Silk Road: part I
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Questo è un viaggio a tappe, la prima parte l’ho raccontata proprio qui sulle pagine online di Moto.it, per chi non l’avesse letta la può trovare nella sezione viaggi, per chi invece aspettava il continuo del racconto riprendiamo da dove ci eravamo lasciati nella città di Tbilisi in Georgia dove avevo consegnato la mia Yamaha Super Tenerè del 92 ad un concessionario.
Durante l’anno sono rimasto in costante contatto con il meccanico al quale ho spedito dei pezzi di ricambio dall’ Italia, purtroppo la moto negli ultimi periodi aveva avuto problemi e necessitava di qualche lavoretto: cuscinetti rotti alla ruota posteriore e soprattutto strani rumori dal motore ed è per questo che avevo deciso di rifare la catena di distribuzione.
Intanto che i lavori procedono io mi dedico alla parte burocratica che in viaggi come questo non è mai facile.
Servono Carnet de Passage e visti , purtroppo però al momento di partire il visto per il Turkmenistan, notoriamente difficilissimo da ottenere, non è ancora arrivato e per questo inizio a pensare ad un piano B, cioè una volta in Iran ritornare in Azerbaijan e da Baku prendere il battello fino in Kazakhstan.
Ormai ci siamo è tutto pronto, preparo i bagagli e mi dirigo verso l’aeroporto di Orio al Serio dove mi accompagna il mio amico Simone Zignoli di Surfing road (Simone ha mollato tutto e da 3 anni viaggia per il Sud America in moto ma ora è tornato per un po’ in Italia) già a Bergamo però inizio con i primi inconvenienti.
La casa produttrice di pneumatici Turca, Anlas, mi ha fornito per questo viaggio un set di pneumatici, che insieme alle casse in alluminio della Mytech, fanno lievitare il peso del mio bagaglio a 42 kg, ben oltre i 20 consentiti dal mio biglietto, per questo motivo mi chiedono 380 euro di sovrappeso. Ovviamente iniziare il viaggio con una spesa di 380 euro non sarebbe proprio il massimo quindi io e Simone iniziamo a spiegare il progetto alla ragazza del check-in sperando che capisca e mi aiuti a non pagare tutti questi soldi.
Simone ad un certo punto ha una brillante idea e chiede se si possa spedire il tutto come bagaglio sportivo, la cosa funziona e mi viene a costare solo 50 euro, ben fatto amico mio ora però è tempo di salutarsi e per me di imbarcarmi in direzione Tbilisi dove arriverò in tarda nottata.
Ho scelto per il mio soggiorno una Guest house proprio vicino al concessionario, al mattino seguente mi dirigo veloce verso la concessionaria per far montare gli Anlas Capra X e le pastiglie freno che mi ero dimenticato di spedire.
Le pastiglie mi creano un grosso problema, all’anteriore sia la pinza sinistra che quella destra hanno le viti bloccate e non si riescono a togliere le pastiglie, il meccanico decide di smontarle e di portarle in un centro specializzato, purtroppo questo comporterà un ritardo sulla partenza prevista per il mattino seguente.
Torno un po’ sconsolato alla Guest House dove vengo invitato a partecipare ad un barbecue da un gruppo di altri ospiti Iraniani e subito capisco che ciò mi stanno dicendo da mesi sarà il life motive del viaggio: l’ospitalità e gentilezza del popolo iraniano.
Il giorno dopo mi dirigo ancora all’officina ma purtroppo la moto non è ancora pronta, dovrò aspettare fino alle 13 prima di poter saltare in sella e dirigermi verso il confine con l’Armenia.
La strada che porta al confine non è un granché quindi vado velocemente verso Sud. Dopo poco più di un ora arrivo al confine dove sbrigo velocemente le pratiche doganali e stipulo l’assicurazione obbligatoria alla moto.
Al momento di ripartire trovo una piccola macchia a terra, la moto perde olio ma purtroppo non posso fare altro che proseguire in direzione di Yerevan, la capitale Armena.
Dal confine ci sono due strade percorribili fino alla capitale, una più veloce ma più lunga che dovrebbe essere in buone condizioni, ed una seconda che attraversa uno spettacolare Canyon immerso nel verde delle montagne, ovviamente nonostante il ritardo sulla tabella di marcia non posso far altro che scegliere questa seconda opzione.
La strada dissestata scorre lungo un fiume all’interno del Canyon e ogni tanto miniere abbandonate e villaggi dall’aria disabitata fanno da cornice a questo paesaggio da incanto.
Lungo la strada mi fermo a visitare lo splendido monastero di Haghpat che sarà il primo di una lunga serie, l’Armenia è famosa per gli innumerevoli monasteri.
Dopo la visita mi rimetto in viaggio e raggiungo in serata la bella Yerevan dove trascorro una piacevole serata tra i viali animati della capitale che mi accoglie con locali alla moda e persone ben vestite.
Il mio primo risveglio in terra armena purtroppo avviene sotto la pioggia ed un cielo annuvolato, la cosa mi preoccupa perché la tappa odierna prevede la visita al fiabesco monastero di Khor Virap affacciato sulle bianche pendici del Monte Ararat che si trova in terra Turca e sulle pendici del quale si narra sia nascosta l’Arca di Noè.
Arrivato al monastero che è una delle maggiori attrattive del paese vengo accolto dalle imponenti pendici innevate del monte sacro e la vista è davvero incantevole, una rapida visita al monastero e sono di nuovo in sella in direzione sud, la strada inizia a salire di quota fino quasi ai 2000 metri che da qui in poi saranno una costante di questo viaggio.
