Manuale di resistenza motociclistica: I garanti della sicurezza
La buona notizia è che il subcomandante Marcos non si ritiene più necessario e ha deciso di scomparire per sempre, soddisfatto di avere visto nascere una nuova generazione zapatista rivoluzionaria e matura tanto da non avere bisogno di alcun leader; la cattiva notizia è che in campo motociclistico di subcomandanti (…Marquez??) ce ne vorrebbero perlomeno dieci a guidarci nella battaglia della sicurezza sia sul fronte interno, per fare comprendere al motociclista medio che guidare con prudenza è nel suo intimo interesse, che sul fronte esterno, cercando di stimolare le istituzioni a stabilire obblighi e diritti quantomeno sensati; se poi fossero anche giusti sarebbe tutto grasso che cola…
In questo senso, mi accorgo spesso che i peggiori nemici della nostra stessa incolumità sono coloro che vogliono prendersi cura di noi ad ogni costo. In preda ad uno slancio altruistico in bilico tra ansia da prestazione e disturbo di personalità orientato alla compulsiva protezione del motociclista, forse creduto un indifeso cucciolo di cinghiale, i legislatori nazionali ed europei si occupano di noi mandando in Gazzetta Ufficiale delle sonore boiate, promettendo di farne altre e tralasciando inspiegabilmente ambiti dove ci sarebbe invece molto da fare per la sicurezza dei motard.
In Europa, tanto per fare un esempio in linea con i tempi, si fatica ad approvare una chiara normativa che obblighi i singoli Stati ad adottare i guardrail salvamotociclisti, quelli che se cadi e hai la ventura di averne uno sulla traiettoria della scivolata sai già che non finirà a sushi. Inoltre, sempre in Europa, qualcuno vuole obbligare chi va in moto a vestirsi con un demenziale abbigliamento standard protettivo, in nome della legge e della sicurezza. Per non parlare della temutissima - da noi motociclisti, altri invece ci sperano - revisione annuale, come se le moto inacidissero come lo yogurt e a scadenze ravvicinate debbano essere controllate; temo che il prossimo step possa essere limitare la percorrenza annua a 5.000 chilometri, oppure vietare l’uso di motocicli sotto i dieci gradi e sopra i trentacinque e nel contempo sancire l’obbligo di verniciarli in colori fosforescenti e di farsi precedere da un mezzo che ne annunci il passaggio, come avveniva per le prime automobili dell’Ottocento. Tutto nel tronfio nome della sicurezza, demagogico mostro sacro al quale immolare logicità d’azione e di idee. Mi viene in mente quell’aforisma di Woody Allen “se la vita è un dono di Dio, grazie ma bastava il pensiero”. Che nella fattispecie potrebbe diventare: caro parlamentare, se mi vuoi davvero salvare la vita almeno informati e non ti occupare di ciò che non conosci.
Il problema, molte volte, è che le leggi non le scrive chi in buona fede ben conosce gli argomenti che le stesse norme vogliono regolare, ma i burocrati: quella razza padrona che presidia i posti chiave dell’amministrazione statale (ed europea) dietro le quinte di un qualsiasi governo, difendendo i propri interessi e quelli delle lobby che premono e “invogliano”. E’ di fatto inutile fare pressione sui parlamentari o sul governo per sensibilizzarli a un tema, come la sicurezza dei guard rail, se poi la relativa legge viene o scritta malissimo da burocrati ignoranti/in mala fede, o – laddove fosse stesa in modo adeguato - resa inefficace da meccanismi di attuazione che ne rendono impossibile l’applicazione concreta. I burocrati agiscono nell’ombra, sfruttando la loro assenza dal palcoscenico mediatico, e noi dobbiamo stanarli se vogliamo che le leggi sulla sicurezza stradale tutelino i nostri interessi e non quelli di industrie, politici, faccendieri. Hasta la manetta siempre!
È una dura battaglia, non lo nego. Possiamo tirarci indietro, lamentarci e piangere oppure coraggiosamente resistere e fare qualcosa di rivoluzionario per la sicurezza di tutti: io propongo di eleggere due Probiviri della Sicurezza Motociclistica col compito di fare pubblicamente pressione sui politici e burocrati per sensibilizzarli a legiferare in materia di sicurezza stradale con scienza e coscienza, costringendo tutti gli attori del processo legislativo ad agire alla luce del sole e ad accollarsi pubblicamente la responsabilità delle loro eventuali malefatte.
