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L'enduro per salvare i sentieri delle Cinque Terre
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Spesso accusati di devastare i sentieri, gli enduristi sono invece una risorsa preziosa. È il caso delle Cinque Terre, dove si offrono di pulire sentieri lasciati nel degrado e oggi impraticabili
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Gli enduristi per salvare i sentieri delle Cinque Terre
I quotidiani locali e nazionali hanno negli scorsi giorni denunciato lo stato di abbandono e incuria in cui versano diversi sentieri che fanno parte dell’Alta Via, all’interno di quell’incantevole scenario che in tutto il mondo conoscono e apprezzano. Parliamo delle Cinque Terre, nello specifico dei percorsi sopra Levanto.
Sentieri che i turisti italiani e stranieri sarebbero felici di percorrere nella bella stagione, ma che si rivelano del tutto impraticabili a causa della folta vegetazione cresciuta grazie alle incredibili precipitazione della scorsa primavera.
Il CAI e il Parco delle Cinque Terre hanno promesso interventi rapidi di bonifica dei sentieri. Ancora più rapida e apprezzabile è stata la risposta degli enduristi locali, che hanno offerto il loro aiuto su base volontaria (senza aggravi di costi per le pubbliche amministrazioni) per ripulire i sentieri.
Il Comitato Regionale Ligure della Federazione Motociclistica Italiana ha fatto notare come, ingiustamente, l’enduro dal 1992 sia considerato una pratica quasi abusiva in regione. Ma è proprio l’enduro a consentire di mantenere aperti e quindi praticabili diversi sentieri di montagna.
Sentiamo cosa dice in proposito Marco Marcellino, presidente del Comitato Regionale Ligure: "La Regione Liguria regolamenta il settore con una legge del 1992. Noi motociclisti siamo quasi considerati abusivi, nonostante il nostro impegno sul territorio. Chiediamo di essere riconosciuti come interlocutori e di non essere presi in giro come accade quando puliamo i sentieri per le gare e poi vediamo che altri enti come il CAI ricevono finanziamenti pubblici al contrario nostro, e ne approfittano per piazzare i propri segna-via".
La messa al bando dell’enduro ha di fatto posto le basi per la chiusura dei sentieri, che rischiano seriamente di sparire, sommersi dalla vegetazione. Durante la stagione invernale infatti non ci sono praticanti che li percorrano al di fuori degli enduristi, la cui presenza si rivela quindi utile per mantenere percorribili centinaia di chilometri di splendidi tracciati montani.
La situazione che si è verificata in Liguria non è dissimile da quanto sta accadendo in diverse altre località dell’Appenino emiliano. In particolare anche le province di Parma e Piacenza rischiano di vedere compromessa l’agibilità di numerosi bellissimi sentieri dai discutibili provvedimenti filoambientalisti (ricordate la terrificante proposta REER per la regione Emilia Romagna?) che mirano a vietare la circolazione di ogni veicolo a motore sui percorsi indicati dalla legge.
Per fortuna si sono levati gli scudi degli stessi amministratori locali dei comuni interessati dalla proposta di legge: l’enduro, lungi dall’essere considerato un’attività illegale, rappresenta una risorsa economica preziosa per i piccoli centri dell’Appennino.
E la sua pratica preserva l'accessibilità di sentieri altrimenti destinati a essere dimenticati. Il caso delle Cinque Terre ce lo dimostra.
non toccatemi l'enduro!
nicola