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On the Road. Scuola di guida sulle Ande

- Dopo tre giorni passati in mezzo alle Ande senza nessun tipo di segnale o connessione, oggi sono tornato nel mondo "occidentalizzato"...
On the Road. Scuola di guida sulle Ande

Dopo tre giorni passati in mezzo alle Ande senza nessun tipo di segnale o connessione, oggi sono tornato nel mondo "occidentalizzato" e posso scrivere qualche riga sul progresso della mio viaggio nell'interno della Colombia.

In verità avevo avuto un paio di occasioni di collegarmi ad Internet la settimana scorsa, ma con una media di 250 km al giorno di cui almeno 150 in fuoristrada, mi sono trovato quasi ogni sera ad avere solo la forza di arrampicarmi sul letto e cadere in un sonno comatoso.

Le strade colombiane offrono panorami meravigliosi e situazioni che ogni motociclista sogna fin da bambino, ma guidare qui richiede tanta attenzione e concentrazione da risultare molto stressante ed affaticante. Sia su strada asfaltata che in fuoristrada, persino nel mezzo di quello che sembra il nulla totale dell'entroterra, può saltarti davanti di tutto e in qualsiasi momento. Motorette con tre passeggeri a bordo o cariche di talmente tanta roba da occupare quasi tutta la carreggiata. Oppure le enormi chiva, le variopinte camionette di derivazione militare che fungono da trasporto pubblico nelle zone rurali o montane. E poi mucche, cavalli, cani... tantissimi cani, bambini, vecchietti ubriachi, posti di blocco della polizia o dell'esercito. Chi più ne ha più ne metta.


Anche il fondo stradale fa la sua parte: molti degli stradoni a quattro corsie che sono stati costruiti negli ultimi anni, dove l'asfalto permette pieghe da MotoGP, si trasformano improvvisamente in stradine sterrate, o, peggio, in attraversamenti fluviali tipo Amazzonia. Molto spesso le due situazioni si alternano, con 4 o 5 km di asfalto e 400 o 500 metri di sterrato, spesso causato da una vecchia frana mai completamente ripulita (i famigerati derrumbe).


Con questa premessa si esaurisce anche ogni mia nota "negativa", lasciando spazio alle stupende sensazioni che questo Paese mi ha dato fino ad oggi, sesto dei nostri 10 giorni di viaggio previsti.
La gente è davvero cordiale ed ospitale, mai uno sguardo di traverso o un gesto di impazienza, nemmeno quando in alcuni casi siamo sfrecciati attraverso degli improvvisati paesini fin troppo veloci, sollevando della gran polvere.

A ripensarci mi sento in colpa, ma delle volte è davvero impossibile pensare che dietro ad una curva, dopo decine e decine di chilometri di offroad nella foresta o nel deserto, ci si possa trovare nel mezzo di un centro abitato...

Il cibo è una questione di gusti: Mike, la nostra guida di Motolombia, è vegetariano e fa una gran fatica a trovare di che sfamarsi, ma se vi piacciono la carne, il pollo o il maiale alla griglia, questo è il paradiso.


Ma, tornando a quanto dicevo all'inizio, questa parte della Colombia è davvero il sogno di ogni motociclista diventato realtà. Ogni singolo giorno abbiamo fatto gran pieghe su asfalto, derapato su interminabili strade bianche, sudato tra le pozze di fango nella foresta pluviale e smanettato lungo interminabili tratti di deserto. Sì, ogni singolo giorno, perché la Colombia è un continuo susseguirsi di catene montuose tipo le nostre Alpi ed enormi vallate che possono essere semi-desertiche o al contrario paludose, il tutto condito da una vegetazione lussureggiante ed un clima subequatoriale.

In poche parole sembra di essere ad un corso di "guida totale", tanto che in pochissimi giorni mi sento di poter dire di essere migliorato come motociclista: mi accorgo che la mia fluidità e la mia malizia su tutti i diversi tipi di terreno sono decisamente salite di livello.


Per darvi un'idea del giro che stiamo facendo io e Sandro, che mi raggiunge sempre dal Brasile ogni volta che gli propongo qualche avventura su due ruote, vi do un paio di indicazioni.

Le Ande in Colombia si dividono in tre cordigliere minori, e noi le stiamo scavalcando avanti ed indietro.
Siamo partiti da Cali, nel sudovest del Paese, e ci siamo diretti a nord verso Salento, nel cuore delle piantagioni di caffè. Da lì abbiamo attraversato la valle del Cocora fino a Manizales per poi salire fino a 4.000 metri e scavalcare le Ande centrali alle pendici del vulcano Nevado del Ruiz. Da qui siamo scesi fino a raggiungere Honda (?!?) la cittadina con le temperature medie più alte di tutta la Colombia.


Qui c'è anche un ponte costruito dalla San Francisco Company, la stessa che ha eretto il Golden Gate. Questo ponte a suo tempo è stato realizzato interamente negli USA per poi essere disassemblato e spedito via nave fino a qui, attraverso Panama e risalendo il fiume Rio Magdalena per migliaia di chilometri. Una volta arrivato a Honda, il ponte è stato riassemblato, usando solo bulloni e rivetti visto che all'epoca la tecnologia delle saldature era agli albori.

Da Honda abbiamo seguito il Rio Magdalena per alcune ore, che sono state probabilmente tra le più lunghe della mia vita. In un caldo umido soffocante e con le KLR650 cariche come muli e con gomme da enduro turistico, ci siamo infilati in una serie infinita di pozzanghere e vere e proprie fangaie. Ben presto lo spirito goliardico innescato da un mio bel tuffo fino al collo nella melma ha lasciato spazio ad un sordo rancore, e credo che in quel momento le orecchie di Mike fischiassero non poco. Ma alla fine siamo sopravvissuti e, come sempre in queste occasioni, quelle ore passate a sguazzare ci sembrano adesso uno dei momenti più belli del viaggio... Vai a capire la natura umana!

Alla sera, dopo ore di deserto, siamo arrivati a Tatacoa, dove il mattino dopo abbiamo visitato le incredibili formazioni geologiche ed una inattesa fonte termale nel bel mezzo del deserto.
Dopo Tatacoa siamo risaliti sulle montagne e mangiando una tonnellata e mezzo di polvere abbiamo raggiunto il remoto villaggio di Tierradentro, una zona abitata da popolazioni del ceppo Indio che ospita una serie di suggestive tombe precolombiane scavate nella pietra.


Mentre scrivo mi trovo in albergo a San Agustin, un villaggio famoso per le statue precolombiane trovate in questa zona negli Anni '30 del Novecento e ritenute in qualche modo collegate alle popolazioni di Tierradentro. Non si sa molto di più perché entrambe le civiltà si estinsero ben prima dell'arrivo dei Conquistadores.

Oggi, nel nostro giorno di riposo, abbiamo anche fatto del rafting tra le rapide del Rio Guarapas... Giusto per non prendersela troppo comoda!

Pietro Ambrosioni

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