MotoGP: la legge del casco - al giovedì
Fine degli spensierati giri in scooter senza casco dentro la pista al giovedì, tradizione di ormai lunga data nel Motomondiale. Fermi là: non vi immaginate sfide all’ultima sportellata in sella a scooter truccatissimi da parte di piloti pazzi ed incoscienti. La pratica di cui parliamo, che affonda le radici (a nostra memoria) negli anni 80, è semplicemente un modo con cui i piloti effettuano una ricognizione del circuito.
Non si tratta certo di impararne l’andamento o trarne chissà quale vantaggio in ottica di gara – le prestazioni, come hanno ripetuto i piloti stessi fino alla noia, sono talmente diversi che sembra di non trovarsi nemmeno nello stesso posto – quanto invece per valutare lo stato dell’asfalto e dei cordoli, accorgersi di nuove buche o gobbe e quant’altro. Per capirci, i più atletici a suo tempo lo facevano in bicicletta o correndo a piedi, oggi è diventata prassi consolidata fare il giro in sella ad uno degli scooter usati nel paddock.
La pratica non è stata certo proibita, ma qualcuno ha pensato bene – per una volta – di regolamentare la cosa prima che qualcuno si faccia male, con disastrose ricadute anche in termini di immagine per il Motomondiale, obbligando i piloti ad indossare il casco con una comunicazione della FIM di ieri. Facile prevedere il proliferare di jet in grafiche replica in giro per il paddock…
Interessante anche la precisazione successiva, che non fa che ratificare un’altra pratica già in uso da diversi anni: è possibile utilizzare moto di altre discipline (motard, cross, enduro, ecc.) per prendere confidenza con i circuiti al di fuori dei Gran Premi. Nessuna correlazione fra le due norme – non vi immaginate i piloti in pista il giovedì pomeriggio con CRF, YZ ed RM a derapare qua e là – ma la semplice legittimazione di una pratica che le Case del resto avevano già adottato. Vengono in mente i piloti Ducati ad Austin, ma anche Rossi a Silverstone, sulle sportive stradali fino al test di Valentino a Misano per riprendere confidenza con la guida dopo l’infortunio del 2010 al Mugello.
Sarà infatti interessante capire fino a che punto si vorrà spingere la differenziazione della disciplina: parliamo di MotoGP o di velocità in generale? La seconda interpretazione metterebbe fuori gioco – abbastanza giustamente, se pensiamo allo spirito della regola – l’uso delle Superbike. Ma in questo caso sarebbe comunque molto difficile vietare l’impiego delle moto di serie. Fra il serio e il faceto ci chiediamo: cosa succederà quando Honda metterà davvero in commercio la sua RCV213-S?
Infatti lo fece
eccolo