Per Nielsen e Nicholas Bech, le anime folli di Wrenchmonkees
«Certe volte senti che la moto che hai di fronte non è nata per essere quello che è: potrebbe essere più leggera, più maneggevole, più bella» Per Nielsen, Crew Chief @Wrenchmonkees
«Se vuoi una moto perfetta non comprare una custom-bike; tutti abbiamo visto Easy Rider: beh, quelli guidavano moto di merda ma se ne fregavano e si divertivano». Nicholas Bech, Monkees Designer @Wrenchmonkees
Per Nielsen e Nicholas Bech sono due ragazzoni danesi di oltre 40 anni con una grandissima passione per le motociclette e mani d’oro; dal 2008 sono noti al pubblico come Wrenchmonkees: più che un bike-shop, una fede e una lente di ingrandimento sulla scena motociclistica danese. Oltre a costruire le loro uniche custom-bike collaborano con Yamaha nel progetto “Yard Built” con la loro XJR 1300 Monkeefist e la SR 400 Gibbonslap e hanno fondato una linea di abbigliamento (Wrenchmonkees A.C) nello stesso stile delle loro essenziali e curatissime motociclette.
Siamo andati a trovarli a Copenaghen, ci hanno dato una tazza di caffè con la scritta “A biker’s work is never done” e abbiamo iniziato a chiacchierare a ruota libera sul concetto di arte applicata alla moto, come se fossimo amici da sempre. Cosa c’è veramente dietro chi fa il customizer 24/7?
Tutto è cominciato così
Ho notato che in giro per Copenaghen non ci sono molte moto nuove e anche voi lavorate soprattutto su moto anzianotte, come mai?
Per Nielsen: «In Danimarca le moto nuove sono carissime mentre quelle usate perdono rapidamente valore e le puoi comprare ad un prezzo onesto, per questa ragione le persone o tengono la stessa moto per molto tempo o preferiscono comprarne una usata. Così nel 2004 abbiamo iniziato a trasformare le nostre motociclette usate e quelle dei nostri amici, con pochi soldi potevi farti una bella special! Successivamente abbiamo deciso di comprare tre vecchie motociclette a 400, 1000 e 1200 euro, ci abbiamo investito del tempo e dei soldi e le abbiamo portate ad un evento come l’EICMA ma molto più in piccolo qui in Danimarca, sono piaciute ed in un anno le abbiamo vendute tutte e tre: molti ci dicevano “Chi siete? Cosa fate ? Come potete chiedere 10.000 euro per una moto come quella?”. C’è voluto del tempo. Poi è venuta “Gorilla Punch”, una moto che ci fu commissionata per una esibizione al Museo di Industrial Art a Copenaghen, il cui successo ci ha spinto a fare sul serio e a fondare Wrenchmonkees».
Quante moto costruite ogni anno?
«Da otto a dieci, tutte su ordinazione. Facciamo poche moto solo per “fun”, principalmente dobbiamo seguire i clienti e dobbiamo affrontare molti compromessi: qual è il budget? Deve essere confortevole? Deve essere biposto? Molte delle moto che abbiamo costruito non sono esattamente espressione di quello che volevamo fare perché abbiamo dovute tenere in considerazione il budget e le richieste del cliente».
I prezzi delle vostre moto sono alti?
«All’inizio noi chiedevamo 4/5000 euro per motocicletta e questo bastava solo a coprire i costi delle parti speciali; adesso siamo nella posizione di poter chiedere un budget adeguato ma trasformare motociclette non è ancora un buon business».
Lo fate anche per passione
«Esatto, ti faccio solo un esempio (mi fa vedere la foto della loro fantastica trasformazione di una Laverda 750 SF ampiamente commentata pure su Moto.it): credo che il budget fosse 15.000 euro, ma il serbatoio da solo costò quasi duemila euro! E’ stato un bel progetto che è durato quasi due anni: il cliente è venuto da noi dicendoci “costruitemi qualcosa di veramente speciale”, qualcuno ci ha pure accusato di blasfemia dicendoci (Per ride alzando un improbabile dito accusatore): “tu non puoi fare questo ad una vecchia Laverda!”».
Cosa pensate delle show-bike, di tutte quelle moto molto belle ma decisamente inguidabili?
