Anno 2024, l’esplosione del Motocross
Occidente del Motocross, 1° Dicembre. Calendari alla mano, giusto come pretesto. Sono usciti quelli dell’Italiano e del Mondiale 2024. In totale, considerando anche i Trofei delle nazioni e delle Regioni, sono una trentina di prime visioni, per una stagione travolgente di film del Motocross che è tornato a riempire le sale. È il successo, senza alcun dubbio da attribuire ai promotori e ai motoclub, ai Marchi coinvolti e agli appassionati operatori di un settore niente affatto facile, che ha voluto e saputo investire in maniera allo stesso tempo coraggiosa e oculata. Potremmo dire visionaria, non fosse che il risultato esplosivo è sotto gli occhi, anche dei più miopi. È anche una ipotesi ormai tremendamente concreta, se si pensa che il Motocross “occidentale” intercontinentale sia riuscito a circondare e mettere sotto pressione persino gli Dei e i templi del bacino Made in USA.
Il fenomeno ha le caratteristiche di un vero e proprio boom. E gli interventi, quasi a gamba tesa, di Triumph e Ducati sono solo la parte pirotecnica dello spettacolo in un’atmosfera che si va facendo incandescente. Quasi più importante sembra essere l’attribuzione di un valore assoluto del Motocross a immagine e somiglianza di una necessità dell’essere. Parliamoci chiaro: il fuoristrada “libero” dei sentieri e dell’Enduro incontra sempre maggiori e immotivate, per questo maggiori, forme di irriducibile ostruzionismo. Il fuoristrada… dentro la pista, al contrario, ha cancellato le poche obiezioni, viaggia a gonfie vele e risponde a gran voce alla richiesta di spettacolo, di agonismo e… di posti a sedere. Si dovrebbe dire, prendendone le parti certamente, che il Motocross fa bene non solo al Motociclismo in generale ma, aspetto più importante e di assoluta attualità, all’immagine delle Moto, del Marchio, di un grande orizzonte commerciale che ruota attorno al fulcro del Motorsport.
Ducati e Triumph ne sono la testimonianza e la “prova provata” (sia pure da provare). Ducati si era avventurata sulla terra a metà degli anni sessanta e aveva sviluppato attorno a un monocilindrico leggendario una “Motocross”. Toccata appena la terra aveva deciso di tornare a più miti consigli, era tornata sull’asfalto della Scrambler originale e aveva perseguito un’evoluzione di incredibile, straordinario successo tra cordoli e traguardi. Oggi che questo successo dilagante la pone ai vertici mondiali di un Mondo il cui centro è tornato in Europa, che la identifica univocamente e che esonda dalle gesta quasi ancora incredibili di Francesco Bagnaia e delle MotoGP, Ducati “osa” tornare sulla terra con la quintessenza di una Moto per il Fuoristrada: una Ducati Motocross da corsa la cui immagine ed evoluzione è affidata all’ambasciata leggendaria di un nome olimpico (nel senso del monte) e strettissimamente elitario come quello di Antonio Cairoli. Era necessario? Forse no, ma di fatto è una strategia ritenuta importante, se non essenziale, dell’Azienda.
Triumph aveva già la sua forma di lettura leggendaria del Marchio, indistruttibile e riciclabile mille volte. Aveva l’immagine assoluta e un’idea di Motocicletta “adattata” all’uso fuoristradistico già consegnata alla leggenda da grandi fughe e, soprattutto, dalla scelta di Steve McQueen di utilizzare una Triumph nella Sei Giorni Internazionale di Enduro della Squadra nazionale americana. Riuscite a immaginare un mezzo di comunicazione di immagine, oggi che non ci si libera dal vizio di partire evocando e richiamando ricordi, più efficace e incondizionabile? No, vero? Eppure Triumph, oggi, non ha paura di scendere direttamente nell’arena del Mondiale con una Moto che, al momento, è solo un prototipo da Corsa con una responsabilità illimitata, e non ha paura a spingere personalità del calibro di Ricky Carmichael e Ivan Cervantes a metterci la faccia nella benedizione del nuovo, rivoluzionario prodotto.
Si dirà che, di tanto in tanto, i grandi possono (e devono) scommettere per modificare (in meglio) il proprio futuro, e che non sempre le ciambelle riescono col buco. Ducati con quella Motocross del ripensamento e, siamo impietosi, Triumph con quell’idea di cambiare il mondo dello scooter (sigh). È vero, ma è anche vero che oggi scommettere è sempre di più un gioco di conti che devono tornare a priori, e per questo limitare il margine di debolezza della scommessa stessa. In quest’ottica c’è solo una risposta attendibile che ribatte al criterio del dubbio, e cioè che il “rumore” di una Moto da Cross non disturba affatto e, anzi, rappresenta, nella sua massima propensione verso il limite di quella libertà di eccesso che solo la pista del Motocross può dare, l’idea di un richiamo irresistibile.
Per questo verrebbe da dire (e lo pensiamo) che metterci molti dollari (in fondo non così tanti come per altri richiami del Motosport), impegno tecnologico e industriale, e soprattutto la faccia, sia non solo del tutto legittimo, ma addirittura opportuno. E per questo, ancor di più, pensiamo che il 2024 sia per il Motocross una stagione memorabile ancora prima di iniziare, a conforto di una grande verità che traspare e traspira: la Moto è una gran cosa!
© Immagini KTM - Archivio S
PS. Rientro dopo aver letto il commento Guggio8, molto interessante, che solleva una questione chiave. Avevo pensato di introdurre l'argomento, ma poi ho ritenuto che il ruolo attuale e di prospettiva dell'elettrico meriti uno spazio a sé di approfondimento. Sono rimasto colpito dalla storia di Stark che ha raggiunto un accordo con Tadeuzs Blazusiak e lo ha iscritto al Mondiale SuperEnduro con la VARG, per poi vedere entrambi "rimbalzati" da Promoter e Federazione. Nell'episodio ci sono dei segnali forti, alcuni dei quali sconcertanti, e tra questi il fatto, e cioè che le elettriche sono vicine, molto vicine, proprio alle piste del fuoristrada.
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rho01, Bergamo (BG)il MX va forte? in che zone di preciso? perchè dalle mie parti, hanno aperto ora un pistino dopo 30anni che si era costretti a girare abusivi nei fiumi. e deve pure far poco rumore, perchè se qualcuno si lamenta, chiude pure quello. che io sappia, da noi è morto, sia il motocross che l'enduro.
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Agnello P, Bressanone/Brixen (BZ)E perché una foto di Steve McQuenn e ISDT 1964?