Il futuro dell'Enduro. Egidio Motta: "L’Enduro è un’arte!"
Due Squadre ufficiali hanno debuttato nel Mondiale Enduro, in rappresentanza entrambe di un Marchio nipponico. Max Migliorati è arrivato con il Miglio Racing Yamaha Yamalube, ed Egidio Motta è il protagonista dell’ingresso forse più clamoroso della stagione in corso dell’Enduro Mondiale. Dopo anni di assetto basato sul trinomio Honda-HM-Jolly Racing, infatti, prima è arrivata RedMoto, che ora importa e allestisce le Moto da Enduro su base Honda CRF, e quindi il RedMoto Racing Team che rappresenta il Marchio e il suo nuovo riferimento europeo sui campi di gara. Imprenditore “contro-tendenza”, capace di portare al successo più di un’operazione commerciale che egli stesso definisce di “nicchia”, Egidio Motta ha deciso di entrare in prima persona nel Mondiale, con RedMoto e il suo Team di Enduro. Oltre alla forza economica, insomma, ci ha messo la faccia. L’operazione, complessa e impegnativa, consiste nella “fusione” della sua esperienza imprenditoriale con il curriculum sportivo di Jolly Moto, e ha nel nuovo assetto di Alex Salvini la sua immagine di forza.
Puoi spiegarci, per sommi capi, l’evoluzione delle operazioni che hanno portato RedMoto nel Mondiale di Enduro?
«Per sommi capi, noi ci occupiamo commercialmente delle Honda CRF, e trasformiamo le moto producendo le versioni da Enduro. L’assetto sportivo legato alle moto da Cross è già sviluppato, quello dell’Enduro non lo era. Honda non ha in catalogo una moto da Enduro da competizione, ma un Cross che viene trasformato in due versioni molto competitive R ed X. Prima c’era un Team, che definiremmo esterno impegnato nel Mondiale, poi noi abbiamo deciso, per avere un controllo maggiore, di entrare direttamente con il Team RedMoto. Abbiamo rilevato la struttura preesistente, e l’abbiamo integrata con la nostra. Con Polaris abbiamo già una certa esperienza, nell’Enduro non l’avevamo ancora».
All’inizio si è parlato di una fusione…
«Dal punto di vista strettamente imprenditoriale, amministrativo, non si tratta di una “fusione”, lo è dal punto di vista delle persone, che sono ancora quelle. Il meccanico di Salvini, il tecnico, chi ci segue nella gestione del Team, Franco Mayr. Per quest’anno si va avanti così. Battig è seguito dal Jolly Team, e noi ci siamo focalizzati su Salvini. Tutti sotto la stessa tenda del Team RedMoto, con gli stessi obiettivi».
Quindi adesso sei tu il “capo”, quello che dirige le operazioni e le scelte?
«Sì, possiamo dirlo, ma neanche il mio cane ha un padrone. Diciamo che abbiamo fatto una serie di scelte tutti insieme e che, alla fine, quello che… paga i conti sono io. Per quanto riguarda, invece, le scelte tecniche, io non entro nel merito, tocca ai tecnici, ai piloti».
È una situazione di transizione o può considerarsi un assetto definitivo?
«Direi che per l’80% è così, per il resto si potrà come sempre cambiare qualcosa, qualche componente della Squadra, operare delle integrazioni, ma il “grosso” secondo me, è in questo assetto. Il gruppo di lavoro è questo».
Non hai un’esperienza diretta, come trovi questo Mondo dell’Enduro?
«Lo trovo un mondo affascinante. Il Gran Premio dell’Enduro inizia al venerdì sera, e finisce la domenica pomeriggio dopo un week end molto intenso. È un mondo molto diverso da quello del Cross, e va capito bene, perché la difficoltà qui è che vedi passare i Piloti, li vai a incrociare al Cross Test, alla “linea”, all’Extreme. Non passa tutto davanti a te, l’azione la devi andare a cercare. È un mondo complicato ma affascinante, e con un sacco di gente che gli gira attorno. Quasi, se mi è concesso il termine, una caccia al tesoro che coinvolge un’intera squadra di partecipazione. Un gruppo di lavoro di un sacco di persone, addirittura più gruppi se si pensa che i Piloti di una stessa Squadra possono transitare a distanza di molto tempo, e un lungo percorso, in funzione anche del numero dei giri, che si trasforma. Prima magari una radicetta, poi un vero tronco che non passi. L’Enduro richiede capacità di adattamento e di improvvisazione, decisioni fulminee e perfette, inventiva, saper andare anche alla cieca e immaginare cosa c’è dietro alla curva, e avere la forza di cambiare da soli le gomme alla fine della giornata, quando sei stanco e il pubblico è tutto lì. L’enduro è un’arte!».
