I segreti della guida in pista/3. La posizione in sella
La posizione di guida
Ho un bellissimo ricordo d’infanzia che credo mi seguirà per sempre: mio padre che mi insegna ad andare in bicicletta, aiutandomi e tenendomi dalla parte posteriore della sella. Ricordo molto bene cosa accadde dopo, quando mio padre mi lasciò libero di pedalare in autonomia: alla prima curva scoprii che l’asfalto è compatto. Molto compatto. E scoprii che per guidare qualcosa che abbia due ruote è fondamentale usare il corpo.
Detto così potrebbe non essere molto chiaro, ma si tratta di una sacrosanta verità e, se ci pensate attentamente, ve ne convincerete anche voi. Quando vi accomodate sul sedile di un’auto, regolate il sedile e allacciate la cintura di sicurezza, siete pronti per partire: non serve una particolare postura del corpo, se non per quanto concerne il semplice comfort. In moto è tutto diverso. La moto è in equilibrio su due punti d’appoggio, non quattro, pertanto un cambiamento della vostra postura, anche piccolo, ha un determinato riflesso sulla guida. E se da un lato questi riflessi possono essere positivi, perché aiutano nella guida, dall’altro possono anche mettere in pericolo il pilota. Capire come sfruttare al meglio il proprio corpo, sia dal punto di vista della distribuzione dei pesi, sia nella postura vera e propria, è fondamentale ai fini della guida veloce su circuito.
Un gioco di equilibri
Prima di affrontare l’argomento della posizione di guida, è bene fare chiarezza su alcuni concetti e tecnicismi che gravitano attorno al mondo della moto. Alcuni di voi saranno già pratici di inclinazioni del cannotto di sterzo, avancorsa e così via, mentre altri saranno probabilmente vittime delle famigerate “chiacchiere da bar”. Scopriamo insieme queste verità fumose...
Innanzitutto è bene chiarire che sotto la voce “quote ciclistiche” compaiono tutte le misure più importanti inerenti le geometrie di una moto. Tra le principali ricordiamo l’interasse, l’altezza da terra, larghezza e lunghezza, l’inclinazione del cannotto di sterzo, l’offset delle piastre, l’avancorsa e altri dati importanti.
Tra queste misure, tutte importanti, ce ne sono alcune che sono fondamentali e influenzano direttamente il comportamento dinamico della moto: l’inclinazione del cannotto di sterzo, l’offset e l’avancorsa.
La Figura 1 mostra la rappresentazione delle quote ciclistiche principali di una moto. Risulta piuttosto evidente capire che cosa sia l’inclinazione del cannotto di sterzo, vale a dire la misura dell’angolo tra la verticale e l’inclinazione dell’asse di sterzo. L’offset è lo spostamento longitudinale dal perno ruota alla linea tracciata dall’inclinazione dell’asse di sterzo.
Entrambe queste quote geometriche contribuiscono (anche se non da sole) a determinare l’avancorsa, vale a dire la proiezione a terra tra la perpendicolare del mozzo ruota e l’asse di rotazione della forcella. La Figura 2 mostra chiaramente l’avancorsa e il motivo per cui nelle moto moderne si applica un offset alla forcella: per aumentare l’avancorsa senza dover aumentare l’inclinazione del cannotto di sterzo.
Questo libro non rappresenta la sede più adatta per una disamina completa delle geometrie della moto, ma può essere utile sapere che l’avancorsa può essere modificata agendo per esempio sull’altezza della spalla dello pneumatico. Le moto più “corsaiole”, infine, dispongono di un sistema di regolazione dell’inclinazione del cannotto, così da ottenere l’avancorsa desiderata.
Il motivo di tutto ciò è semplice: un’avancorsa ridotta significa minor attrito durante il rotolamento della gomma durante la curva, cosa che si traduce in una maggiore reattività della moto nei cambi di direzione e negli inserimenti in curva. Di contro, tale reattività penalizza la stabilità della moto nelle percorrenze veloci. Ecco perché prima di intervenire su una moto acquistando delle belle piastre di sterzo in alluminio anodizzato, è meglio informarsi se queste abbiano gli stessi valori di offset (Figura 3) dell’originale.
