Domenicali: “Scooter? Non è nei piani ma Ducati saprebbe interpretarlo”
Cinque anni di crescita consecutivi in uno dei momenti peggiori dell’economia mondiale. Un dato che fotografa abbastanza bene, per usare un eufemismo, la situazione di Ducati; la conferenza stampa annuale di bilancio di Audi AG, presso la sede di Ingolstadt, è stata l’occasione per intervistare l’Amministratore Delegato Claudio Domenicali e parlare a tutto campo sulla situazione dell’azienda bolognese.
Essendo in casa di Audi, iniziamo parlando un po’ dei rapporti fra Ducati e la Casa madre, dopo che con la presentazione dell’ultima Multistrada abbiamo visto finalmente il primo travaso tecnico importante – il comando della distribuzione DVT – fra i due marchi.
«Audi ha acquisito Ducati formalmente nel luglio 2012, effettuando alcune variazioni organizzative e dandoci direttive da seguire con grande chiarezza. Il gruppo non ha voluto snaturarci: è interessato alla crescita del brand nei suoi valori più profondi confermando quanto hanno trovato all'inizio. Ci hanno comprato perché gli è piaciuto quanto hanno visto, e vorrebbero che questa fedeltà ai nostri valori diventasse ancora più evidente nella Ducati che vedremo tra cinque anni. Vogliono che l'azienda si radichi nel territorio, con le università e con progetti che permettano agli studenti di vivere già l'azienda nel percorso scolastico. Si tratta di uno dei capisaldi dell'industria tedesca, ma credo che vada sottolineato perché non è affatto scontato che un’azienda sia interessata ad esportare questi suoi sistemi vincenti in altri paesi. Un approccio non speculativo nell'approccio all'azienda».
Dicevamo di Multistrada con il suo DVT: quali altre collaborazioni sono in atto?
«Ce ne sono una miriade, in svariati ambiti tecnici – pian piano verranno alla luce. Tenete presente che l’orizzonte di un processo di R&D è di tre anni, quindi ci vuole un po’ per vedere tutto quello che abbiamo messo in pista insieme. Lavoriamo comunque molto per sviluppare i concetti di rete vendita ed attuare sinergie nella distribuzione; ad oggi Ducati ha 11 filiali di proprietà e nel mondo dei mercati più piccoli ci stiamo aggregando ad importatori del gruppo. Stiamo lavorando anche a sinergie negli acquisti perché si tratta di un aspetto importante, potendo sfruttare un rapporto tra volumi Ducati ed Audi di circa 1:100. E vi assicuro che pur con vantaggi evidenti non è così scontato riuscire a trovare sinergie in questo ambito».
«Stiamo esplorando tante strade, anche in ambito finanziario perché l'ingresso di Audi in Ducati ha sicuramente portato grande serenità da questo punto di vista. Ripulita dal debito, la cassa che generiamo la reinvestiamo in azienda generando una forte positività nei confronti di fornitori e dealer. Abbiamo anche un rapporto importante sul mondo del retail financing, per offrire finanziamenti ai dealer ed ai clienti».
Sinergie che influenzeranno anche il design delle nuove Ducati?
«Facciamo parte di un design di gruppo, in cui De Silva costituisce l'amalgama di tutto – Walter è stato un consigliere e un aiuto straordinario: con lui teniamo riunioni periodiche durante l'anno in cui effettua un’analisi del nostro design. Fin dall'inizio ha appoggiato l'idea di mantenere il nostro centro design a Borgo Panigale, affiancandoci designer in California ed a Monaco per portare idee nuove e concept futuristici. All'inizio Walter ha voluto capire quale fosse la nostra filosofia – essendo italiano non ha avuto bisogno di molto tempo per entrare in sintonia con noi. In generale non carichiamo il nostro design, abbiamo da sempre superfici ampie, morbide, monocolore. Ci piace che le nostre forme rappresentino un senso di movimento».
Quali sono quindi gli obiettivi immediati?
«Una crescita a doppia cifra, double digit. In Audi si aspettano prestazioni di questo tipo. Siamo cresciuti in questi cinque anni e crediamo che il mercato, verso cui siamo ottimisti, potrebbe farci crescere bene nei prossimi anni con un’accelerazione importante. La nostra presenza sul mercato italiano è scesa sotto il 10%, ma credo che debba risalire – la nostra condizione naturale si attesta sul 15%. Crediamo che la Scrambler ci aiuterà a raggiungere questo obiettivo, aprendo – anche grazie al prezzo – a clienti che con la nostra gamma tradizionale non avremmo mai raggiunto».
