Evoluzione delle sospensioni anteriori (Prima parte)
Dopo un lungo percorso evolutivo che ha visto la comparsa e l’impiego di numerose soluzioni differenti, alla fine l’evoluzione della tecnica ha portato in vari casi a degli schemi che sono stati adottati da tutti i costruttori, salvo rarissime eccezioni.
Un eccellente esempio di ciò si è avuto nel campo delle sospensioni anteriori.
Fin dagli albori del motorismo si è sentita la necessità di dotare le moto di un sistema che consentisse di assorbire elasticamente le asperità del fondo stradale. In altre parole, di assicurare un certo molleggio, fondamentale per il comfort e per il comportamento su strada del veicolo.
Se poi, oltre alla azione elastica, si riusciva ad avere anche un certo smorzamento, tanto meglio. E infatti, col crescere delle prestazioni sono aumentate le esigenze in questo senso ed è stato necessario dotare le sospensioni anteriori anche di un sistema ammortizzante.
A partire dai primi anni del Novecento sono state via via realizzate forcelle di vario tipo, senza che una di esse si affermasse sulle altre mostrando una netta superiorità in quanto a efficacia e convenienza dal punto di vista economico e produttivo.
Quelli impiegati erano schemi alternativi. Ognuno di essi aveva i suoi punti di forza e i suoi punti deboli ma più o meno uno valeva l’altro.
Ben presto però la situazione è cambiata e hanno iniziato a diffondersi le forcelle a parallelogramma, che sono state ben presto adottate dalla maggior parte dei costruttori.
Alla metà degli anni Trenta sono poi entrate in scena le forcelle telescopiche per merito della Nimbus e, soprattutto, della BMW (che è stata la prima a realizzarle con un sistema interno di smorzamento idraulico, nel 1935).
L’unica casa che ha seguito sollecitamente questa strada è stata l’inglese AJS-Matchless; per le altre è stato necessario attendere il dopoguerra.
Nella seconda metà degli anni Quaranta sono state adottate sulle nuove bicilindriche Norton, BSA e AJS-Matchless, che sono andate ad aggiungersi alle Triumph nate alcuni anni prima e poi dotate di sospensione anteriore di tipo analogo. Non va qui trascurato il fatto che si trattava di modelli di grossa cilindrata e di elevato livello.
Le case che producevano moto utilitarie o comunque di cilindrata contenuta hanno continuato per qualche tempo ancora ad utilizzare forcelle a parallelogramma, nella maggior parte dei casi in lamiera stampata.
Una interessante eccezione è costituita dalla Moto Guzzi che sulle sue moto di serie a cilindro orizzontale con grosso volano esterno dal 1947 ha utilizzato una forcella telescopica a steli rovesciati di struttura inconsueta.
Disegnata dallo stesso Carlo Guzzi, nella parte inferiore di ciascun fodero era dotata di due rulli di guida al posto di una bussola. Sul suo famoso Cardellino fino al 1955 la casa lombarda ha continuato a impiegare una forcella a parallelogramma (di semplicissima struttura dato il tipo di moto al quale era destinata).
Una scelta analoga è stata fatta dalla Motom che sul suo ultraeconomico e ultraefficiente 48 non è passata alla telescopica che nel 1957.
La Mondial ha iniziato la produzione delle moto di serie con una 125 e una 200 dotate di sospensione posteriore a ruota guidata e di una forcella a parallelogramma, ma nel giro di un paio d’anni è passata a un nuovo telaio abbinato a un forcellone oscillante e a una forcella telescopica. Sulla sua celebre 500 Saturno la Gilera ha abbandonato la soluzione a parallelogramma per passare a una forcella telescopica nel 1952.
Per quanto riguarda i modelli utilitari della casa di Arcore il passaggio è avvenuto nello stesso periodo con la nuova 150, moto che sostituiva la 125 con forcella a parallelogramma, entrata in produzione nel 1949.
Dopo il termine del secondo conflitto mondiale la BMW ha continuato con le sue eccellenti forcelle telescopiche fino al 1954; l’anno successivo è infatti passata alla sospensione anteriore Earles, con lunghi bracci oscillanti fulcrati dietro la ruota. La cosa può apparire sorprendente, ma non si deve trascurare il fatto che molte moto prodotte da questa casa venivano abbinate a un sidecar.
La DKW tra il 1946 e il 1950 ha costruito circa 25.000 esemplari della famosa RT 125 con forcella a parallelogramma in lamiera stampata, prima di passare alla telescopica. In quanto alla NSU, per alcuni anni ha continuato a produrre anche (in versioni lievemente modificate) alcuni modelli nati nell’anteguerra e dotati di forcella a parallelogramma.
La telescopica la ha impiegata solo sulla Konsul 500 costruita dal 1951 al 1954. Per tutte le sue altre moto di progettazione postbellica, costruite in decine di migliaia di esemplari (come la splendida Max 250), ha adottato però una soluzione a ruota spinta, con forcella in lamiera stampata e biscottini oscillanti.
Per quanto riguarda le moto da competizione, le forcelle telescopiche si sono imposte nella classe regina fin dalla istituzione del campionato mondiale nel 1949. L’unica eccezione è stata la Gilera quattro cilindri che nella versione del 1950 (vincitrice del titolo) utilizzava ancora una forcella a parallelogramma.
Per qualche tempo una sospensione anteriore di questo tipo ha continuato ad essere impiegata e a vincere nella 125. La usavano la Mondial, la MV Agusta e la Morini (che ha continuato ad utilizzarla fino al 1954!), prima di passare alla telescopica. Quest’ultima però sembrava non soddisfare appieno, nelle versioni realizzate all’epoca, i tecnici della NSU e della Guzzi.
Le 125 e 250 della casa tedesca, trionfatrici dei mondiali 1953 e 1954, impiegavano forcelle in lamiera stampata con biscottini oscillanti del tutto simili a quelle adottate nella produzione di serie. Per le sue formidabili moto da Gran Premio la casa di Mandello ha scelto una soluzione completamente diversa da quelle utilizzate sui modelli stradali, impiegando essa pure una forcella a leve oscillanti e ruota spinta di grande efficienza, progettata da Giulio Cesare Carcano.
Tenetevelo stretto perché secondo me la sua rubrica è davvero un valore aggiunto