Dakar 2016. La Prima assoluta di Meo (KTM) e quella “stagionale” di Sainz (Peugeot)
Salta, 9 gennaio 2016. Diciamo che non tutte le ciambelle riescono col buco, e che non c’è niente di meglio che “pagare” una magnifica occasione con un giorno successivo infernale. A noi è andata così, ma non solo a noi. Quale è il problema? Senza saperlo, lo avevo individuato ieri parlando di Barreda. Uyuni. Se ci son mille ragioni politiche per le quali è conveniente che tutti passino la giornata al Lago Salato, allora si può anche capire. Ma che il prezzo del Salar siano mille chilometri a andare, e mille a tornare, per dare ai Concorrenti il conforto di un’assistenza, e alle assistenze la certezza di un trasferimento da incubo, allora il bilancio è sfavorevole e difficile da giustificare. Noi, per esempio, per quella magnifica gita al Salar di Uyuni di cui si è parlato anche troppo, abbiamo pagato il prezzo di 1.100 chilometri dall’una di notte fino alle 23:08 del giorno successivo. No-stop. E alle assistenze partite all’alba certamente la gita non è andata giù. È bella la Bolivia, bello scendere progressivamente da 4.000 metri sul livello del mare fino al confine con l’Argentina, ma piuttosto indigesto, e quindi da consumare con maggiore equilibrio e moderazione. Passare così tanto tempo al volante, con scarsissime possibilità di trovare un caffè in giro, è piuttosto indigesto.
Tante ore in macchina, praticamente “legati” per tutto il giorno, per tutto un giorno e la notte inclusa, è alienante, difficile, non necessariamente “Xtreme” ma con lo stesso effetto di farti sentire inadatto, o fuori luogo. Non è così, ma quella trovata non ci piace, potevano evitarla. Come? Organizzando la Tappa Marathon come lo scorso anno. Andata a Uyuni, tappa del giorno dopo, con la partenza in linea e l’attraversamento del Salar prima di piegare a Sud e raggiungere di nuovo il confine con l’Argentina, e riposo al termine della due giorni. Vuoi esagerare? Fai riposare le assistenze al bivacco della… giornata di riposo, e ai coincorrenti regala un altro bivacco “light”, questa volta sul Salar di Uyuni.
Passano le ore, che non passano mai, cresce il numero dei chilometri, e con essi la sensazione di qualcosa di sbagliato, quasi spiacevole. E quando poi vieni a sapere che la giornata è iniziata subito male, con un incidente, allora i dubbi diventano certezze. Mathias Walkner esce di scena con un femore fratturato in una caduta, poco dopo il chilometro 10 della speciale appena iniziata. Una buca, la moto cappottata e l’impatto fatale. Quello che è successo a Sam Sunderland al Merzouga. Il primo a fermarsi è Paulo Gonçalves, il bravissimo Pilota Honda con un cuore grande così. Ironia della sorte, Gonçalves è il leader della corsa, e Walkner uno dei favoriti. Ma il portoghese non ha dubbi, si ferma subito e soccorre lo sfortunato collega. Arrivano anche altri Piloti. Tutto si ferma sinché non si è sicuri che il Campione del Mondo Cross-Country Rally 2015 non è in buone mani. Walkner passa sotto i ferri immediatamente. Starà meglio, ma non così in fretta da sognare che si è trattato di un… brutto sogno e che al risveglio la sua KTM sarà lì, pronta a colpire.
Fuori Walkner, la Corsa perde un altro dei suoi protagonisti più interessanti, ma non la sua caratura tecnica e spettacolare. La prima notizia dal Fronte è brutta, ma quella che arriva in conclusione di giornata è molto bella. Parla della vittoria di Antoine Meo. La prima vittoria, quella che non si scorda mai, e che inaugura definitivamente un altro passo della vita. Meo ha battuto tutti, nell’ordine Benavides e Gonçalves, Metge e Price. A Gonçalves vengono restituiti i minuti passati a soccorrere Walkner, e la sua posizione in testa alla generale, davanti a Price e Svitko, si consolida.