«Fuori dall’Italia diciamo che la parità col dollaro ci aiuta molto. Credo che sia l’elemento più importante che ho visto verificarsi negli ultimi 20 anni per quello che riguarda la possibilità di migliorare la situazione Italiana: siamo un paese che vive sull’esportazione e Ducati è a sua volta una grande esportatrice. Questa situazione ci ha tra l’altro spinto ad aprire le nostre filiali in Thailandia e Brasile: sono fondamentali per ottimizzare la nostra penetrazione nei mercati dove vigono forti dazi doganali. La Thailandia, per esempio, è baricentrica fra Cina ed India, che fra loro si guardano in cagnesco ma hanno dazi doganali molto bassi verso il resto dell’Asia. In Thailandia produciamo tutta la gamma – in realtà per la Panigale facciamo solo il modello 899 – ma solo per evitare i dazi: la riduzione del costo del lavoro non ci interessa granché, per noi la voce di costo più elevata è l’acquisto. Paradossalmente per noi sarebbe meglio produrre tutto a Borgo Panigale, ma la cosa ci costringerebbe ad affrontare dazi doganali insostenibili, fino al 100% per esportare in certi paesi».
Un bilancio globale sull’anno appena chiuso?
«Il 2014 è stato un anno straordinario: abbiamo realizzato la milionesima Ducati, un Monster 1200S consegnato a novembre, e abbiamo continuato il nostro percorso di attenzione verso i clienti Ducati. Il nostro è un marchio fa della sportività il primo punto della propria lista di valori, ma si propone anche come un modo di vivere la moto. La miglior dimostrazione sta nel WDW, che anche quest’anno ha fatto numeri incredibili: pensate che abbiamo registrato oltre 65000 moto entrate in circuito per la manifestazione. Abbiamo una profittabilità che oscilla fra l’8 e il 10%, e un livello di sostenibilità eccezionale per un’azienda come la nostra. Insomma, stiamo dimostrando di saper crescere – e soprattutto migliorare – restando adeguatamente profittevoli».
Un anno eccezionale che sembra introdurne un altro ancora migliore.
«Il 2015 si preannuncia interessante: abbiamo una gamma prodotti straordinaria, certamente la migliore da quando esiste l'azienda. La nuova Multistrada è un prodotto completamente nuovo che va a ricoprire un ruolo importante: di fatto è il vero SUV delle due ruote. E’ dotata di una tecnologia avanzatissima: introduce per la prima volta nel mondo delle due ruote il concetto di doppio variatore di fase indipendente. Ma l’aspetto più importante di questa evoluzione è che viene utilizzata per rendere la moto ancora più ricca dal punto di vista specifico di valori propri dello spirito Ducati. Un motore guidabile e consumi ridotti da una parte, ma soprattutto la nostra tradizionale grande sportività dall'altro. E poi la Panigale: la 1299 è stata completamente ridefinita rispetto alla precedente; uno sforzo notevole, che potrebbe sembrare ingiustificato in un momento in cui il settore delle sportive è in forte contrazione, ma per noi di Ducati è importantissimo per il posizionamento del marchio. Per noi il settore delle supersportive è fondamentale, lo dice la nostra storia e si vede dalla nostra clientela».
Il 2015 segna anche la nascita del brand Scrambler, un vero e proprio marchio nel marchio con tutta una gamma di prodotti specifici.
«Scrambler è un tassello fondamentale nel mosaico del nostro futuro: si tratta di un brand nuovo con cui abbiamo voluto dare una risposta ad un’esigenza che sentivamo molto importante. Abbiamo voluto attrarre una vasta area di clienti riluttante ad avvicinarsi al nostro marchio perché intimoriti; Ducati è un brand sportivo, può in effetti spaventare, ma al contempo abbiamo scoperto come ci fossero tanti clienti che cercavamo una Ducati facile, accessibile, con un motore godibile ed un design iconico».
Qualcuno però ha criticato un po’ la scelta di usare un nome amatissimo come quello dello Scrambler per un prodotto che differisce per molti aspetti da quella tradizione…
«Attenzione: non si tratta di un remake, ma di un modello post-heritage. Abbiamo voluto creare un mix ben equilibrato di elementi passati e valori di quel prodotto con componenti moderne come fari a led, cruscotto LCD o la porta USB per la connessione multimediale. Abbiamo ripreso valori di libertà ed anticonformismo dello Scrambler originale, che avremmo faticato un po’ a calare nella nostra gamma tradizionale. Ducati infatti è un marchio dall’identità molto precisa, che trasmette un’immagine di sportività elegante e rigorosa, Scrambler è un marchio più libero, scanzonato e facile declinato in quattro versioni. Si percepisce subito ad esempio dal modo in cui scriviamo Ducati sul serbatoio, in quattro modi diversi, cosa che non sarebbe mai potuta succedere in passato o sulla gamma normale».
