Grandi ricorrenze: BMW, Guzzi, Honda, Laverda ed MV
A mezzo secolo di distanza è giusto parlare di una stagione straordinaria che ha visto l’inizio della grande rinascita del mondo motociclistico, con la comparsa di nuovi modelli che hanno realmente fatto la storia e con un forte ritorno di interesse per le due ruote da parte del grande pubblico.
Nel 1969 è arrivata la straordinaria Honda CB 750 Four, autentica pietra miliare che ha davvero dato inizio all’epoca dei quadricilindrici in linea trasversale per uso stradale. Una moto nella quale funzionava tutto a perfezione: la validità del disegno e l’accuratezza realizzativa si traducevano non solo in prestazioni di prim’ordine, ma anche in affidabilità assoluta e in durata eccezionale.
E poi niente vibrazioni, avviamento elettrico sempre impeccabile e, finalmente, freno a disco a comando idraulico. Il motore era di schema semplice e razionale. Albero a gomiti in un sol pezzo lavorante su bronzine, distribuzione monoalbero, blocco cilindri con canne riportate in ghisa.
Dal punto di vista progettuale appariva meno convincente la trasmissione, con una primaria affidata a due catene a rulli (sulle quali lavorava un solo tenditore!) e un terzo albero alla uscita del cambio per avere il pignone nella corretta posizione; anche lei aveva però un funzionamento perfetto.
Qualcuno parlava di materiali straordinari, ma in effetti erano più o meno come quelli impiegati dai nostri costruttori. Eccellenti erano la bontà del progetto complessivo, della geometria e del dimensionamento dei vari organi meccanici e l’accuratezza delle lavorazioni e dei trattamenti. E poi il controllo di qualità, pressoché sconosciuto da alcune nostre aziende…
Il quadro era completato dalla grande serietà dei produttori dei componenti: la Honda non doveva controllare se ogni singolo lotto corrispondeva alle specifiche di progetto ma era il fornitore a garantirlo, effettuando accuratissimi controlli in uscita dalle sue linee di fabbricazione.
Il 1969 ha anche visto la comparsa delle nuove bicilindriche BMW, con la presentazione della serie /5 all’inizio dell’autunno. Tanto sotto l’aspetto tecnico quanto dal punto di vista estetico si trattava di una autentica rivoluzione per i classici boxer bavaresi.
Cilindri non più in ghisa ma in lega di alluminio con canna riportata, albero a camme nella parte inferiore del basamento, albero a gomiti monolitico lavorante su bronzine (anziché composito e su cuscinetti volventi), pompa dell’olio a lobi e teste più compatte, con l’angolo tra le valvole che passava da 80° a 66°.
E poi, finalmente, l’avviamento elettrico e una parte ciclistica di disegno moderno, completamente diversa da quella dei modelli precedenti. La straordinaria bontà del progetto originale ha fatto sì che questo motore, realizzato in seguito in cilindrate fino a 980 cm3, sia stato impiegato su diversi modelli di grandissimo successo (basta ricordare la R 100 RS e la R 80 GS) e abbia continuato ad essere prodotto fino alla prima metà degli anni Novanta!
Al Salone di Milano del 1969 La Guzzi ha presentato la V7 Special, una poderosa granturismo con cilindrata di 758 cm3, direttamente derivata dalla V7, che era entrata in commercio nel 1967 con una cilindrata di 700 cm3. L’estetica molto piacevole ha senz’altro contribuito in misura fondamentale al successo di questo modello, autentico capostipite della gloriosa stirpe dei grossi bicilindrici di Mandello.
Nella stessa occasione, accanto al prototipo della 1000 tricilindrica, la Laverda ha presentato la 750 SF affiancandola alla S, che avrebbe poi sostituito nel giro di alcuni mesi. Il grosso bicilindrico di Breganze aveva la distribuzione monoalbero con comando a catena (collocata centralmente) e l’albero a gomiti composito che poggiava su quattro supporti di banco e lavorava su cuscinetti a rotolamento. La trasmissione primaria era a catena e il cambio del tipo con presa diretta.
Spiccava l’impiego di calotte in ghisa, incorporate di fusione, nelle quali erano ricavate le pareti delle camere di combustione e le sedi delle valvole. Nella SF I del 1972 la Laverda ha adottato carburatori da 36 mm (i precedenti erano da 30 mm) e ha abbandonato le calotte per passere alle sedi riportate.
Sempre al Salone di Milano del 1969 la MV Agusta ha presentato la 750 Sport (oggi quotatissima e assai ricercata dai collezionisti), una quadricilindrica con distribuzione bialbero che derivava direttamente dalla 600, entrata in commercio un paio di anni prima e costruita solo in 310 esemplari. A quest’ultima va comunque il merito di essere stata la prima moto a quattro cilindri in linea trasversale e venire commercializzata.
Alla 750 Sport è andata un po’ meglio, ma le vendite sono state comunque assai scarse (1.490 esemplari in tre diverse serie). La moto era molto costosa, la tecnica per quanto raffinata risultava complessa e datata (in pratica era quella da corsa di metà anni Cinquanta), il peso era elevato e le prestazioni non proprio esaltanti; inoltre una trasmissione finale ad albero non era certamente ciò che ci si aspettava da una sportiva.
Il 1969 è stato significativo anche per lo sport motociclistico per via di due eventi di grande importanza: il primo titolo iridato della Kawasaki, con una brillante bicilindrica a due tempi a disco rotante di 125 cm3 condotta da Dave Simmonds, e il secondo della Benelli, nella classe 250, per merito di Kel Carruthers.
La moto pesarese era dotata di un motore a quattro cilindri in linea con distribuzione bialbero progettato originariamente dall’ing. Savelli e successivamente oggetto di un lungo e profondo lavoro di sviluppo. Tra le caratteristiche tecniche più significative spiccavano l’adozione di cilindri singoli, la testa in due parti simmetriche (ognuna delle quali “serviva” due cilindri) e l’albero a gomiti composito che poggiava su ben otto cuscinetti di banco.
Lo stesso anno ha visto un importante ritorno sulla scena mondiale, quello del mitico Bol d’Or, dopo una interruzione durata otto anni. Nel 1960 a trionfare era stata una BMW 500 mentre nel 1969 Rougerie e Urlich hanno vinto in sella a una Honda CB 750 Four appositamente preparata.
-
carlo.caroni, Albavilla (CO)la trasmissione della CB750 ha una motivazione:se il successo commerciale fosse stato inferiore alle attese il motore,per non sprecare un grande investimento di denaro e lavoro,sarebbe stato utilizzato sulle auto,dotandolo ovviamente di retromarcia per la quale era stato previsto lo spazio.allora la gamma auto di Honda prevedeva minuscoli modelli come la N360,la N600.dotati di bicili ndrici monoalbero raffreddati ad aria e molto simili a quelli delle moto.
-
Grildrig, Garbagnate Milanese (MI)Se si apre la gallery c'è una foto della maestosa e indimenticabile Guzzi V7 Special.