«Le show-bike spostano i confini. In effetti noi prendiamo ispirazione sia dalle show-bike che dai customizers privati perché loro possono osare molto più noi. Quando abbiamo costruito “Gorilla Punch” all’inizio non era guidabile, non aveva parti elettriche, i carburatori non funzionavano, era solo per lo show; ma abbiamo ricevuto molte richieste e ne abbiamo fatto una versione funzionante, ma la guidabilità era così così… (fa una smorfia semiseria)».
Quando costruite una moto qual è la prima cosa che cercate? Un buon design, la guidabilità, le prestazioni o magari un bel rumore di scarico?
«E’ sempre un mix di queste cose, perché ad alcuni dei nostri clienti non importa della guidabilità della moto e ci chiedono di montare i Firestone… sono delle gomme schifose, di merda, proprio non funzionano ma ai clienti non importa: loro vogliono che la moto abbia un bel look, vogliono apparire cool. Qualcun altro è attento alla performance, vuole le prestazioni e il look… e questo è molto più costoso. Così è sempre una questione di quello che il cliente ci chiede, o per lo meno è così adesso: a noi piacerebbe cambiare e essere più liberi di fare le “nostre” moto, ed è quello che abbiamo iniziato a fare con la nostra Yamaha XJR Monkeefist che è nata come show-bike ma che ha un’ottima guidabilità ed è molto più divertente della versione standard che è veramente noiosa, è buona solo per andare e tornare dal lavoro! L’abbiamo fatta più proporzionata, nella versione standard le ruote sono molto piccole rispetto al resto della moto e la coda è quella di un’astronave. Abbiamo abbassato la moto ma è un lavoro che abbiamo fatto senza disegni, solo lasciando “lavorare la moto” (e mima le virgolette con indici e medi) mentre era sul banco di lavoro».
Ho visto che nel vostro portfolio c’è una vecchia Guzzi Falcone trasformata; cosa ne pensi del suo valore storico?
«Quando qualcuno viene da noi con una moto storica in condizioni molto buone noi non la tocchiamo nemmeno! Se riceviamo richieste di trasformazione su moto di questo tipo le accettiamo solo se la moto è reduce dalla terza guerra mondiale… La Laverda, per esempio, non era nemmeno marciante! A quel punto si poteva o restaurarla o farne qualcosa di speciale, noi preferiamo in questi casi fare qualcosa di speciale perché vogliamo vedere cosa si può tirare fuori dalla moto oltre quello che si può vedere in superficie, fregandocene del budget e del guadagno».
Le nostre moto si riconoscono subito
Quali pensate che siano le caratteristiche che rendono le vostre moto immediatamente riconoscibili?
«L’assenza dei colori. Beh, discutiamo molto sui dettagli che non si vedono, su internet vediamo molta gente fare moto carine ma incomplete: non curano il cablaggio e non eliminano tutta la roba che non dovrebbe più stare sulla moto; noi spendiamo moltissime ore ad eliminare le cose che non si vedono e che un occhio non allenato non nota; le nostre moto non sono vistose; tutti possono fare delle moto vistose, basta prendere una BMW, farla di colori sgargianti e tutti grideranno “WOW!” ma hai visto quella staffa? Quel supporto? Vedi come penzolano quei cavi? Noi ci preoccupiamo molto di fare le cose per bene, non mettiamo colori ma ci occupiamo con moltissima attenzione anche dei piccoli dettagli».
Pensate che ci sia una filosofia dietro le vostre moto?
Nicholas: «Less is more e, di nuovo, niente di vistoso.”
E’ questa la ragione per la quale non mettete il vostro marchio sul serbatoio?
«E’ una nostra scelta, talvolta mettiamo il nostro nome dove non si vede tanto, lo incidiamo su una targhetta; sì, certe volte lo mettiamo sul serbatoio ma… (Per fa una smorfia di disapprovazione), pensiamo che le nostre moto siano facilmente riconoscibili in ogni caso».
Come conciliate le richieste dei clienti, la vostra arte e i problemi connessi con le regole di omologazione?
«Omologarle è una delle cose più complicate: in Danimarca è ok, in Francia è abbastanza facile perché loro hanno delle leggi ma nessuno le osserva seriamente e a meno di non fare lo scemo con la polizia».
Per: «I paesi più ostici sono Svizzera, Germania, Austria e Italia: ci sono troppi documenti dove c’è scritto pure che tipo di gomme montare e se non lo fai ti confiscano la moto. Stiamo cercando di spostarci anche sulla produzione di kit di parti speciali, per adesso solo per Yamaha ma speriamo presto anche per altre moto, e anche qui c’è un lungo lavoro per avere l’approvazione e le certificazioni per cui abbiamo scelto di commercializzare le parti attraverso il nostro partner tedesco KEDO che provvede a farle certificare».