La seconda riflessione arriva con la classifica finale delle Auto, rilasciata più tardi nel pomeriggio, quando ci si chiudono gli occhi ogni dieci secondi. Carlos Sainz vince la settima tappa del Rally, battendo Loeb e, sorpresa, Al Attiyah. Oh! Era ora! Sainz vince, allunga la serie delle vittorie del Team Peugeot Total e diventa protagonista assoluto, non solo “musa” ispiratrice. Perso il Prologo per il cofano volato via contro il parabrezza, Sainz sembra non sapersi dare pace e attacca ogni giorno. Ha deciso di riprendersi lo scettro della bravura, e della felicità. Attacca ogni giorno, ogni chilometro, ma due volte vince Peterhansel e tre Loeb. L’ambizione unita alla grande passione sono un detonatore formidabile. Sainz attacca, sfonda la porta del Rally, sfida Loeb sul suo terreno, e lo batte. Pochi secondi che valgono al madrileno anche la leadership. Insomma, Sainz voleva essere il primo a lanciare il messaggio di competitività della 2008 DKR, vincendo la prima tappa, il Prologo, e condividendo, quindi, il debutto vincente della Macchina. Non è non è andata così, e Sainz c’è rimasto male, ma oggi che il Rally va alla sua giornata di riposo, a Salta, Sainz è il vincitore con una Macchina che è diventata la più performante del piccolo lotto e, dopo il Salar, anche affidabile.
Loeb è tornato al comando, Peterhansel scende al secondo posto. Carlos Sainz è terzo, ma l’exploit della settima tappa lo aiuterà senz’altro a rientrare nel ranghi del fuoriclasse e di presentarsi ormai ogni giorno a pretendere la sua parte di bottino.
La brutta storia, infine, era arrivata all’alba con la notizia che Joan Barreda, motore “fuso”, dopo essersi fatto trainare da Ceci fino al traguardo di Uyuni, ha deciso di non partire nella tappa successiva e di ritirarsi. Bella figura, sì. Barreda aveva quasi un dovere morale nei confronti del Compagno di Squadra, Gonçalves, che ora è praticamente solo a difendere una leadership diventata difficilissima. Soprattutto, andarsene non è il modo ideale per ringraziare Paolino Ceci che ti ha trainato per tre quarti di Speciale per darti la possibilità di “accattare” il timbro e rimanere in gara. Barreda, per la verità, è notoriamente una persona abbastanza impulsiva, ma non un maleducato. Il mancato gesto si spiega con la grande delusione del Pilota, quando un motore ti lascia a piedi non puoi mantenere tutta la freddezza necessaria per non metterti a piangere, e il dispiacere di dover abbandonare ogni ambizione ancora una volta sul Salar.
Giornataccia, molto faticosa. Arriviamo al “bivacco” di Salta di notte, e notiamo che tutte le moto sono riunite davanti all’enorme locale del centro di conferenze di Salta, i Piloti in attesa della cena e, soprattutto, delle Assistenze ancora per la strada. Incontriamo Camelia Liparoti, data per persa durante il Gran Premio di Uyuni, che ci spiega che si è trattato di un problema alla pompa che serve per il travaso del carburante dai serbatoi ausiliari a quello centrale, troppo poco per fermarla e per interrompere il record di chilometri di Dakar in Quad che l’Italo-Livornese detiene. Sì, risolto il problema di Camelia, resta quello di una serata un po’ sbandata e illogica, come la decisione di mandare in esplorazione alcuni motociclisti sul tracciato della seconda Speciale di giornata, poi cancellata, e di rischiare di perderli travolti dalle acque del fiume in piena che si pensava potessero attraversare.
Per fortuna, infine, il 10 Gennaio è giornata sacra di riposo. Tanto da fare per rimettere tutto in ordine prima di partire per la seconda parte della Dakar, definita a priori come micidiale.
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Eugenio Boffa, Torino (TO)Goncalves... gesto d'altri tempi, merita la Dakar!