pari a 11 miliardi di dollari su una lunga serie di prodotti europei, dagli aerei Airbus al Prosecco, dagli articoli meccanici alle moto con cilindrata fra i 500 e i 700 cc.
E ritornando alle moto, l’ultimo capitolo della querelle fra l’amministrazione Trump e la Harley-Davidson vede il CEO della Casa di Milwaukee, Matt Levatich criticare il Codice sulla produzione statunitense sostenuto dal presidente Trump.
Levatich afferma che è complicato produrre tutto il necessario in America e che quando un’azienda inizia a delocalizzare, tornare indietro è difficile.
"L'innovazione – sostiene - deriva dalla pratica quotidiana di produrre, e poiché stai facendo concretamente qualcosa sei in grado di capire come migliorarla. Al contrario, una volta che smetti di fare qualcosa non hai più la capacità di produrre eccellenza, perché riparti da zero. Ci sono industrie che hanno lasciato gli Stati Uniti e che sarebbe difficile far risorgere negli USA".
Trump ha chiesto tempo fa alla Apple di realizzare tutta la produzione negli USA invece che in Cina, ma ora come ora costruire un iPhone in USA è più complicato e quindi costoso.
A complicare le cose per la casa di Cupertino c’è la promessa di una stretta alle categorie finora escluse, come appunto gli smartphone che potrebbero essere tassati del 25%. Peraltro alcuni analisti sostengono che già ora i prodotti importati dalla Cina vedono l’aggravio dei nuovi dazi assorbito solo in parte dai produttori, mentre il grosso grava sulle tasche dei consumatori americani.
Va però anche aggiunto che Trump si è speso a favore di Harley-Davidson dopo che l’India, su sua sollecitazione, ha deciso di ridurre i dazi sulle moto americane importate dal 100% al 50%, affermando – non più tardi di una settimana fa - che queste tariffe restano troppo alte. Ha chiesto al nuovo primo ministro indiano Modi di lavorare per azzerare queste tariffe, definendo inaccettabile il loro 50% contro il nulla applicato dagli USA.
(Segue)