Potete parlami del vostro progetto “Yard Built” con Yamaha? Com’è nato?
Nicholas: «Ci hanno scritto una email da Yamaha Europe chiedendoci se eravamo interessati a costruire una special per loro: in Giappone volevano fare una cosa del genere ma sebbene lì ci siano tanti customizer questo genere di trasformazioni sono illegali e quindi hanno cercato dei partner esterni per entrare nella scena café racer europea e tre anni fa hanno scelto noi e pochi altri “shops”; noi abbiamo tentato di rendere la loro XJR 1300 una moto sexy!».
Questa collaborazione ha procurato dei cambiamenti in Wrenchmonkees?
«Ha cambiato il modo in cui siamo accettati dai costruttori ed è ora più facile contattare Kineo o altri produttori; possiamo dire “noi siamo Wrenchmonkees, lavoriamo con Yamaha” e la gente ora dice “Ok! Ora possiamo parlare».
Per: «Possiamo relazionarci facilmente con LSL o con Kineo, perché lavoriamo con Yamaha che vuole essere parte della scena, roba come subcultura, cool e bla bla bla (ridiamo tutti)».
Siete ispirati anche da qualche vostro “collega”?
«Sempre. Prendiamo ispirazione dalla scena giapponese, non da una particolare realizzazione ma dall’approccio di vedere le cose in modo diversoi».
E Roland Sands?
«Decisamente Roland Sands è un grande customizer, ci piace la sua concezione estetica, ogni cosa che fa è molto ben costruita ma è ancora molto americano. Mi piacerebbe avere una delle sue moto, ma nella mia casa californiana (ride)! In Danimarca sarebbero troppo vistose, sarebbero “troppo”. A noi piace molto “JVB motors”, un designer tedesco con una una visione che porta le cose lontano da tutti i riferimenti; anche “El Solitario” è divertente, sono artisti fuori di testa. Ovviamente è più facile per un “home-builder” fare qualcosa di estremo che per noi costruire la stessa cosa per un cliente anche perché se fai qualcosa per te ne sei responsabile tu, invece se noi facciamo una moto per un cliente la responsabilità diventa nostra! ».
Che mi dite di Marcus Walz, lui fa un buon business?
Nicholas: «La fortuna di Marcus Walz è stata essere nel mercato quando c’era gente che pagava 100.000 euro per un chopper».
Per: «Ha un grande nome, ha portato il design delle “hi-performance bike” nella scena café racer, non so quanto costino le sue moto anche se temo che siano molto care. Ieri ho parlato con un ragazzo di S. Francisco e mi ha riferito che un’ora di lavoro dei custom shop di S. Francisco costa 100 dollari, quindi noi siamo più economici che gli U.S.; noi chiediamo circa 50 euro all’ora e non chiediamo nulla per la progettazione, il design o la nostra creatività, ma i costi sono in continua crescita e se qualche anno fa potevi avere una moto per 4.000 euro ora non è più possibile! Prendi per esempio Kaffeemaschine, loro chiedono circa 25.000 euro per moto ma li valgono tutti, sono fatte a mano!».
E chi può permettersi una spesa del genere?
«Molti. Se prendi il classico cliente BMW che spende 14.000 euro per la moto e poi compra le borse, l’abbigliamento e tutto il resto arrivando a spendere anche 20.000 euro o anche tutti i clienti Harley che spendono 30/40.000 euro per una moto di serie, arrivi poi a dire “perché no?”, ma se ti riferisci ad un utenza normale allora 30.000 euro è un prezzo troppo alto».
Voi prendete come riferimento le persone normali quando costruite una moto?
«Ci piacerebbe costruire per tutti; in Danimarca una moto nuova in media costa circa 12.000 euro e la gente proprio non capisce perché una “old bike” trasformata da noi debba costare altrettanto; sai, molti sono arrivati nella scena biker e prima non sapevano nemmeno cosa fosse una motocicletta; hanno visto la cultura biker, la gente con i tatuaggi e la barba lunga che guidava delle motociclette e anche loro ne volevano una!».
Nicholas: «Spesso qualcuno viene da noi a chiederci di trasformare la sua motocicletta per 2.000 euro e noi rispondiamo che proprio non è possibile, ci rimane male e cerca di fare da sé spendendo alla fine molto più denaro. Ma è ok, questo educa le persone a pensare che non è facile costruirsi una moto, ci vogliono ore e ore di lavoro e grandi sforzi per farla come la si immagina».
