Nico Cereghini: “Viva il numero 1!”
Ciao a tutti! Dunque sia Pecco Bagnaia sia Alvaro Bautista scenderanno in pista con il numero 1. Non è stata una scelta facile, lo hanno sottolineato entrambi, e probabilmente la Ducati ha tirato loro la giacchetta, come si dice. Ma del resto tutti possono capire che per un costruttore sia molto importante esibire il numero 1 sulla carenatura. Siamo i campioni, evviva, anzi i bi-campioni e dopo un mucchio di anni. E sarà bello ricordarlo al mondo ad ogni gara e su tutti gli schieramenti di partenza…
A me la scelta piace, anche se mi rendo conto che i numeri personali oggi più che mai hanno un valore preciso sul piano della riconoscibilità del pilota e anche più materialmente su quello del business. Il merchandising di ogni pilota ha la sua importanza, Pecco e Alvaro dovranno metter mano alla loro collezione di cappellini, felpe e t-shirt. Ma credo che lo faranno volentieri.
Anni fa ci sono stati altri piloti che hanno rinunciato al loro numero tipico. I casi più noti sono quelli di Kevin Schwantz, che nel ’94 passò all’1 dal suo mitico 34. Ma anche Nicky Hayden rinunciò al suo 69 nel 2007, e Casey Stoner al suo 27 sia nel 2008 (sulla Ducati) sia nel 2012 (Honda). Jorge Lorenzo abbandonò il suo numero personale nel 2011 dopo il primo dei suoi tre titoli, ma poi nel 2013 e nel 2016 preferì tenere sulla M1 il suo affezionato 99. Era incerto e si affidò a un sondaggio tra i fan, come aveva fatto del resto nel 2009 quando rinunciò al 48.
Quanto ad Agostini, che siamo tutti abituati a vederlo nelle fotografie con l’uno sulla carenatura, va detto che negli anni Sessanta - e anche nei Settanta - i numeri di gara erano per lo più assegnati “ad capocchiam”. Fu Phil Read, nella prima gara della stagione 1975 al Castellet, il primo a far esplodere il caso. Forte di due titoli consecutivi in 500 voleva l’1, lo avevano assegnato a un altro, non si arrese e corse con lo zero sulla MV.
Sheene e Valentino non hanno mai voluto cambiare il loro numero caratteristico. Questione soprattutto di cabala, per loro e in quell’epoca del mondiale: il numero 7 era considerato anche da Barry (che era parecchio superstizioso) il numero perfetto, il 46 invece era il numero di babbo Graziano quando vinceva e con quel numero Valentino ha cominciato bene. Per Rossi, poi, quando si vince non si cambia nulla. E’ una questione di metodo: non voglia il caso - pensava il Dottore - che cambiando qualcosa cambi anche il risultato...
In conclusione mi sarebbe andato bene tutto, per quanto riguarda Pecco e Alvaro. Avessero voluto mantenere i loro numeri di sempre non avrei avuto nulla da obiettare. Ma sono contento che abbiano invece deciso per il numero 1. Contento per la Ducati, naturalmente, che è regina in MotoGP e in SBK. Ma soprattutto per loro: sono i campioni in carica, sono stati i migliori del mondo, dal numero avranno una motivazione in più.
I piloti avranno avuto modo di farsene una ragione (ed essere campioni del mondo non mi sembra male come ragione)).