Nico Cereghini: "I raduni invernali scaldano il cuore"
Ciao a tutti! Con il freddo e il gelo di questi ultimi giorni, magari con un bel fuoco che crepita nel caminetto la sera, è difficile immaginare che si possa star bene anche sotto una tendina canadese, pronti a passare la notte in mezzo alla neve. Eppure ci sono molti motociclisti che si preparano a partire: c'è l'Agnellotreffen sulle Alpi piemontesi, c'è l'Elefantentreffen in Germania, i raduni invernali chiamano e bisogna andare. Ma perché ci si va? Qual è il fascino di questi gelidi convegni internazionali?
L'Elefantentreffen è arrivato alla sessantaduesima edizione, e questa volta si svolgerà dal 2 al 4 febbraio. La prima edizione risale al lontano 1956, e fu in realtà il raduno dei sidecar militari Zündapp, i famosi KS 601 Gespanne impiegati dall'esercito tedesco nella seconda guerra mondiale, mezzi indistruttibili, soprannominati appunto "elefanti" e discretamente sinistri per la nostra storia. Per fortuna il raduno si è trasformato in seguito in qualcosa di più allegro e popolare, una festa aperta a tutti i tipi di moto e a tutti i motociclisti, e dall'89 si svolge non più al Nürburgring o al Salzburgring, ma ad una sessantina di chilometri da Passavia, in Baviera, più o meno a seicento km da Verona.
Il nostro Agnellotreffen arriva una settimana prima, dal 26 al 28 gennaio. E' solo alla sua quinta edizione, ma va forte. Si svolge nelle Alpi tra Italia e Francia, sotto il colle dell'Agnello appunto, a Pontechianale, provincia di Cuneo, milleseicento metri di quota. La leggenda vuole che sia nato dopo l'esperienza vissuta da un gruppetto di motociclisti italiani che, capitati da quelle parti in pieno inverno, non trovarono un albergo e dovettero passare la notte in tenda. A me pare somigliare un po' troppo, come storia, a quell'altra di Betlemme e della celebre capanna... ma va bene, possiamo anche crederci, l'importante è andarci. Ma quali sono le molle che spingono un motociclista a soffrire nel gelo giorno e notte? Un po' di masochismo sì, naturalmente, ma non soltanto quello.
Le esperienze estreme hanno un certo fascino. Non per tutti, ma per alcuni certamente sì.
Penso alla Dakar, o al Bol d'Or, per parlare di moto, o alla conquista del K2. Non sono tutte uguali: la Dakar nasce dalla passione per la guida fuoristrada, e allora guidare per migliaia di km in posti unici al mondo con una organizzazione alle spalle diventa un sogno. La 24 Ore invece non è tanto l'amore per la guida, ma piuttosto una grande sfida di resistenza e di velocità in pista, al manubrio di una supermoto da corsa. Mentre il K2 è la passione per la montagna che diventa quasi una ossessione. Ho letto i libri dell'amico Marco Confortola, che è anche un motociclista, e questo appare. Ecco, i raduni invernali non sono così al limite, in fondo sono alla portata di tutti, però contengono gli ingredienti dell'avventura estrema: le condizioni molto difficili, l'impegno fisico e la fatica, i momenti tosti quando stai per crollare e ti domandi chi te lo ha fatto fare. Con il grande, incommensurabile vantaggio di condividere la tua esperienza con tanti altri che ti assomigliano. E nasce un gruppo con forti legami. È una sfida con se stessi, alla fine, e, una volta vinta, diventa tua e resta scolpita nella memoria in tutta la sua suggestione. Ogni anno ti chiama: c'è il Treffen, come faccio a restare a casa, proprio io che lo conosco e l'ho vissuto a fondo?
Nella vita ne ho vissute tante: ho passato molte notti in una tendina montata sulla neve, ho guidato e sono caduto e ho anche forato una gomma sulle strade gelate, ho spinto moto per molti chilometri, ho tentato invano di accendere un fuoco con la legna bagnata per cuocere qualcosa o semplicemente scaldarmi. E sono sicuro che non vi sorprenderà saperlo: tutte queste cose, che lì per lì mi hanno dato parecchio fastidio, restano tra i miei ricordi più belli.
Probabilmente chi ha bisogno di evasione la vede in un altro modo. Io la montagna d'inverno preferisco viverla in altri modi, anche più estremi, ma senza moto.