Sportività elegante – un valore che si promuove con le corse.
«Naturalmente. Le competizioni sono un elemento caratterizzante ed importante del nostro set di valori. Siamo impegnati su due fronti, MotoGP e Superbike, e forse siamo gli unici con un coinvolgimento così importante e diretto. In MotoGP abbiamo ristrutturato in modo importante la squadra con l’ingegner Dall’Igna e stiamo cominciando a vedere i risultati del lavoro che sta impostando. Abbiamo avuto diverse stagioni difficili, anni bui ma ora stiamo venendo fuori bene; ci aspettiamo forti miglioramenti già il prossimo anno. Puntiamo a vincere una gara in MotoGP: il successo ci sfugge dal 2010».
«La nuova moto è un progetto molto evoluto, che abbiamo messo in cantiere per dare risposta alle richieste dei nostri piloti. Piloti che abbiamo scelto perché sanno unire prestazioni e attaccamento all'azienda: Dovizioso è naturalmente più esperto, mentre Iannone è velocissimo e crediamo abbia un potenziale di crescita notevole. La scelta di due italiani non segue comunque nessun’altra logica se non la scelta della coppia di piloti migliori che potessimo trovare – le logiche commerciali ci avrebbero portato verso scelte differenti. In Superbike siamo stati sfortunati, con l’infortunio di Giugliano che gli ha impedito di correre la prima gara, ma Davies in compenso ci ha regalato due terzi posti – un grande risultato!»
La scelta di far correre Bayliss è stata però un po’ più difficile e controversa. A posteriori – ma anche in prospettiva, visto che Troy correrà anche in Thailandia – siete soddisfatti? Non c’è il rischio di offuscarne l’immagine?
«Troy è Troy. Non si fanno ragionamenti sul bruciarlo o meno, è istinto puro, è passione – ha il nostro stesso modo di interpretare le corse. Bayliss aveva una voglia incredibile di tornare a correre, e anche a noi lo naturalmente poterlo rimettere in pista ha fatto un piacere immenso. Certo, ci sono tante cose che avrebbero potuto e potrebbero andare storte, ma anche tante che potrebbero andare bene. Per me già il sapere che c’è stata tanta gente che si è alzata e che si alzerà per vedere le corse, magari dopo anni che non le guardava più, è già dimostrazione di del fatto che con questa scelta abbiamo fatto centro».
E l’Endurance? E’ un nostro vecchio pallino, Ducati ha una grande tradizione che potrebbe riscoprire…
«L’Endurance ci piacerebbe, ma ci basta il carico di lavoro attuale. Abbiamo un obiettivo di profittabilità, quindi anche nell’attività agonistica dobbiamo mantenere il giusto equilibrio. Lo ripeto: mi piacerebbe ma al momento non ci pensiamo, però non escludo che non possa entrare nei nostri programmi in un futuro più o meno prossimo. Nella nostra situazione siamo costretti a pensare a cosa non fare prima che a quello da fare».
Cosa riserva il futuro?
«Sicuramente stiamo investendo moltissimo – non abbiamo mai lavorato tanto come in questi anni, ma vi assicuro che le cifre sono altissime. Quanto a soluzioni tecniche non posso dirvi niente… il carbonio Lamborghini? Ci stiamo pensando, abbiamo svolto diversi confronti con loro e stiamo cercando di capire in che modo sfruttare la loro tecnologia. Abbiamo comunque diversi progetti congiunti come il concept XL1, con cui i colleghi di Wolfburg hanno avuto modo di verificare il livello tecnologico dei nostri motori. A loro è sembrato quasi incredibile, ma nel segmento dei propulsori ad alte prestazioni noi delle moto siamo ad un livello incredibile, pari e a volte anche superiori a quello delle migliori supercar».
Possiamo aspettarci qualcosa in particolare fra i modelli di serie? La voce dello scooter si fa sempre più ricorrente… ma non sarebbe un po' una specie di bestemmia per Ducati?
«Uno scooter marcato Ducati non è una bestemmia - non l'abbiamo mai detto né lo pensiamo. Il nostro marchio è un brand molto caratterizzato in senso sportivo, con valori che possono trovare riscontro in qualunque tipo di prodotto – anche una tazzina da caffè, per intenderci. Quindi, definendolo nella maniera giusta, anche uno scooter potrebbe essere una strada percorribile – l’importante è che rientri fra i valori Ducati e che possa esprimere numeri di vendita tali da ripagare gli investimenti fatti. Vedrete meglio nei prossimi anni: se riusciremo a mantenere obiettivi in linea con gli investimenti fatti abbiamo in programma tante cose, ma molto dipende dal mercato».
