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USA. Per lo shopping e per le moto piace il Km zero
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Europa e America, due mondi idealmente ancora separati. Se poi si parla di strategie commerciali le differenze sono enormi. La vicinanza fisica tra prodotto e acquirente è diventata importantissima
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Lavoro in questo ambiente dal 1989, e sebbene il mio filo conduttore sia sempre stato la fotografia, spesso e volentieri sono stato coinvolto a livello commerciale e marketing.
In Europa, e specialmente in Italia, una delle colonne su cui si basa il settore moto (e probabilmente moltissimi altri) è il concetto di esclusiva. Molte volte mi è stata richiesta un'esclusiva di zona da parte di un negoziante o un agente di commercio, un'esclusiva per una macroregione o Stato da parte di un importatore, un'esclusiva di marca da parte di una Casa motociclistica quando sono stato (brevemente) coinvolto in una concessionaria e via dicendo. Probabilmente le cose stanno cambiando, dopotutto manco dall'Europa da parecchi anni, ma credo che in fondo, il desiderio di avere un'esclusiva di qualsiasi genere sia ben radicato nella nostra cultura. Ci sono ovviamente ottimi motivi, e la maggior parte delle volte l'argomento principale finisce per essere lo stesso. Chi compra vuole tutelare il proprio investimento: a nessuno piace investire tempo e denaro per spingere un marchio salvo poi vederlo nelle vetrine di tutti i concorrenti al moneto in cui diventa popolare tra gli appassionati. Chi vende ha la necessità opposta, ovvero non rimanere intrappolato da un contratto di esclusiva di fronte ad un mercato in espansione, dove però il beneficiario dell'esclusiva non ha la forza economica o l'interesse ad aumentare i propri volumi d'acquisto in base alla domanda. La soluzione, non sempre ottimale e non certo semplice sta nel mezzo: ovvero legare l'esclusiva ad un fatturato minimo che sia soddisfacente per entrambe le parti. Talvolta funziona, talvolta si arriva ad una empasse che spesso finisce per ledere gli interessi di entrambe le parti.
Cosa c'entra tutto questo bel discorso con l'esclusiva? Beh, la battaglia commerciale negli USA non si combatte tra "chi ce l'ha e chi no" ma sul fronte della disponibilità e della rapidità del servizio di consegna. Date le enormi distanze del continente nordamericano, un prodotto che parte da Los Angeles (su ruota - si può sempre spedire via aerea ma i costi schizzano alle stelle) ci mette mediamente 4 giorni lavorativi. Ma se da Los Angeles, per esempio, si spedisce a Minford, Ohio... beh la merce potrebbe metterci anche 7 giorni. E nell'era di Internet e della cosiddetta "instant gratification" 7 giorni sono un'era glaciale: nel 95% dei casi il cliente va a spendere i propri soldi altrove.
C'è poi il fattore costi di trasporto, a cui accennavo. Tutti i distributori offrono condizioni di vendita molto favorevoli ai propri negozianti, che spesso hanno diritto alla spedizione gratuita una volta che il loro ordine supera una certa cifra. Con mega cataloghi contenenti anche 75mila prodotti (settantacinquemila!) non è difficile raggiungere la cifra dell'ordine minimo: dieci candele, quattro gomme, un po' d'olio, 6 caschi, un po' di antiacqua e voilà, free shipping.
Vi garantisco che a fine anno, avere 7 magazzini pieni di roba sparsi per gli USA è MOLTO MENO costoso che spedire gratuitamente verso tutto il continente da un singolo magazzino in Texas, per esempio!
Lo stesso vale per i resi, che qui sono uno degli aspetti principali di un buon customer service. Il negoziante, che nel 90% dei casi paga con carta di credito al momento in cui la merce viene spedita, ha diritto a restituire la merce entro un tot di tempo anche se non è difettosa, a patto che sia in condizioni rivendibili. Ci può essere una restocking fee (normalmente tra il 10 ed il 15%) ma il più delle volte questa clausola non viene applicata. Il rivenditore ha però diritto a rispedire la merce a carico del destinatario e dunque anche qui l'abbattimento dei costi di trasporto da parte del distributore diventa cruciale.
Il concetto di esclusiva non è però del tutto estraneo al mercato. Il fattore "ce l'ho solo io" rimane importante per i distributori, ed infatti ognuno dei "tre grandi" ha le proprie linee di prodotti a proprio marchio, le cosiddette "house brands". Alcuni esempi sono Thor e Icon per Parts Unlimited, Pro Taper, Answer e Speed & Strenght per Tucker Rocky, oppure Fly Racing per WPS. Ma ce ne sono molti altri, specialmente nel settore dei ricambi ed accessori.
Un altro paletto, che per motivi legali non è al momento completamente applicabile in Europa, è dato dalla MAP, ovvero Minimum Advertised Price. In pratica nessuno può scendere al di sotto di un prezzo imposto dal distributore (o produttore) nelle proprie pubblicità e promozioni, per evitare una guerra al ribasso. Se come negoziante vuoi poi fare il 90% di sconto al cliente sono affari (e soldi) tuoi, ma non puoi pubblicizzarlo apertamente. Le MAP impongono generalmente il prezzo pieno o al massimo uno sconto del 10%. Se sgarri la fornitura viene immediatamente interrotta fino a quando ti rimetti in riga.
E qui vi regalo una piccola perla: Parts Unlimited per contratto non rispetta e non impone le MAP dei fornitori a meno che il prodotto sia da loro distribuito in esclusiva. Oops!
Pietro Ambrosioni
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