Freddie Spencer: “La Ducati è diventata una moto facile”
Dicono che i primi amori non si scordino mai. Vale per l’altro sesso, naturalmente, ma vale anche per gli innamoramenti relativi alle passioni motociclistiche. Moto, piloti, gare che ci hanno lasciato ricordi indelebili quando è nata la nostra passione restano sempre scolpiti nella nostra memoria. E’ forse per questo che quando una casa come Arai, che calza le teste dei piloti più famosi del mondo da ormai una quarantina d’anni, decide di dedicare qualche livrea ad un campione del passato le coronarie degli appassionati di tutto il mondo tremano.
Non fa ovviamente eccezione l’ultima grafica arrivata nella gamma della Casa di Ohmiya, dedicate a Freddie Spencer, il pilota che l’ha fatta conoscere al mondo. Anzi, le ultime arrivate, perché in Arai hanno pensato bene di realizzarle due: una più classica – e conosciuta – e una più esoterica, ma con un significato davvero particolare per Fast Freddie sulla base, ovviamente, dell’ RX-7V.
Il tre volte iridato, autore della storica doppietta (250 e 500 nel 1985) che lo ha scolpito nella leggenda, qui a MotoDays ha presentato entrambe di persona, concedendosi ad un’intervista in cui ci ha raccontato dei suoi esordi, delle due livree, e anche della stagione della MotoGP che sta per cominciare.
Iniziando, naturalmente, dalla nascita del suo rapporto con Arai.
«Ho sempre avuto problemi nella mia carriera perché indossavo le lenti a contatto, e le turbolenze all’interno del casco mi hanno sempre dato molto fastidio. Senonché, ad una gara nel New Hampshire, dopo le prove libere mi si avvicinò Robert Weston di Arai USA, marchio che all’epoca in America era completamente sconosciuto. Mi chiese di provare un loro casco e naturalmente accettai volentieri. Me lo misi in testa e di colpo il mondo non fu più lo stesso. Comfort, calzata, e soprattutto isolamento da parte della visiera erano incredibili. Lo indossai anche in gara e vinsi a mani basse».
«Quello che mi stupì ancora di più fu che dopo la gara Robert venne da me e non solo mi offrì i caschi per tutta la stagione, ma mi propose anche un contratto. Avevo 16 anni, non ci potevo credere. 225 dollari al mese, all’epoca abbastanza per comprare la mia prima auto».
Un rapporto che non si è mai più interrotto, per tutti i 29 anni di carriera di Spencer.
«E’ stato un onore collaborare per loro, mi hanno sempre fatto sentire coccolato e al centro di un servizio incredibile. Abbiamo sviluppato insieme tantissimi modelli, da quel primo FT fino agli RX-7 più recenti, e hanno sempre dato un grande peso alle mie sensazioni e alle mie richieste. E so per certo che i caschi Arai mi abbiano salvato la vita più di una volta: una delle cose che mi ha sempre tenuto legato a loro è il loro lavorare in totale concentrazione sulla sicurezza, senza mai cedere alla tentazione di scendere a compromessi per qualsivoglia motivo».
Ma è ora di svelare le due livree, sviluppate con Aldo Drudi. La prima è una rielaborazione della più classica e conosciuta colorazione Spencer, anche se con rosso e blu sostanzialmente invertiti. Vi consigliamo di vederla dal vivo, se potete, perché le foto non rendono affatto la bellezza del rosso. La seconda, grigia e blu, è ripresa pari pari dalla colorazione con cui Freddie si è affacciato alla scena internazionale, con il debutto, nel 1979, nella serie britannica Transatlantic Trophy.
«E’ una livrea che ricordano in pochi, ma a cui sono particolarmente legato. Era la prima volta che venivo in Europa, e ho battuto Kenny [Roberts] e Barry [Sheene], e da lì è nata la mia carriera nel Motomondiale».
Restiamo in tema caschi per un attimo. Visto il contributo di Freddie nello sviluppo della gamma Arai, quali sono le aree in cui il progresso tecnico è stato più evidente?