Per: «Sarebbe facile costruire moto molto economiche ma i primi a non essere contenti dei risultati saremmo noi, così è molto meglio per noi costruire moto veramente belle ed incoraggiare le persone a provarci a casa loro: non devono distruggere la moto, possono anche fare piccole modifiche ed entrare nel mondo café racer o “new wave custom scene”, chiamalo come ti pare: il bello è che puoi modificare quello che vuoi, non ci sono regole! Se guardi alla scena custom degli ultimi venti o trent’anni noti che c’erano le café racer inglesi, i chopper, le streetfighter, adesso invece è più un mix di stili differenti nella stessa comunità di motociclisti».
Su queste moto la pensiamo così
Ora vi faccio vedere qualche moto e mi dite cosa ne pensate, ok?
Qui c’è la prima: è la Lazareth BMW1200 R
«L’idea è molto bella, noi l’avremmo rifatta con una sella più piccola; forse tanta gente dirà che accoppiare quelle gomme con quei freni potenti è da stupidi ma a noi non importa».
Per: «Spesso si dimentica che queste sono richieste del cliente o che il designer sta cercando di fare qualcosa di diverso. E’ cosi facile fare le cose “correttamente”, ma quando costruisci una moto la funzionalità non è la prima cosa cui pensi! E’ importante andare oltre i confini. In un altro mondo queste potrebbero essere le gomme perfette per andare su strada».
El solitario V65
«Questa l’ho vista dal vivo: è più bella che in fotografia. E’ piuttosto bohemien, molto “Southern Europe».
Nicholas: «Per me è più che altro una scultura, non farei una cosa del genere. E’ un pezzo d’arte metallica».
Per: «La forma sovrasta la funzionalità, ma anche se le teste dei cilindri sono troppo vicine alla sella, chi se ne frega: è una show-bike».
Shinya Kimura, Ducati 999
«Provo un profondo rispetto per queste moto hi-performance, per tutti questi dettagli over-engineered , amo le Ducati perché in quelle moto ogni particolare ha una specifica funzione».
Nicholas: «E’ una scultura!».
Kawasaki H2R
«Non la considero una Race Bike, piuttosto una Muscle Bike! È lo stesso layout della KTM RC8 che secondo me ha un design migliore».
Per: «Anche questa è una show-bike! Ma è confusa, troppi dettagli, troppi angoli, la coda è troppo alta! Non è bella ma è funzionale alle sue prestazioni. E’ molto difficile dire qualcosa di nuovo nella categoria delle Superbike: l’anno scorso siamo andati all’EICMA e abbiamo visitato gli stand di MV, Honda…. Tutte le moto sembravano uguali, davano lo stesso feeling!».
BMW R 1200R
«E' noiosa. Sembra una Suzuki Freewind».
Nicholas: «…O una Fazer. Troppo pesante nella zona mediana, sarebbe interessante da spogliare del superfluo».
Per: «Sembra incompleta, troppe persone coinvolte in modo indipendente l’una dalle altre e questo è il risultato! E’ il problema delle grandi industrie».
Ducati Scrambler
«Avrebbero dovuto sviluppare una 750 leggera, monocilindrica da figli di ..., come una Suzuki DR Big! Questa non è una scrambler, è una street bike».
Nicholas: «E’ decisamente meglio della Multistrada… forse si sono detti “la Multistrada non è venuta bene, proviamoci di nuovo”. Comunque anche se questa non è la versione migliore, ci piace; dipenderà pure dal prezzo ma credo che ne venderanno tantissime».
Per: «Migliorerei la zona della sella, è troppo grande!»
Che moto vi piacerebbe avere nel vostro garage personale?
«Uso la moto ogni giorno e per viaggiare: preferisco sempre a moto con potenza e coppia notevoli, odio le moto piccole».
Nicholas: «Io mi farei una Panigale e una Harley XR 1200 da modificare; se dovessi scegliere una moto vecchia prenderei o una Kawasaki Z1000 oppure una Honda CB 750».
Per: «o sono molto affascinato dalla Ducati 900 SS degli anni 2000, datemi solo il telaio e il motore e ne farò una macchina più leggera e più divertente. Guarda Antonio, ne ho fatta una: mi sarebbe piaciuto fartela provare ma è a Lione!»
Mannaggia Per... e me lo dici solo adesso?