Enduro. Tecnica, arte e spettacolo? Cosa vorresti inventare per migliorarlo?
«Non ho una grande esperienza, l’ho premesso. Ma mi piacerebbe immaginare un Enduro basato su uno schema più, come dire, a “margherita”, le assistenze al centro e i punti focali della corsa, le speciali, un po’ più ravvicinate, accessibili. Che so, un chilometro da una parte il Cross Test, un chilometro dall’altra l’Extreme. Penso che in questo modo si potrebbe attirare ancor più gente. So bene che molto dipende dalla morfologia del territorio e dalle possibilità di accesso, dico solo che così sarebbe ancor più bello».
E rimanendo in tema di novità, ce n’è qualcuna nell’aria. Blanchard ha un nuovo “mandato”, si dice che è il momento di lavorare insieme alle Case e ai Team per andare avanti con nuove proposte. Siete della partita anche voi?
«Sì, abbiamo partecipato ad una riunione a Ginevra dove sono stati sviscerati molti argomenti e problemi. Quello che capisco è che Blanchard ha fatto fino ad oggi un buon lavoro. Migliorabile, come tutte le cose e come tutti noi, ma buono. A mio giudizio, tra gli altri, uno dei punti sui quali bisognerebbe intervenire è quello che riguarda i diritti televisivi. Secondo me Blanchard dovrebbe “mollare”, e concederli più liberamente per valorizzare a livello mediatico questo Sport, per riuscire a costruire uno spettacolo più bello e anche più “istruttivo” dell’Enduro, in modo che anche i non esperti siano in grado di apprezzarne i valori. Lo sport più popolare del mondo lo hanno inventato con undici uomini di qui e undici di la, e un pallone in mezzo. Già il fuorigioco non l’hanno capito bene tutti. L’Enduro è Sport più complesso e deve essere “spiegato” meglio. Poi, naturalmente, bisogna lavorare tutti insieme, come un gruppo, e continuare a puntare soprattutto sulla qualità delle manifestazioni. Belle località, possibilmente accessibili e affollate, organizzazioni affidabili, un occhio ai costi e a una riqualificazione costante dell’ambiente e dello spettacolo. Solo quando tutto questo funziona alla perfezione, allora si può pensare di vendere il “prodotto televisivo”, proprio perché a quel punto diventerebbe appetibile».
Parliamo di Salvini. Un pelo sotto le attese e rispetto alle sue possibilità?
«Credo che Alex stia correndo con una tattica “conservativa”. Lo scorso anno è stato difficile per lui, ma ha fatto di tutto e di più. Attorno a lui, però, quello si è fatto male, quell’altro si è dovuto ritirare. Quest’anno pare quasi che dica: “Io cerco di conservarmi integro”. Renet e Meo sono in lotta per il Campionato della E2, e a vederli girare fanno veramente “paura”, vanno veramente forte, a “vita persa”. Alex perde secondi e perde punti, ma anche se riuscisse a dare tutto quello che ha forse non riuscirebbe comunque a controbatterli».
Secondo te, è Alex che è calato un poco o sono gli altri due che sono decollati?
«Credo che “gli altri due” abbiano trovato lo stimolo giusto per una grande competitività. Il fatto di essere entrambi francesi, due Case che sono una sola, lo spirito giusto. Alex ha avuto questo “passaggio”, e non ne è venuto fuori al meglio della forma. Speriamo che nella parte finale della stagione riesca a riprendersi e a ritrovare tutta la sua competitività. Adesso direi che Salvini sta correndo almeno a un dieci-quindici per cento al di sotto delle sue possibilità. Chi l’ha visto girare lo trova “conservativo”, un pilota che cerca di portare a casa il risultato senza prendere dei rischi elevati, ma non è il pilota che tutti conoscono. Quello è il pilota che, gas spalancato, piuttosto volo o spacco tutto, ma vado a vincere».