Provate ad immaginare due Probiviri della Sicurezza Motociclistica - eletti attraverso una piattaforma web “liquida” condivisa da tutte le più rappresentative testate moto-giornalistiche d’Italia - apparire in televisione e sul web per dare un volto alle proposte dei motociclisti riguardo la sicurezza stradale, contrastando l’immissione nel sistema giuridico di leggi inutili o persino dannose ai fini della sicurezza, magari tutte quelle norme che invece mandano in brodo di giuggiole certe lobby pressanti su burocrazia e politica per il sostengo ai loro interessi. Attraverso un’universale e indiscussa notorietà presso fasce di pubblico ampissime, i nostri due campioni dalla chiara autorevolezza - certamente imparziali rispetto alle industrie e le lobby, sciolti da ogni legame politico, non retribuiti in alcuna maniera ma ripagati dal prestigio e dalla notorietà che il singolo mandato triennale non rinnovabile gli conferirebbe - renderebbero pubbliche le immani boiate spacciate per provvedimenti salvavita e la palese illogicità di certe proposte come quella dell’abbigliamento standard per i motociclisti, contribuendo fattivamente a instillare nell’opinione pubblica un’immagine della sicurezza stradale più concreta e più critica.
I Probiviri avrebbero inoltre la missione di informare il pubblico per una migliore sicurezza sulle strade di tutti i giorni, indicare la via ai politici e sbugiardare pubblicamente i burocrati inefficienti o in mala fede attraverso i media più diversi e trasversali: non solo, data la forza mediatica dei due Probiviri, il Governo e i parlamentari farebbero a gara ad accaparrarsene la benevolenza e l’approvazione, del resto sappiamo tutti come i politici non aspettino altro che poter mettere il cappello su meriti da poter poi rivendere come propri alle prime elezioni utili; per questa via inizierebbero ad essere introdotte nel sistema e nel Codice della Strada norme sulla sicurezza dei motociclisti con una reale e concreta utilità, di immediata comprensione, facili da applicare e da far rispettare e per questo condivise da tutti gli utenti; a questo scopo è indispensabile la massiva presenza dei Probiviri sul Web e sui canali televisivi grazie a fondi garantiti dalle Case motociclistiche, dagli importatori e dai costruttori di accessori che immagino molto contenti di finanziare un’attività di comunicazione seria e a lungo termine tesa ad accrescere il parco circolante e a porre motociclette e centauri in primo piano migliorandone l’immagine presso il grande pubblico.
Aggiungo pure che una simile campagna mediatica porterebbe un aumento della sicurezza stradale con conseguente certa riduzione di incidenti e spese pubbliche connesse: non solo più sicurezza per i motociclisti, ma più benessere per l’intera collettività in questa mia proposta aperta a tutte le critiche, purché rivoluzionarie. Amici, fratelli in aria e benzina a vario titolo miscelate tra di noi: se essere rappresentati da politici infingardi è a rischio di inconcludenza, la soluzione dei Probiviri della Sicurezza Motociclistica potrebbe risolvere il problema a patto di trovare due integerrimi campioni che raccolgano la sfida. Facciamo i nomi, proponiamo due personaggi che abbiano autorevolezza sia all’esterno che all’interno del mondo delle motociclette e diamo l’avvio ad una nuova fase dove le leggi che ci riguardano vengono scritte anche con il nostro consenso e contributo.
Va bene, mi fermo qui prima che la temperatura nel garage da dove lancio i miei enfatici sproloqui salga oltre il limite dell’autocombustione e il fumo comunichi la mia posizione a chi non mi vuol bene. Caro subcomandante Marcos, buon vento. Io invece rimango qui a presidiare i miei sogni di giustizia a due ruote, nella speranza che un giorno due Probiviri difendano le nostre selle e ci rendano fieri di essere liberi motociclisti. Mi mancherai subcomandante; hai comunque lasciato qualcosa, un messaggio, un’eco: il sogno di una persona sola rimane un sogno, quello di tante persone insieme è la realtà che comincia.
A. Seeger
@v4lkyrie81
- anche con soli 50 cavalli (185 km/h di una ER-5) puoi fare e farti tanto male
- la moto è passione e sogno e se non sei in grado di sognare o di desiderare qualcosa di magnifico (come un'ipotetica sportiva da 200 cv che magari non comprerai mai) poi ti passa pure la voglia di avere la moto "normale"
- limitare la libertà di avere una moto potente è un gesto odioso
- come si vede dal mercato, le moto la potenza se la limitano da sole, premiando modelli con potenze "umane"; tanto che le supersportive da 180 cv non fanno più tante vendite.
- per ultimo, con quale criterio e quale limite di potenza fissare?
Questione di testa