Quindi moto speciali per clienti speciali. Un’altra Desmosedici RR?
«Certo, la nostra forza è nel sapere produrre moto estremamente raffinate per una clientela con grande disponibilità economica. Non è però necessario dover restare in un ambito di massima sportività – guardate la Diavel Titanium che abbiamo prodotto quest’anno: si tratta di un oggetto di livello superiore al Premium destinato a quel tipo di cliente – che, diciamolo, fa parte di un club molto ristretto. Non mi sento di escludere che in un futuro Ducati non riproponga una MotoGP replica, ma allo stesso tempo mi piace sottolineare come tutti i modelli della nostra gamma abbiano le potenzialità per dare vita a proposte di grandissima raffinatezza ed esclusività».
«I nostri progetti futuri però non si esauriscono con il prodotto: riponiamo grande importanza in un esperienza di possesso molto completa, che non si esaurisce presso il concessionario ma prosegue con le community, le gare e quant’altro. Per esempio, restando in tema, con la Superleggera abbiamo provato un nuovo modello di vendita, selezionando diecimila clienti top a cui abbiamo inviato una password per accedere un sito riservato su cui vedere questo modello eccezionale. In due settimane abbiamo raccolto le 500 caparre esaurendo la produzione – anche questo fa parte della nostra esperienza di vendita. Anche l’attività sportiva con questo tipo di clienti potrebbe essere interessante. Pensate a programmi come quello di Ferrari con la FXX, la McLaren GT-r o Aston Martin sono abbastanza vicini a quello che potremmo esprimere verso i nostri clienti grazie alle nostre potenzialità».
Tre punti chiave , moto sempre piu' di nicchia ( da intervista di Domenicali ) , Manutenzione cara ( anche grazie alle cinghie da sostituire spesso ) , 1000 4 cilindri ( 800 fino a poco tempo fa ) che senza la limitazione di giri come da regolamento motogp ( made in jap ) volava , non sfruttato per la produziuone di serie .
Allora siccome sono un po' tirato non amo dare le mie idee a gratis , ma per ducati faccio eccezione perche' mi pare che la storia di chi ha i denti e non ha il pane si ripete .
Primo punto , perche' ducati sempre piu' di nicchia , io mi sono rotto di non poterla possedere e pure sono un operaio che va tutti i giorni a lavorare , cercate di fare qualcosa che porti a cifre accettabili i costi delle moto e della manutenzione , ma intendo di tutte le versioni poi magari fate le famose limited per pochi facoltosi , mi auguro che abbassare i costi non sia decentralizzare la produzione perche' di seguito ecco due esempi di come poter fare .
Secondo punto , usare la cascata di ingranaggi anziche' quelle cinghie cosi' delicate che fanno levitare i costi di una ducati in maniera esagerata , no? ci sono brevetti ? fate qualcosa di simile ma non uguale . Sono tempi magri , spesso i weekend di sole vengono passati al lavoro anziche' in giro con la moto se poi ognu due per tre la devo portare dal meccanico , ecco fatto che se devo comprare una moto , no! ducati no , non posso permettermela , troppa manutenzione , oh!! io l'adoro , la meriterei pure .
Terzo punto , spendete non so quanti milioni di euro in ingaggi , ricerca e sviluppo per un motore che e' una bomba e che se le jap non facevano cambiare il regolamento della moto gp , gli dava 30 km/h sui rettilinei , cosa imbarazzante per loro ovviamente e poi di questo motore nulla? perche' la ducati ha due gambe? perche' abbiamo sposato questa filosofia etc etc , allora in primis dico che se così fosse per punto preso non correreste in motogp , secondo non volete sporcarvi le mani con il 4 cilindri , motorizzate una bimota o meglio sarebbe con un altro marchio ma sempre italiano , a me viene in mente laverda ma e' piaggio pero' in questo caso siete voi gli esperti , con una moto powered ducati gp a un costo ragionevole comunque senza i 60k della desmosedici , io penso ai prezzi delle jap come paragone , da ignorante credo che una moto ducati gp derivata porti , ritorno economico , di immagine e di guadagno in ricambi e rete post vendita e magari copre quella nicchia di gente che ama i 4 cilindri , infine i costi di gestione vengono spalmati portando a un abbassamento dei prezzi delle altre moto che da sole si fanno carico dei costi della motogp , tanto piu' che il prodotto praticamente c'e' gia' .
Spero , ma non credo , che non venga cestinata semplicemnte perche' ho usato il cuore piu' che il cervello nel scrivere queste righe che solo un innamorato potrebbe scrivere con tale enfasi all'amata che non lo ascolta .
ciao e grazie di esserci