Il vostro corpo è uno strumento
Provate a osservare una gara di moto, anche in TV, e cercate di concentrarvi sulla posizione che i piloti assumono quando danzano tra una curva e l’altra. Noterete subito che ci sono grandi differenze tra uno e l’altro, così come diverse sono le traiettorie che seguono. Lo stile di guida di un pilota è condizionato da molti fattori, ma per ora concentriamoci su quelli che ci riguardano direttamente.
La moto accelera, frena e curva, ma non lo fa da sola: serve il vostro corpo. Durante la guida dovrete contrastare la forza di inerzia in frenata, che cerca di “spingervi” davanti alla moto, quella in accelerazione, che vi “allunga” le braccia, oltre alla forza centrifuga in curva. È evidente che per resistere a tali sollecitazioni non basta starsene seduti in sella come capita, ma ci vuole un metodo. Considerate che il peso del vostro corpo, sommato a tutta l’attrezzatura che indossate, di norma costituisce un buon 50% del peso della moto, ragion per cui quando vi muovete in sella il veicolo è anch’esso sottoposto a sollecitazioni forti. I vantaggi di uno stile di guida corretto sono molteplici. Da un lato è possibile guidare con una minor tensione muscolare, preservando le energie. Dall’altro si carica la moto in modo corretto e nei tempi giusti, massimizzando l’efficacia di un mezzo che è stato progettato per avere in sella un pilota e non uno scimpanzé che si agita a casaccio.
È vero che la moto ha il proprio baricentro, così come voi ne avete uno, ma quando salite in sella, è come se si creasse una sorta di nuovo baricentro, che è la risultante dei due citati. Se il corpo è importante, quindi, lo è anche restare con i piedi per terra: come istruttore di guida ho sentito diverse volte affermare che “si guida solo col corpo”. Il concetto di per sé è corretto, ma l’estremizzazione di tali concetti porta solo a dei guai. Fate pure le vostre prove e verificate se riuscite col solo uso del corpo a far cambiare direzione alla moto in una chicane veloce...
Sacchi di patate astenersi
Sarà forse una reminiscenza dell’uso della bicicletta, ma la sella di una moto è diversa, sia come forma, sia come utilizzo. In bici ci si siede comodamente, anche perché bisogna spingere sui pedali e per farlo al meglio bisogna pur avere un minimo di comodità. In moto è tutto diverso e tra gli errori più comuni c’è proprio il sedersi in sella come dei sacchi di patate, con tutto il peso del corpo che grava sul “cuscino”, come se si trattasse di una poltrona. Come mi spiegò il Campione del Mondo Marco Lucchinelli, la sella in pista è un accessorio inutile e la posizione di guida deve essere scomoda. I muscoli delle gambe devono essere costantemente in tensione e la sella non va toccata neppure in rettilineo. Come abbiamo visto prima, i piloti usano questa tecnica per guadagnare qualche chilometro orario di velocità, ma è utile anche per assorbire meglio le asperità dell’asfalto e le variazioni di livello senza interferire sulla ciclistica e migliorando la stabilità. In pratica è come se le vostre gambe funzionassero come due ammortizzatori supplementari, che smorzano i movimenti del vostro corpo. Dato che la moto risente molto delle forze applicate, occorre fare una precisazione anche per il loro punto di applicazione. Se state seduti in sella, il punto di applicazione della forza peso sarà piuttosto alto (la sella, appunto), mentre se vi sostenete sulle pedane, il punto di applicazione sarà molto più vicino al suolo e al baricentro della moto, migliorando ancora di più la stabilità.
Il fatto di non sedersi come sacchi di patate in sella è fondamentale anche in curva: in caso di una perdita di aderenza improvvisa, se siete troppo seduti non riuscirete a recuperare e verrete sbalzati di sella, in quello che viene chiamato high side.
