Free Spirits Bonnie T12 e T12.2: Pop Art
La differenza fra un preparatore di Special e un piccolissimo costruttore è come quella che passa, fra chi ha confidenza con la pop art, fra Roy Lichtenstein e Andy Warhol. Entrambi partono dal lavoro altrui, ma per uno l’obiettivo è realizzare un’opera unica, per l’altro la replicabilità è importantissima. Free Spirits, preparatore vicentino, ha dimostrato come sia possibile lavorare in entrambe le modalità, creando dalla stessa base – una Bonneville – una special in esemplare unico o quasi, la T12, e un vero e proprio modello facilmente replicabile in piccola serie, la T12.2. Entrambe, però, non hanno l’ambizione di essere moto da acquistare “pronte all’uso”, ma banchi di prova e vetrine di gran lusso per quella che è l’attività
principe di Free Spirits, ovvero la realizzazione di parti speciali.
Tutto nasce dalla creazione della T12, moto per cui Marcello, la mente dietro a tutto il progetto, ha lavorato combattuto fra amore e odio. Anzi, iniziando con un forte odio per finire nell’amore di chi intuisce, in corso d’opera, di stare facendo qualcosa di valido. Sensazioni confermate quando la moto è stata vista per la prima volta da Uli Bree, l’organizzatore del Tridays, e provata dal tester della rivista tedesca Mo. Perché la Bonnie T12, amata o non amata, era riuscita comunque in maniera eccellente dal punto di vista di freni, sospensioni e propulsore. E’ stato quasi facile, sulla scia dell’entusiasmo, procurarsi grazie all’appoggio di Berti Moto (il concessionario Triumph per la provincia di Vicenza) un’altra Bonnie e mettersi al lavoro sulla T12.2, partendo però dal presupposto imprescindibile di creare una moto molto più facilmente replicabile semplicemente attingendo al catalogo di parti speciali Free Spirits, e di apportare solamente modifiche reversibili. Due moto che hanno avuto un grande successo nella loro presentazione al Tridays di poche settimane fa - vi proponiamo, qui sotto, il video perché possiate apprezzare l'effetto che hanno avuto sul pubblico.
La T12 brilla per la trasmissione a cinghia, soluzione apportata per eliminare la manutenzione e minimizzare le perdite di potenza , senza però alterare il rapporto finale. Il comparto sospensioni è opera di Bitubo, che ha realizzato ex novo due ammortizzatori decisamente più raffinati degli originali, montati nella parte bassa su supporti che alzano il posteriore, utilizzabili anche da chi volesse rendere la moto più svelta mantenendo gli ammortizzatori standard. All’anteriore, Marcello si è ispirato ad una soluzione prototipale sviluppata sulla Ducati 851 attualmente in mostra al museo Ducati, con schema simile al Telelever BMW: una sola unità ammortizzante (identica a quelle posteriori salvo corsa e carico della molla) svolge il suo lavoro collegata a steli forcella svuotati, ospitati in una piastra di sterzo che mantiene invariate avancorsa ed offset.
I piedi poggiano su pedane ricavate dal pieno con la stessa tecnologia usata sulle unità che l’atelier vicentino portava in gara sulle Buell; la posizione dei piedi che ne deriva (rialzata di 55mm, arretrata di 100) ricorda da vicino quella della Thruxton. I paramotore sono studiati per dissipare l’urto su più parti, invece di scaricare completamente le forze dell’impatto su un punto unico. Le protezioni sui perni ruota sono realizzate in materiale plastico per facilitare lo scivolamento sull’asfalto ed evitare impuntamenti.
Il motore viene rinvigorito da collettori d’aspirazione che riposizionano in maniera ottimale due filtri conici effettuando una curva di 180°. Grazie ad un nuovo processo di costruzione i due collettori sono stati realizzati con pareti dell’acciaio dallo spessore ridottissimo, contenendo moltissimo i pesi. Il flusso d’aria aumenta a tal punto che è necessario adottare la centralina aggiuntiva Free Spirits per ingrassare a sufficienza la carburazione. Lo scarico è un prototipo 2-in-2, con collettori in acciaio inox da 45mm con terminali di nuova concezione, silenziati da un DB killer a spirale che non impone i compromessi in termini di potenza tipici dei sistemi tradizionali.
In zona freni, l’impianto realizzato in collaborazione con New-Fren vanta dischi “monstre” da 340mm con piste completamente temperate (non nella sola superficie come nella maggior parte dei prodotti commerciali), mozzetti e nottolini in Ergal. Diversa, infine, la strumentazione, che accoglie con supporti elegantemente ricavati dal pieno tachimetro e LED del modello originale.
La T12.2 condivide la base della T12, ma con qualche soluzione meno raffinata per facilitare quella produzione in piccola serie di cui stavamo parlando in apertura. In zona sospensioni, al retrotreno questa “variazione sul tema” vanta le stesse unità della T12, mentre all’avantreno si è scelta una soluzione meno raffinata ma decisamente più efficiente in termini di rapporto qualità/prezzo: l’adozione della forcella di una Speed Triple 2007 rivista nelle componenti interne ma ospitata da nuove piastre di maggior offset che replicassero la geometria originale della Bonnie. Il comparto frenante si affida a dischi (sempre New-Fren con pista completamente temperata) da 320mm, pinze radiali monoblocco e pompa ugualmente radiale in misura 19x18 fornite da Brembo. Realizzati ad hoc i mozzi a doppia flangia per ospitare i nuovi dischi mantenendo i cerchi a raggi. Al retrotreno sono stati mantenuti mozzo e raggi originali utilizzando però il cerchio più largo della Legend TT, ottenendo un’accoppiata di cerchi da 17”.
Lo scarico fa affidamento su nuovi terminali conici che montano sui collettori originali, ma che vantano lo stesso tipo di struttura silenziante a spirale come le unità viste sulla T12. Completano il quadro un codone realizzato espressamente per la T12.2 e il nuovo frontale a fanale singolo.