l'approfondimento

Cairoli: che musica!

- A Tonino non è servita la chitarra ricevuta sul gradino più alto del podio, ormai gliele aveva già suonate a tutti, europei e americani indistintamente. La sua 32ª vittoria in carriera è stata qualcosa di straordinario | M. Zanzani
Cairoli: che musica!


Lo volete sapere? Un pò eravamo preoccupati per Tonino. Ricordiamo un articolo che avevamo fatto un paio di anni fa in occasione del GP del Sudafrica nel quale tutta la prima parte l'avevamo spesa per ringraziare il fuoriclasse di Patti in quanto ogni qualvolta che scendeva in pista per noi era una serie sconfinata di occasioni per fargli foto fantastiche grazie allo stile ed esuberanza che esprimeva ad ogni curva e in qualsiasi salto. Merito del divertimento che trovava nel guidare la moto, a detta sua l'arma vincente che lo aveva portato a percorrere la sua così titolata carriera.

Quest'anno però c'era qualcosa che non ci tornava. Sui cinque GP disputati prima della trasferta degli Stati Uniti, le foto spettacolari che eravamo riusciti a realizzare di Antonio si contavano sulle dita di una mano, e ricordiamo come solo sul traguardo di Mantova si è lasciato andare ad un bel numerino. Insomma, non riuscivamo proprio a capire perché fosse così "misurato". Niente a che fare con le sue prestazioni, ovviamente, vista la sua solida posizione di leader, e non volevamo certo credere che ci fossero  problemi con la sua Kappa 350 considerato che i risultati parlavano da soli. La risposta giusta non ce l'abbiamo, anche perché Toni per certe cose non si sbottona facilmente, ma ora non ci interessa più, perché a Glen Helen non solo ha dato un'altra lezione a tutti, ma lo ha fatto nel modo esaltante in cui ci aveva abituati.

Una lezione magistrale, dovuta al suo spiccato orgoglio che quando vuole non è secondo a nessuno e che gli ha permesso di essere il primo italiano ad essersi aggiudicato un GP oltreoceano. Si, proprio negli Stati Uniti, il Paese dove durante la sua crescita di atleta ha sempre pensato di trasferirsi per sfidare il Gotha americano nelle arene del campionato supercross.

E' stata proprio la sua grande determinazione e la smodata voglia di prevalere sui piloti di casa ad avergli fatto compiere quel capolavoro che ha fatto nella prima manche MX1. Provate a pensare di essere incalzati da vicino e sentire il fiato sul collo di Mike Alessi che il giorno prima, nelle qualifiche, aveva fatto il galletto lasciando tutti di stucco, e dovergli stare davanti senza avere più a disposizione la prima (e di questa poteva anche farne a meno), la seconda, la quarta e la quinta marcia: una catastrofe! Ma non così per il pupillo di Claudio De Carli, che aveva perso la leva del cambio rimanendo solo a disposizione il terzo rapporto primario.

Ma si sa, Tonino quando è in palla con la testa non lo ferma nessuno, e così è stato. Se le è dovute inventare tutte pur di non farsi superare dal pilota di casa, del quale Cairoli è proprio stato ospite nei giorni prima della gara, in un pistone dove addirittura col 450 si metteva anche la quinta. Nel discesone più lungo ha dovuto persino tirare la frizione per non imballare troppo il suo gioiellino austriaco, e grazie alla suda generosità e agli stratagemmi inventati è arrivato al traguardo davanti all'attuale numero 2 del National americano. Dopo tale capolavoro nella seconda manche se l'è presa più comoda, questa volta pensando un pò al campionato tanto ormai bella figura l'aveva fatta, e si è accontentato del terzo posto davanti comunque all'amico della SoCal che anche questa volta si è dovuto inchinare di fronte alla grandezza del leader MX1.

Questa e l'ennesima splendida lezione di stile e velocità di Marvin Musquin mattatore assoluto della MX2 sono stati i temi agonistici che hanno galvanizzato la splendida trasferta statunitense. Ci ha fatto piacere vedere di nuovo nelle prime posizioni l'ex iridato neozelandese Ben Townley, brillante protagonista della seconda manche dopo il ritiro in quella precedente per la rottura della marmitta in seguito ad una scivolata, le cui intenzioni a ritornare nel paddock del Mondiale sembrano essere sempre più consistenti vista l'aria che tira negli Stati Uniti. Tra i team che non pagano e quelli che chiudono, l'ultimo è stato quello di Langston giusto pochi giorni prima del GP, ormai l'America sembra ormai che sia più da noi che dagli yankee, dove solo una manciata di piloti continuano a fare dei bei soldi. Anche se anche per loro l'era dei lauti ingaggi sia sul viale del tramonto….

Così come ci ha fatto piacere vedere la costante crescita di Davide Guarneri, esaltato dalle caratteristiche di velocità e scorrevolezza della pista californiana, che si è piazzato ancora nei top ten della classe regina, mentre invece continua a stupirci quella lima sorda di Clement Desalle che messa da parte l'aggressività che aveva fino a poco tempo fa (Cairoli ne sa qualcosa…), col suo passo tranquillo e regolare continua a trovarsi sul podio e così facendo ora è terzo in campionato. Ci ha invece fatto stare male vedere nella batteria di chiusura Max Nagl paralizzato a bordo pista a causa della rete che delimita il percorso incastrata inesorabilmente nella ruota posteriore che gli è costata il podio ed un bel pò di punti, così come ci è dispiaciuto vedere David Philippaerts faticare a trovare la sua dimensione su questo tracciato decisamente poco affine alla sua guida.

Le ultime righe sul GP degli Stati Uniti vanno alle considerazioni sul ritorno in Usa del Mondiale a distanza di 11 anni grazie al lavoro di fino operato in questi ultimo anni da Giuseppe Luongo. Il CEO Youthstream sta cercando di dare un'ulteriore svolta al nostro sport, con profondi cambiamenti che possono o no piacere ma che ritiene debbano esser fatti in un'ottica globale di modernizzazione del motocross.

L'essere andati a correre in casa di coloro che ritengono essere unici ed invincibili è stata una scelta ottima, ma non tanto per dare ai piloti europei l'occasione per dare una batosta agli yankee, bensì per avergli fatto aprire gli occhi.

Aver fatto vedere loro che organizzativamente nei GP siamo un passo avanti, è stato importante in un'ottica costruttiva dove la collaborazione tra due mondi che hanno fatto sempre ognuno per se può e deve risultare positiva ai fine del miglioramento del motocross in generale. Lavorare assieme per uno scopo unico, quello del bene del nostro sport. Con queste parole si sono lasciati organizzatori locali e la Youthstream, che sta valutando di fare il prossimo anno negli Usa addirittura due prove con il fine di consolidare questa collaborazione di nuove vedute. Così come si pensa di far partire la stagione iridata al termine di quella supercross, per dar modo ai piloti di poter correre entrambi i campionati nella stessa stagione.

Per questo poca importa se c'erano meno spettatori di quanto avrebbe meritato l'evento, se c'è stato qualche intoppo, o se c'erano a correre pochi piloti americani. E' stata aperta una nuova era, questa è la cosa più importante.

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