La piega, questa sconosciuta
Vi siete mai chiesti perché quando affrontano una curva i piloti si protendono verso l’interno? Insomma, perché si piega, portando il ginocchio a terra? Ci sono diverse spiegazioni di questo comportamento, tutte legate in qualche modo alla fisica, ma dato che non si tratta di un testo scolastico di fisica, cercherò di semplificare il più possibile le cose.
L’esempio è bizzarro, lo so, ma spero possa tornarvi utile per comprendere il perché di questa tecnica.
Siete mai saliti sui trampoli? Da ragazzi in molti lo hanno fatto; salendo sui trampoli, quando si è ancora vicini al terreno, si riesce a mantenere abbastanza agevolmente l’equilibrio. A mano a mano che si sale e ci si allontana da terra, l’equilibrio diventa sempre più precario, al punto che il minimo movimento provoca una grande variazione della stabilità. Con la moto non è molto diverso, anche se si tratta di un sistema in movimento: più restate in alto e più sarete instabili e poiché, oltre alle forze normali che determinano l’equilibrio, c’è anche la forza centrifuga (che tende a farvi “partire” per la tangente in esterno curva), controbilanciate il sistema di forze portandovi all’interno. Il fatto di toccare l’asfalto con il ginocchio (o meglio con lo slider) non è di per sé indicativo, dato che serve solo come riferimento di quanto il binomio moto-pilota è inclinato rispetto all’asse normale. Non commettete il classico errore del principiante: essere convinto che toccare con il ginocchio significhi andar forte. Si tratta infatti solo di una conseguenza della guida veloce, non di un traguardo.
L’altro motivo per cui si piega in curva è per massimizzare l’impronta a terra dello pneumatico. A differenza degli pneumatici per auto, che hanno un profilo piatto, quelli per le moto, in particolare le supersportive, hanno profili curvi e più o meno appuntiti. All’aumentare dell’inclinazione della moto in curva, la superficie di contatto tra gomma e asfalto si riduce sempre di più e la conferma di questo fatto è che a grandi inclinazioni non è possibile accelerare più di tanto, a meno desiderare ardentemente di volare per aria, in quello che gli addetti ai lavori chiamano high-side. Sporgendosi dalla moto, però, il pilota riesce a raddrizzare un po’ di più la moto rispetto a una guida “normale”, facendo sì che la superficie di contatto tra gomma e asfalto sia maggiore; ciò si traduce nella possibilità di aprire prima (e di più) il gas, per affrontare la fase di uscita dalla curva e l’accelerazione. I profili degli pneumatici moderni sono cambiati molto nel corso degli ultimi anni e ora offrono una “spalla” (la parte più esterna del battistrada) molto consistente. Il profilo complessivo è quindi molto appuntito e questa conformazione ha il pregio di offrire una superficie di contatto migliorata anche a forti inclinazioni. Provate a osservare uno pneumatico stradale comune e una gomma in mescola (meglio ancora se slick): noterete subito l’enorme differenza del profilo. La Figura 4 evidenzia proprio questo tipo di differenza; a parità di larghezza del pneumatico, lo slick sulla destra è molto più appuntito, cosa che, se da un lato lo rende meno stabile in rettilineo e frenata, dall’altro offre una superficie più rettilinea in corrispondenza della spalla.
Furio Piccinini*
Il libro "La guida in pista", edito da Hoepli, è disponibili a questo link
* Furio Piccinini, classe 1976, è l'autore del volume “La guida in pista”, che verrà sviscerato in una serie di puntate su Moto.it, ma se avete fretta potete andare in libreria o collegarvi al sito dell'editore Hoepli e acquistarlo. Piccinini ha collaborato come istruttore di guida con diverse scuole di pilotaggio e circuiti italiani. Attualmente prosegue nell’insegnamento delle tecniche di pilotaggio presso varie piste.
opss ...Riassetto ;-)
riasetto dopo cambio sezione da /60 a /70 pneumat
dopo aver sostituito il pneumatico anteriore da un /60 a /70 ho sfilato le forche di 5 mm per far tornare l'avancorsa originale....ho fatto bene??
se all'ungo anche l'interasse cosa succede??
Grazie.