Poco prima di pranzo arrivo al secondo monastero da visitare, Novarank che in passato fu un importante centro culturale e religioso, la posizione suggestiva e la bellezza del posto merita la piccola deviazione nel cammino verso Sud.
Riprendo la mia moto subito dopo un veloce pranzo, ma sul mio cammino si abbatte un forte temporale che mi costringe a cercare un riparo dalla dolorosa grandine.
Passato il temporale, ma comunque sotto la pioggia, riprendo la strada fino ad arrivare al terzo monastero della giornata, Tatev, che sembra più un castello con alte mura inespugnabili, un cartello lungo il tragitto mi avvisa che sono sulla Silk Road, l’antica via della Seta che venne percorsa dal famoso Marco Polo per i suoi viaggi in Asia.
Tatev si trova in una zona remota del paese ed attorno al monastero non c’è molto nel caso in cui si decidesse di arrivarci tramite mezzi propri percorrendo l’accidentata strada sterrata. In alternativa è possibile arrivarci grazie alla spettacolare cabinovia, i cui cavi d’acciaio trasportano i coraggiosi turisti ad altezze vertiginose.
Dopo la visita al monastero, ancora sotto la pioggia, non mi resta altro che rimettermi in moto in direzione di Kapan, piccolo paesino che dista poco più di 100 chilometri.
I 100 chilometri che mi separano da Kapan sono però tutti sterrati e le abbondanti piogge che mi hanno accompagnato per tutto il giorno hanno reso la strada fangosa e piena di pozzanghere.
Nonostante la stanchezza devo per forza continuare, mi faccio forza da solo e vado avanti, certo la moto stracarica e il fango non aiutano ma riesco ad arrivare a Kapan quando ormai il buio delle notte mi ha accolto tra le sue braccia, trovo un albergo, faccio una veloce doccia calda e completamente esausto vado a letto per riprendere le forze per il giorno seguente.
Mi sveglio carico come una molla visto che la destinazione odierna è la città di kandovan la Cappadocia Iraniana, quindi da Kapan prendo la strada che mi porterà a Meghri città che segna il confine con l’Iran.
Come da abitudine la strada inizia a salire e le alte vette innevate si ergono a protezione del mio cammino che scorre veloce in una bellissima strada piena di curve fino al passo di Meghri a 2535 metri, questo segna il punto più alto raggiunto in questa giornata, successivamente la strada inizia a scendere verso il confine.
Arrivato alla dogana armena entro negli uffici della polizia sperando di svolgere velocemente le pratiche di uscita dal paese, purtroppo nessuno parla inglese ed inizio ad essere rimbalzato da un ufficio all’ altro senza capire cosa stia accadendo, fino a che mi gioco la carta magica e uso l’unica lingua universale: il calcio! Dico un po’ di nomi di squadre e calciatori e i miei interlocutori cambiano atteggiamento e con fare scherzoso mi chiedono AC Milan o Inter ed io, che in realtà sono napoletano e di cuore azzurro, rispondo a malincuore Inter per cercare di aggraziarmi i favori dei doganieri che fingendo di strapparmi il passaporto mi fanno capire che l’unica squadra di Milano è AC Milan, avevo il 50% di possibilità ed ho sbagliato eppure la carta giocata era corretta e mi lasciano passare tra gli sfotto dei supporter milanisti.
Mi dirigo a questo punto verso la dogana iraniana dove vengo accolto con cordialità e gentilezza, il doganiere mi chiede se ho il Carnet de Passage che ovviamente ho, quindi sbrigo velocemente le pratiche di ingresso fino a che la frase ‘Welcome to Iran’ mi proietta in questa nuova avventura.
Il paesaggio che fino a pochi chilometri fa era verdeggiante e rigoglioso diventa di colpo desertico e roccioso e le temperature si alzano di diversi gradi, mi fermo in uno sperduto villaggio a pranzare e vengo accolto in una piccola locanda dal simpatico proprietario che mi prepara un veloce pasto.
Da qui riparto verso Tabriz, capoluogo della regione famosa per le sue montagne colorate che la circondano, una vera meraviglia.
Attraverso la città e subito mi accorgo di quanto gentile è questo popolo, l’Iran a detta di tanti amici che ci erano già stati è un paese ospitale ma mai mi sarei aspettato tanto, al mio passaggio tutti mi salutano, le auto per strada mi suonano e dai finestrini mi urlano ‘benvenuto in Iran’ .
Questa accoglienza sarà la costante di tutto in viaggio nel fantastico paese di cui mi sono innamorato.
Arrivo a Kandovan che come detto in precedenza è soprannominata la Cappadocia iraniana per la sua somiglianza alla ben più famosa aerea Turca, ma molto più piccola.
Grazie al suo esser fuori dalle rotte turistiche e all’assenza di visitatori, Kandovan si gira tutta a piedi in poco più di mezza giornata, i viali tra le case troglodite e i bambini che giocano in strada la rendono più vera.
Dopo aver passato quel che resta del pomeriggio a far foto vado a cena ed assaggio per la prima volta la cucina locale.
Con la città di Kandovan si chiude questa prima parte del racconto, sono ormai nel Curdistan iraniano e mi dirigerò sul confine iracheno verso Sud e vi assicuro che se avrete voglia di aspettare ne leggerete delle belle perché se fino ad ora tutto è filato liscio come l’olio da qui in poi sarà vera avventura e ci sarà da divertirsi!
Salvatore Di Benedetto
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fede289, Campo Ligure (GE)Grande!
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ThesamuGrande Sasà, prenderò spunto per il futuro