«Domanda interessante perché forse sono la persona più qualificata a rispondere, visto che ho ancora il mio primo Arai, con la grafica argento e blu, nella mia collezione! [ride] La prima cosa che si nota è il peso: con i materiali che Arai usa oggi, è in grado di assorbire gli urti con ancora maggior efficacia riducendo però il peso – ed è importante, perché tutta la massa che si riesce ad eliminare senza compromettere la sicurezza comporta un miglioramento nell’inerzia degli impatti, quindi per la sicurezza stessa e per il collo».
«Ma anche la calzata è migliorata incredibilmente, nei nuovi modelli il fitting è un altro mondo, sia davanti che sul retro del cranio. E poi, ovviamente, la silenziosità e la stabilità ma anche le turbolenze interne a cui sono molto sensibile per il discorso delle lenti a contatto. Ma quello che ammiro di Arai è quello che non si vede, ovvero la dedizione assoluta alla protezione. E lo ripeto, in 29 anni di gare, per lo più con Arai in testa, ho fatto cadute di tutti i generi ma ne sono sempre uscito illeso. Ovviamente si spera sempre di non cadere, ma quando succede è impensabile non volere la miglior protezione possibile. E lo dico per esperienza».
Ma Freddie è uno delle MotoGP Legends, e vale la pena di chiedere un parere qualificato sulla stagione in arrivo.
«Credo che sarà sicuramente una stagione interessante, ma se dovessi fare un pronostico punterei sicuramente su Marc [Marquez]. Il lavoro che Honda ha svolto sul motore lo scorso anno è stato incredibile, hanno trovato più potenza addolcendo però l’erogazione lavorando sull’elettronica, cosa che credo lo aiuterà moltissimo. Ai miei tempi non avevamo quella possibilità, quindi lavoravamo costantemente sulla guidabilità, perché bisognava gestire tutto con il polso destro Nelle gare la guidabilità è essenziale, perché è quella che permette al pilota di ripetere con costanza un giro veloce, e se guardate i cronologici dei test vedrete che il passo di Marc è impressionante».
«Sarà anche interessante vedere se Dovi si confermerà sui livelli dell’anno scorso – io credo proprio di sì, ripartirà da dove ha lasciato. Ma anche tutti gli altri renderanno la stagione molto interessante, perché credo che riusciranno a giocarsela molto spesso con Marc e Dovi. E magari Jorge, che dopo la Malesia sembrava ritrovato, ma dopo Thailandia e Qatar sembra un po’ in confusione. La confusione è la situazione peggiore in cui può trovarsi un pilota, è quello che è successo a Maverick: lo scorso anno è partito vincendo e poi si è perso. Sono abbastanza preoccupato per lui perché a differenza di Valentino lo vedo spesso incerto rispetto alla moto, è confuso nelle sue preferenze e indicazioni. Marc e Dovi non lo sono mai, sanno sempre di cosa hanno bisogno, e la regolarità delle prestazioni viene fuori di conseguenza».
In effetti la situazione in Yamaha è complicata, piena di alti e bassi. Sembra quasi di vedere la Ducati di qualche stagione fa. E allora, visto che Freddie ha conquistato la sua ultima vittoria della carriera proprio su una Ducati, nel campionato AMA, gli chiediamo di cosa ne pensa della situazione a Borgo Panigale.
«Sicuramente è così, rispetto a qualche anno fa si vede nettamente la differenza di confidenza, soprattutto per quanto riguarda Dovi. La cosa ancora più interessante è che osservando tutte le altre Ducati in griglia si nota una cosa del tutto impensabile qualche stagione fa: la Desmosedici è diventata una moto che si adatta a tanti stili di guida molto diversi – guardate Jack Miller, è un esempio perfetto. Chi l’avrebbe mai detto che oggi la Honda sarebbe stata considerata una moto difficile e la Ducati facile?».
Il perché e il percome abbia poi perso la via è relativo, ha inventato un modo nuovo di guidare. Il suo primo mondiale in sella alla 3 cilindri aveva il sapore di una vittoria impossibile.
I suoi caschi mi sono sempre piaciuti, devo dire che mi piacevano anche le grafiche delle sue tute... I due caschi nuovi forse si discostano un po' dalla grafica tradizionale, ma secondo me sono bella riedizione in chiave moderna.
Un saluto.
Fabio.