Dakar 2017. Contenti Sul Podio (e chi sono gli scontenti, allora?): La Gara delle Moto
Quando Marc Coma ha annunciato il suo ritiro, il pensiero è volato alle nuove leve che ne stavano minacciando il regno. È vero che l’Avversario storico, Cyril Despres, aveva cambiato mestiere passando alle 4 ruote, ma è vero soprattutto che un gruppetto di giovani (e meno giovani, ma dallo spirito eternamente quasi infantile) si stavano iniziando a proporre, ed era già aria di fronda. Due anni dopo, appena, due vengono da quel vivaio: Toby Price, l’australiano che ha vinto l’anno scorso, e che si è dovuto ritirare quest’anno per una frattura quadrupla del femore, e Sam Sunderland, altro femore spezzato, e con quello i sogni di gloria per la Dakar 2016. Ma nel 2017…
Sunderland, detto anche Sunder Sam, aveva partecipato a due Dakar, nel 2012 e nel 2014, e in entrambi i casi aveva dovuto dare forfait. Lo scorso anno ancora forfait, a due mesi dal via per l’incidente in Marocco. E via libera a Price. I primi giorni di quest’anno Sunderland non era contentissimo, il suo rendimento non faceva gridare alla rivoluzione, e, soprattutto, a turno c’erano Piloti che stavano mettendo la Dakar a ferro e fuoco, per esempio Barreda e Price, entrambi destinati ad un amaro stroncamento di carriera. Con il peggior risultato, un tredicesimo posto viziato da ritardi ed errori di navigazione, Sam reagiva e, il giorno successivo, a Oruro, cambiava la faccia della Gara, vincendo Speciale e Stage e volando al primo posto. La cosa più grande che Sunderland ha saputo fare, da quel momento in poi, è stata quella di navigare a vista, per controllare gli avversari. Un tattica logica, ma non troppo accordata con i ventisette anni dell’inglese. Sunderland non ha più vinto una sola volta, ma per rinforzare il suo vantaggio si sono fatti vivi in molti, ma attardati, ritirati, scoppiati. Sunderland non ci può credere, otto giorni in testa, controllo perfetto della sua gara. Settimo cielo.
Mathias Walkner. Ferito alla Dakar 2016, una lunga stagione di recupero. Da Campione del Mondo MX3, 2012, a Campione del Mondo Cross Country Rally, 2015. Questo qui, viene da dire, è una specie di Re Mida delle due ruote. Ad ogni buon conto, Walkner diventa a tutti gli effetti un convalescente per quasi tutta la stagione. Dura da digerire, se non hai lo spirito giusto. E averlo non è facile, perché mentre tu stai fermo, tuo malgrado, gli altri hanno già messo la freccia. Poi il ritorno, un test per vedere come andiamo. Bene. Si parte. Il quarto giorno arriva la vittoria di Tappa e di Speciale, a Potosì, e nella generale un secondo posto che rimette tutti in pace. È la vigilia della Tappa più brutta, la quinta, da Potosì a Oruro. Tempo brutto, altitudine da capogiro, problemi. Di colpo tutto sembra rovinato, buttato all’aria. È per questo che Walkner dice di aver disputato una buona seconda settimana di Gara. Perché la prima è andata veramente male. E così dice di essere molto contento, perché si è confermato che ha recuperato la velocità, che sta benissimo. Vuol dire che Mathias Walkner ha il diritto di essere contento. Secondo noi non lo è del tutto. Quel Trofeo andato nelle mani di un compagno di squadra poteva essere suo. Di ottimo c’è che Walkner è completamente recuperato dal suo incidente, e un giorno di Gennaio sale sul podio della Dakar. Sesto cielo. Non riusciamo a salire a bordo di quella nuvola?
Gerard Farres. È la sua decima Dakar. Farres ha fatto il portatore d’acqua, Lopez, lo stesso Coma; ha vinto la Baja Aragón, il Merzouga, è entrato a far parte di un team in grande espansione, pronto a fare il grande salto: Himoinsa Team. La prima settimana scorre veloce sulle alture boliviane. Farres non si trova a suo agio, ma resiste senza far notare le sue preoccupazioni. Quando Farres scende a Valle, il suo programma di preparazione era iniziato a settembre, si accorge che il lavoro fatto pima della Gara ha dato i suoi frutti. Sotto. Al lavoro, di nuovo. Appoggiato a un Team di privati, ma molto ben organizzati, Farres scavalca le sfortune di Ivan Cervantes, suo compagno di Squadra, e assume la leadership “emotiva” del Gruppo. Si arriva all’ultima Tappa, l’ultima, cortissima, velocissima Speciale. Farres ha navigato al quarto, quinto e infine terzo posto. Ha un avversario diretto, Van Beveren, che invece, dopo aver vinto il Touquet, può portare un attacco deleterio alle posizioni da lui conquistate. Ma Gerard è quel Farres che alla Baja ha vinto contro i più veloci del Mondo, e può reggere il confronto: quindi piazza due suoi compagni di squadra in due punti della Speciale, solo per dargli conferma del ritmo, e “tiene aperto” fino a qundo non passa il traguardo do Rio Cuarto. Così ha ottenuto lo stesso tempo di Van Beveren, e il terzo posto è suo. I due sfidanti si incontrano all’arrivo, si abbracciano e si dichiarano amicizia eterna. Due ragazzi talmente bravi!...
Farres non ha più parole. È stato accolto da un’ovazione del Team Ufficiale KTM, riunito all’arrivo per festeggiare Sunderland e Walkner. Già, ma Farres è terzo, da solo, da privato. Scatta un clamore indescrivibile. Gerard è al centro del festeggiamento, poi vaga alla ricerca delle parole. Che finalmente arrivano. Ci ha messo dieci anni, dieci anni di appassionato impegno. Perché questa Dakar gli piace. Glì è sempre piaciuta. Finalmente è il podio, ottenuto con la migliore qualità di Farres dopo la sua generosità: il controllo perfetto della prestazione in funzione delle caratteristiche della competizione. Terzo, alla Dakar, è una voce di Palmarès. Quella mattina Gerard Farres è il Pilota più amato del Mondo. A buona ragione. Ottavo cielo!
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stefanix1972Ho sentito alla tv che forse la Honda voleva fare reclamo! Spero non sia vero..