MotoGP 2019 Australia. Sbagliato correre in Australia a ottobre
Fare un calendario della MotoGP è complicatissimo: bisogna tenere in considerazione mille parametri, come, per esempio, le concomitanze con gli altri eventi, soprattutto con i GP di F.1. Ma non solo.
Forse non tutti sanno che il Qatar paga (un bel po’…) per essere la prima gara dell’anno; che la Malesia ha l’accordo perché il suo sia il penultimo GP; che Valencia vuole chiudere la stagione; che ad Assen si deve correre nell’ultima domenica di giugno; che Jerez deve essere il primo GP europeo della stagione. E così via: chissà quali altri vincoli ci sono che non si conoscono.
Sottolineato tutto questo, consci di tutte le difficoltà, mettere in calendario il GP d’Australia a Phillip Island in questo periodo è una follia. Da anni si discute sullo spostamento a inizio stagione: sono d’accordo tutti, piloti, team manager, addetti ai lavori. Ma non se ne fa nulla.
Perché? L’organizzatore è lo stesso del GP di F.1 a Melbourne, che apre la stagione delle quattro ruote: non vuole che i due eventi siano ravvicinati, ha bisogno di tempo tra uno e l’altro per prepararli entrambi.
La logica direbbe che sarebbe sufficiente invertire le date, mettere la MotoGP a marzo e la F.1 a ottobre, ma, evidentemente, l’Australia ha più interesse ad aprire la stagione delle auto, piuttosto che a chiuderla. Fatto sta, che per le moto questa data è scellerata e non si può sempre sperare che vada bene.
Mancanza di programmazione
So già che chi difende l’operato della Dorna dirà: mercoledì c’erano 34°C e nemmeno un alito di vento, queste cose non si possono prevedere. Non è così: pur nel cambiamento climatico di questi anni, rimane la certezza (per il momento…) che a fine ottobre a Phillip Island si trovano condizioni non ideali per un GP in moto.
Lo sanno tutti, anche naturalmente la Dorna e gli organizzatori, ma non si riesce a risolvere questo problema, con il rischio di una situazione come quella di oggi: la caduta di Oliveira ha evidenziato bene le difficoltà di guidare una MotoGP con un vento così forte, non si poteva far altro che esporre la bandiera rossa e rimandare le qualifiche a domani mattina. Sperando, naturalmente, che il meteo sia più clemente.
Ma che oggi le condizioni sarebbero state problematiche lo si sapeva da ieri, quando l’Irta, l’Associazione dei Team, ha diramato a tutte le squadra un messaggio di allerta, ricevuto dal meteo australiano, per rinforzare tutte le strutture mobili, proprio perché era stato previsto un vento fortissimo.
Nonostante questo, però, non si è pensato a un piano 'B': in MotoGP, i problemi vengono affrontati e spesso risolti al meglio, mai mai prevenuti. Pensiamo a quanto è accaduto due settimane fa in F.1: a Suzuka era previsto il passaggio di un uragano e da giovedì era stato ufficializzato un dettagliato programma alternativo nel caso - come poi è accaduto - che si dovesse annullare la giornata di sabato.
Ecco, questo in MotoGP non accade: da ieri era chiaro che il meteo oggi avrebbe creato parecchie difficoltà, ma non è stato fatto nessun piano 'B', si è aspettato per vedere cosa sarebbe accaduto. E’ successo che Miguel Oliveira è caduto a oltre 300 km/h, fortunatamente senza gravi conseguenze. Ma non è questo il modo di fare per un campionato di altissimo livello come quello della MotoGP.
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Oggi le Ducati andavano benissimo non solo sul dritto, dove causavano imbarazzo generale, ma anche in curva dove hanno letteralmente eclissato le Yamaha e Kawasaki ufficiali, merito di Bau e Davies certo (bravissimi), ma anche Laverty girava fortissimo nell'ultima parte di gara. Questa era decisamente una pista Ducati, dove avrebbe vinto facilmente. Se solo non ci fosse stato Rea.
A me resterà sempre il rammarico di non averlo visto misurarsi con il motociclismo che conta, quello della MotoGP, perchè checchè se ne dica il suo posto, il suo vero posto, era la. Qui in SBK di avversari non ne ha.