Carburanti alternativi, e-fuel, idrogeno ed energie rinnovabili [DOSSIER]
La FIM ha di recente comunicato che dal 2024 il carburante delle MotoGP, delle Moto2 e delle Moto3 dovrà essere almeno per il 40% di origine “non fossile”; dal 2027 si salirà al 100%.
Questa decisione ha fatto focalizzare l’interesse di molti appassionati su un argomento al quale in campo moto fino ad oggi in genere non si prestava molta attenzione, ovvero quello dei carburanti “alternativi”, diversi dalla benzina tradizionale, che come noto viene ottenuta partendo dal petrolio greggio, ossia da una fonte non rinnovabile.
Come nel caso del carbone, quello che si consuma non è più recuperabile in alcun modo, al contrario di quanto accade per i carburanti che provengono dalla biomassa. In Brasile la grande quantità disponibile di canna da zucchero (principalmente) e di altre sostanze vegetali consente una cospicua produzione di alcol etilico. Ai distributori è disponibile perfino l’etanolo puro (E 100) e hanno largo impiego altri carburanti nei quali esso è mescolato con la benzina in proporzioni variabili ma comunque elevate (E 85, E 25).
In Europa l’etanolo si ottiene principalmente dalle barbabietole e dalle patate (ricche di amido, anche se non di zuccheri) e ci sono benzine additivate con tale alcol in misura del 15 o del 10%. Sono contraddistinte dalle sigle E 15 ed E 10, con quest’ultima (assai più diffusa) che può essere impiegata sui modelli a benzina verde senza alcun adeguamento; dà luogo a un consumo un poco maggiore (più 3-4%) ma ha un potere antidetonante lievemente più alto.
Utilizzando etanolo puro il consumo è notevolmente più elevato ma il numero di ottano Research arriva a 110 (niente male per i motori destinati a impiego agonistico…). Meglio ancora, in quest’ottica, è il metanolo, che però è fortemente tossico. Inoltre dal punto di vista economico non conviene ottenerlo dalla biomassa.
In genere infatti esso si ricava dal gas naturale (metano) che non è una fonte di energia rinnovabile.
P-series fuels e Synfuels
Non sono però solo gli alcol a interessare oggi i tecnici che operano nel settore dei motori a ciclo Otto. Di un certo interesse sono i “P-series fuels”, carburanti ottenuti da rifiuti urbani e materiali di scarto. Sono costituiti da etanolo (45% circa), furano (20% circa) e da idrocarburi liquidi ottenuti da gas naturale. Il loro numero di ottano Research è dell’ordine di 89-93.
Miscibili in qualunque proporzione con alcol e benzina, non possono essere impiegati su veicoli nati per essere alimentati con quest’ultima ma sono OK per gli FFV (Flexible Fuel Vehicles), che sono dotati di un sensore della composizione del carburante.
Col nome di Synfuels viene indicata un grande gruppo di carburanti sintetici, in genere ottenuti per conversione diretta o indiretta (gassificazione seguita da processo Fischer-Tropsch) di sostanze come il carbone e il metano, che sono combustibili non rinnovabili.
Per fortuna i Synfuels possono essere prodotti anche partendo dalla biomassa e dai rifiuti. Si possono così ottenere benzine dalle ottime caratteristiche. Rientrano in questa categoria anche i P-series fuels.
Gli E-Fuels
I carburanti alternativi oggi più interessanti sono quelli che, definiti col termine generico di E-fuels, si ottengono combinando idrogeno ottenuto per elettrolisi dell’acqua con CO2 prelevato dall’aria (o fornito come gas di scarto dalle industrie).
Naturalmente perché essi siano realmente “verdi” è necessario che l’elettricità (ne serve tanta) venga ottenuta da fonti rinnovabili, cioè da centrali idroelettriche o dall’energia eolica o solare.
Per utilizzare quest’ultima a tal fine sono stati varati imponenti programmi che prevedono l’impiego di pannelli fotovoltaici su superfici di straordinaria estensione nelle zone desertiche dell’Australia e dell’Arabia.
Il procedimento produttivo, che dunque rientra nella categoria dei “power-to-liquid”, consente di ottenere per sintesi benzine, gasolio e metanolo.
La loro combustione genera CO2 ma proprio tale gas viene impiegato all’origine sottraendolo all’atmosfera, e qui sta il grande punto di forza di questi carburanti.
Il bilancio complessivo quindi è “climate-neutral”. Gli E-fuels cioè non influiscono negativamente sull’ambiente e sul clima.
È dunque fondamentale tenere presente che per valutare l’impatto ambientale dei diversi carburanti non si devono considerare solo le emissioni di scarico, ma anche quelle che caratterizzano tutte le fasi della filiera produttiva, di distribuzione e di stoccaggio, ovvero l’energia impiegata in ciascuna di esse e la sua origine.
L'idrogeno
Da anni si parla della possibilità di impiegare idrogeno per alimentare i motori. Questo carburante ha caratteristiche eccellenti a cominciare dall’elevato numero di ottano. Inoltre, è straordinariamente pulito; la sua combustione infatti genera solo acqua. Niente carbonio!
