Patente moto: l’esame pratico è efficace?
Appassionato delle due ruote fin da piccolo, mi ritengo un motociclista da circa due anni. A vent'anni appena compiuti ho conseguito due patenti di guida per motocicli, la A1 e la A2.
Prima di argomentare il mio giudizio vorrei fare una breve premessa: oltre al tradizionale corso dell'autoscuola, ho avuto la fortuna di approfondire privatamente la mia preparazione motociclistica tramite diversi corsi di guida sicura in strada ed in pista. Grazie al mio istruttore e amico Max Temporali ho affinato la tecnica ed imparato a conoscere il metodo giusto di vivere la moto, la sua manutenzione e l'abbigliamento adeguato. Sono quindi riuscito a mettere a confronto due sistemi diversi di imparare. Uno un po' grossolano. Uno invece mirato a perfezionare e rendere più sicura la mia passione.
Dalla mia recente esperienza in motorizzazione ho potuto constatare parecchie negligenze da parte di istruttori ed esaminatori, a mio parere troppo spesso lontani dal mondo delle moto e dei motociclisti. L'esame pratico si svolge in due parti: il candidato dovrà prima affrontare un percorso all'interno del piazzale della motorizzazione e poi guidare la moto in strada, seguito da una macchina con a bordo l'esaminatore che detta le manovre tramite una radiolina.
Il percorso non è particolarmente arduo e mette in difficoltà solo i meno esperti. Le manovre sono semplici e non viene insegnato veramente come reagire a pericoli imminenti. Un breve slalom tra i birilli, seguito dalla simulazione di un tornante stretto, un ostacolo in traiettoria e di una frenata di emergenza. Lo scopo degli istruttori è permettere agli allievi di passare l'esame, non di imparare a guidare la moto.
Cerco di spiegarmi meglio: la moto affascina uomini e donne di tutte le età. I sedicenni che sognano la prima 125cc si rivolgono all'autoscuola per conseguire la patente A1, mentre i più maturi sceglieranno le tipologie A2 o A. Il compito degli istruttori dovrebbe essere quello di introdurre i neofiti non solo alle due ruote, ma anche all'abbigliamento specifico per i motociclisti e alla corretta manutenzione del mezzo. Spesso però la posizione in sella, le varie tipologie di caschi, paraschiena e giubbotti vengono trascurate per dar spazio alle regole del codice stradale.
Preciso: non sto mettendo in dubbio l'assoluta importanza delle frecce, delle precedenze o del limite di velocità. Durante la prova in strada dell'esame pratico però ho assistito a scene che mi hanno fatto pensare che diversi istruttori o esaminatori, in moto non ci siano mai saliti!
Origliando i suggerimenti che prima dell'esame gli istruttori dispensavano ai loro candidati ho sentito per la prima volta il termine "posizione del motociclista". Questa scomodissima posa, se cosi si può chiamare, consiste nel poggiare il piede sinistro a terra durante la fermata, tenendo il destro sulla leva del freno posteriore. Oltre ad essere innaturale è sinceramente inutile.
Usciti dal piazzale della motorizzazione, comunicando con una radiolina, l'esaminatore inizia a "testare" il candidato. Arriva subito il suggerimento: "rimani a destra della carreggiata". Certo, il codice della strada insegna che i motocicli devono occupare il lato destro della strada, tuttavia la pratica può essere pericolosa. Troppo spesso infatti, causa degli incidenti (anche quelli con gravi conseguenze) è la noncuranza degli automobilisti che, avendo parcheggiato, aprono la portiera all'improvviso e ostacolano il percorso del motociclista. Spesso poi, oltre alla vicinanza del guardrail, i bordi delle nostre strade sono malridotti e mettono in pericolo l'equilibrio del centauro, per non parlare di quanto si riduca la visuale rispetto a cosa può uscire da portoni o incroci, ma anche a cosa ci sia dietro una curva a destra, stando il più possibile al margine della carreggiata.
Ed eccoci alla rotonda. Per essere più in sicurezza possibile la moto dovrebbe stare inclinata il meno tempo possibile. Il buon senso direbbe di tagliare la rotonda nel modo più diritto possibile. Le manovre imposte ai candidati invece sono spesso troppo curve e la rotatoria viene affrontata molto larga, aumentando il rischio di caduta in caso di presenza di olio in strada o asfalto sdrucciolevole. L'osservanza di alcune regole da codice necessarie a conseguire la patente toglie spazio a segreti fondamentali che consentono a qualsiasi motociclista di salvare la pelle.
La scalata non viene proprio calcolata. La maggioranza degli allievi arriva allo "stop" in quarta ed ingrana la prima solo una volta fermo e con il piede a terra. Adeguare sempre la marcia alla velocità è importantissimo: permette al motore di reagire tempestivamente ai comandi in caso di emergenza. Inoltre con marce più basse il freno motore è più efficiente, dunque in frenata è necessaria la scalata.
Il freno posteriore viene ritenuto inutile. Chiedendo ai dieci allievi presenti all'esame, mi hanno tutti dato conferma di utilizzare solo il freno anteriore. Viene insegnato che è poco sicuro frenare col posteriore, è facile perdere l'aderenza. Mi chiedo se invece sia sicuro pinzare con tutta la forza sul davanti, caricandolo come se in circonvallazione stessimo affrontando la San Donato, la prima staccata del Mugello.
Se i freni sono due un motivo c'è. Quando si usano entrambi in maniera sinergica, la moto mantiene un assetto più stabile perché il peso non si distribuisce solo sull'avantreno – è il motivo per cui si diffondono sempre di più impianti integrati che azionano sia anteriore che posteriore distribuendo il carico sulle pinze grazie all’elettronica. Quando poi si è costretti a frenare in curva, l'utilizzo del freno davanti potrebbe far "chiudere" l'anteriore ed avere conseguenze disastrose. E' opportuno quindi adoperare il posteriore a moto piegata, sia per rallentare che per correggere la traiettoria.
Di scomporsi dalla sella neanche bisogna parlarne... “Chi ti credi, Valentino Rossi?”. Un tornante affrontato con il corpo e il ginocchio leggermente fuori, volto a direzionare l'ingresso in curva, ha conseguenze molto diverse rispetto a pieghe con moto estremamente inclinata e pochissima superficie di gomma a contatto con l’asfalto.
Gli incidenti stradali sono troppo spesso ricondotti alla noncuranza dei motociclisti, sia per quanto riguarda la manutenzione del mezzo che per la guida un po' azzardata. Secondo i dati Dekra 2012, nel 95% dei motocicli protagonisti di incidenti è stata riscontrata una difettosità tecnica: gomma liscia, luce dello stop non funzionante, pastiglie dei freni consumate, ecc. Il rischio è che queste brutte abitudini si consolidino nel tempo.
Una volta presa la patente, il mio consiglio è quello di seguire il mio esempio: interessarsi e intraprendere una serie di lezioni di guida sicura da piloti esperti e capaci. Solo così è possibile mediare fra il giusto rispetto del Codice della Strada e la sicurezza, concetto cambiato ed evolutosi in maniera esponenziale con il passare degli anni, il cambiare delle condizioni del traffico e il progredire della tecnica motociclistica.
Federico Brando Iozzi
certo che non è efficace!
Da solo