Oggi viene quasi sempre ricavato dal metano, ma è possibile ottenerlo dall’acqua, scomponendola nei suoi costituenti (ossigeno e idrogeno) mediante elettrolisi.
Questo procedimento comporta un notevole dispendio di energia elettrica, che però può essere ottenuta da fonti rinnovabili.
L’idrogeno contiene una elevata quantità di energia per unità di massa; per unità di volume però tale quantità è sensibilmente inferiore, rispetto a quella della benzina. Può essere impiegato per alimentare sia le celle a combustibile, che generano energia elettrica direttamente in vettura, che i motori a ciclo Otto.
Per quanto riguarda questi ultimi non ci sono particolari difficoltà da superare in quanto ad adeguamenti motoristici e alla realizzazione di adatti sistemi di alimentazione (iniezione diretta). I problemi ci sono invece per la distribuzione e lo stoccaggio dell’idrogeno.
Come portarlo a bordo? Si è pensato a trasportarlo sul veicolo sotto una pressione molto elevata (350 bar e oltre) in bombole che però sono molto pesanti e hanno grandi dimensioni.
Una alternativa è costituita dai serbatoi criogenici, all’interno dei quali l’idrogeno può essere trasportato in fase liquida a -253 °C. Il costo però è molto considerevole, come pure la complessità realizzativa.
Una terza possibilità è quella di fare assorbire l’idrogeno da idruri metallici, contenuti all’interno di appositi serbatoi, sotto una pressione di una ventina di bar. A complicare le cose ci sono la necessità di un accurato controllo termico e il non trascurabile tempo necessario per il riempimento. Inoltre il peso complessivo è decisamente elevato.
Esiste però anche una quarta possibilità per alimentare un motore o una cella a combustibile con idrogeno senza trasportarlo direttamente. Si può impiegare un liquido le cui molecole lo contengono, e dal quale esso può essere rilasciato in maniera relativamente agevole a bordo del veicolo. L’idrogeno può essere così trasportato in modo pratico e conveniente.
Il liquido in questione è l’ammoniaca, che può anche essere impiegata come carburante per alimentare i motori a ciclo Otto.
Quella per impieghi domestici in effetti è una soluzione acquosa di ammoniaca, sostanza che in condizioni ambiente è gassosa. La sua temperatura di ebollizione è – 33 °C e quindi per trasportarla allo stato liquido basta impiegare un serbatoio nel quale essa è contenuta sotto una modesta pressione o impiegare un serbatoio criogenico di semplice struttura e di peso contenuto.
L'ammoniaca
Il procedimento attualmente impiegato in campo industriale per ottenere ammoniaca non è certo “verde”, ma essa può anche venire ricavata combinando mediante sintesi l’idrogeno ottenuto dall’acqua con l’azoto dell’aria.
Se in questo secondo processo si utilizza elettricità generata da fonti rinnovabili, dal punto di vista della tutela ambientale non si può davvero chiedere di meglio!
Il quadro è completo considerando che la combustione dell’ammoniaca genera soltanto acqua e azoto (più eventuali piccole quantità di ossidi di quest’ultimo elemento, eliminabili con una marmitta catalitica).
È quindi comprensibile che in questa direzione si stiano muovendo importanti aziende con programmi di sviluppo molto ambiziosi.
Come carburante l’ammoniaca è caratterizzata da un elevato numero di ottano (oltre 110 Research). La tonalità termica della miscela a titolo stechiometrico però è del 20% inferiore a quella della benzina. Questo significa che, a parità di tutto, le prestazioni sono peggiori in egual misura.
La velocità di combustione è molto bassa ma con l’impiego di adatti additivi può essere resa adeguata alle esigenze dei motori.
Come sistema per trasportare idrogeno a bordo dei veicoli per fornirlo a un motore termico o a una cella a combustibile (che emette solo acqua), quello che prevede l’impiego di ammoniaca è considerato il più valido da molti tecnici, al punto che alcuni costruttori giapponesi puntano con particolare decisione proprio su questa tecnologia.
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PAOLOPAOLO5861, Brescia (BS)Il problema di idrogeno, e-fuels ecc. Come scrive chiaramente Clarke è che serve un sacco di energia per produrli (l'idrogeno geologico oltre che poco puro è molto limitato),con la stessa energia un mezzo elettrico percorre da tre a quattro volte la strada di un mezzo a idrogeno o e-fuels. È logico che ove possibile si tenda a preferire mezzi con efficienza maggiore. Infatti oggi produrre un litro di e-fuels costa oltre 4€ mentre un kg di idrogeno verde servono circa 50kwh quindi oltre 10€, va un po' meglio con i biocarburanti ma a meno di non rinunciare al cibo e coltivare su tutto il pianeta solo colture apposite può coprire solo una minima parte della richiesta energetica.
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gdn1963, Casale Monferrato (AL)Io ritengo che l'elettrico puro,che trend green spinge come un pazzo, sia in realtà una nicchia. Molti che hanno preso l'auto elettrica cominciano a capirlo; difficoltà a utilizzare colonnine di ricarica, quando si trovano, e varie problematiche. Il parco circolante è endotermico; la sfida è trovare combustibili green utilizzabili con l'endotermico, non buttare via tutto.